La visione della recente pellicola ispirata (molto liberamente ispirata) all’eroe howardiano ha lasciato con sé, inevitabilmente, un interrogativo di questo genere.
Interpretato da James Purefoy con Max Von Sydow, Rachel Hurd-Wood e Pete Postlethwaite, il film scritto e diretto da Michael J. Bassett prende ispirazione dal personaggio omonimo creato da Robert Ervin Howard in un ciclo di racconti apparsi su Weird Tales a partire dal 1928.
Per iniziare, eccone la sinossi presentata sul sito ufficiale www.solomonkane.it:
“Il Capitano Solomon Kane è una brutale ed efficiente macchina di morte del Millecinquecento. Armato di pistole, armi da taglio e spada, lui e i suoi uomini sono assassini assetati di sangue mentre combattono per l’Inghilterra, una guerra dopo l’altra, in tutti i continenti. All’inizio della storia, Kane e la sua banda di saccheggiatori si stanno aprendo una sanguinosa strada attraverso le orde di difensori di una esotica città del nord Africa. Ma quando Solomon decide di attaccare un misterioso castello nelle vicinanze e di saccheggiarne le ricchezze di cui aveva tanto sentito parlare, la sua missione prende una piega nefasta. Uno a uno, gli uomini di Kane restano uccisi da creature demoniache fino a che non rimane da solo a confrontarsi con il Mietitore del Diavolo, mandato dagli abissi dell’Inferno per prendere possesso della sua anima corrotta e senza speranza. Pur riuscendo finalmente a sfuggirgli, Kane è costretto a redimersi rinunciando alla violenza e dedicandosi interamente ad una vita di pace e purezza. La sua nuova spiritualità viene però subito messa alla prova quando inizia a viaggiare attraverso l’Inghilterra devastata da diabolici cavalieri, i Raider, capeggiati da un terrificante Feudatario mascherato, Overlord. Dopo che Kane fallisce il tentativo di fermare il brutale massacro dei Crowthorn, una famiglia puritana che lo ha preso a benvolere, giura di ritrovare e liberare la loro figlia, Meredith, rapita e presa come schiava, anche se questo significa mettere a repentaglio la propria anima riabbracciando il suo passato di assassino, se pure per una giusta causa. La sua determinata caccia lo porta a scontrarsi con i segreti mortali della propria famiglia, mentre tenta di salvare Meredith e tutta l’Inghilterra dalle forze del male”.
Ero partito diretto verso il cinema invero con un certo scetticismo, pronto alla visione di un film anche pessimo ma che, quantomeno, riuscisse a suscitare in me almeno qualche emozione forte che mi ricordasse la letteratura. Certo è questo il fascino degli adattamenti e delle trasposizioni: “tradurre” in altri linguaggi opere che fino ad allora si erano immaginate soltanto nella nostra visualizzazione mentale della letteratura. In tal senso speravo che, da fervente seguace di Solomon, almeno qualcosina di potente e coinvolgente sarei riuscito a ritrovare.
La tradizione delle trasposizioni howardiane al cinema confortava e non confortava allo stesso tempo. Tralasciando gli infiniti riferimenti secondari presenti in altre opere, se ci rifacciamo ai fondamentali, il Conan di John Milius risultava solo a metà riuscito, pervaso da eccellenti atmosfere, ma anche viziato da uno Schwarzenegger mai altrettanto “plasticoso” e inadatto al ruolo nel corso della sua carriera; allo stesso modo il Conan il distruttore di Richard Fleischer era godibile e divertente, ma molto spesso trascendeva in certi aspetti ridicoli sui quali è meglio sorvolare; il Kull con Kevin Sorbo-Hercules esisteva nella memoria, ma essenzialmente come termine di paragone negativo. Il mantra di preparazione a Solomon Kane, infatti, per un pessimista esigente come me non ha potuto essere altro che “non potrà mai essere peggio di Kull,” e con questo moto dell’animo mi ero preparato al film di Basset con una certa benevolenza.
Ebbene, non è stato peggio di Kull sicuramente, e tuttavia la sensazione dominante è stata ed è che ben poco di howardiano sia rimasto nell’adattamento di Solomon Kane, anzi, per dirla tutta, quasi nulla. C’è un attore che avrebbe il fisico e lo sguardo perfetto, vestito a regola d’arte con la tenuta d’ordinanza dello spadaccino puritano, ci sono locations e atmosfere visive talora quasi perfette, ma la storia e lo spirito del personaggio howardiano se ne sono andati allegramente a farsi benedire....
Tralasciamo per ora gli aspetti un po’ più balzani della storia (ne parlerò fra breve), ma è nella configurazione del personaggio che il film va a fallire dapprima nella maniera più infima. Se paragoniamo il protagonista di Bassett al Solomon howardiano, il primo appare sostanzialmente come un normale avventuriero: monotematico, monocorde, talvolta quasi un allegrone (sorride persino), dotato di un background drammatico inesistente nell’originale (e francamente un po’ ridicolo e prevedibile), anche talora piuttosto stupido. Senza dimenticare che Solomon è nell’originale un puritano fanatico, che alla fine apre maggiormente il proprio orizzonte mentale a una più ampia concezione di ciò che è bene. Tutto un aspetto che nel film resta totalmente assente, in favore di un banalissimo atteggiamento “Viva Dio, abbasso Satana”. Per carità, nulla di scandaloso...
In tal senso, però, si sarebbe potuta intitolare direttamente l’opera a “un pirla di avventuriero qualsiasi vestito di nero e con le spade” e si sarebbero deluse molte meno aspettative, o quantomeno si sarebbe stati più onesti su ciò che ci si dovesse aspettare.
Quanto alla storia, non starò ora a riassumere puntigliosamente ogni cosa, ma certo è d’obbligo denotarne le scelte principali più discutibili: cogliere sì qualche minuscolo spunto dai vari racconti howardiani come la ricerca della fanciulla in pericolo, il maniero maledetto, il ritorno a casa di Solomon Kane, una personalissima rielaborazione dei neri cavalieri della morte, ma aggiungendovi lo stupidissimo tema della “redenzione dell’anima” sul quale gli autori insistono fino allo sfinimento (ma Kane in Howard non si deve redimere di un accidenti…È – a suo modo – un redentore, considerandosi la mano della giustizia divina); e poi frullare tutto questo con delle origini traumatiche delle quali non si sente alcun bisogno, con uno scontro finale con uno stregone abbastanza improbabile, dimenticarsi del periodo storico che in Howard è sempre realisticamente dominante nonostante il tono weird in favore di un’Inghilterra fantastica inesistente, introdurre – tramite una pseudo-citazione de “Gli specchi di Thuzun Tune” – il fratello povero del Balrog... Mi pare che ce ne sia già d’avanzo.
Insomma, si capirà bene che se vogliamo parlare di una storia ispirata a Solomon qui non ci siamo proprio, e si parla di una trama che non sta né in cielo né in terra, soprattutto se si pensa che esistevano almeno tre o quattro storie lunghe già pronte di Howard che potevano essere trasposte perfettamente al cinema, oppure “fuse” in una vicenda unica con una trama già adeguata a una versione cinematografica (vedi almeno “La luna dei teschi” e “Le spade della fratellanza”). Parlando di Solomon Kane, il film risulta quindi molto triste e si configura come un progetto senza capo né coda, segnato da scelte fallimentari di partenza. Quasi tutte almeno: salviamo gli attori, i quali – Purefoy in primis – sono azzeccati nel complesso.
Tutto questo se pensiamo inoltre che moltissimi fan, sull’onda dell’entusiasmo, saranno andati a vederlo sperando quantomeno in un barlume di luce howardiana: come me suppongo che molti sarebbero stati benissimo disposti e pronti a perdonare anche molti intuibili svarioni.
Detto ciò, e se cancelliamo Solomon dai nostri desideri, il film risulta anche tutto sommato vedibile e piacevole per almeno tre quarti della sua durata. Le avventure del “tizio vestito di nero un po’ bigotto e romantico con la spada e le pistole” scorrono via in modo abbastanza movimentato e scorrevole, con scene d’azione anche discrete. Ci sono alcune (molte) “telefonate” alle quali lo spettatore spera che nessuno risponderà (ma si isponderà... Eccome se si risponderà) e diverse forzature e meccanicità. Ma nel complesso il tutto resta abbastanza divertente.
A partire dalle scene ambientate nel castello, però, quando per la seconda volta appare la “Strega” di Sam Raimi presa di peso da Evil Dead III con sua relativa immediata dipartita, proprio nelle scene che dovrebbero essere cruciali il film si auto-demolisce spietatamente e masochisticamente. Se qualcuno aveva messo in piedi una mezza struttura con zeppe e sostegni di rinforzo, adesso lo stesso genio inizia a togliere i puntelli dal di sotto a uno a uno; qualche stolto inizia a rispondere al telefono di cui sopra, qualcun altro decide di fare un crossover imprevisto con Il Signore degli Anelli e un tocco di suprema depressione raggiunge il lettore/spettatore sano di mente quando nel cupo mondo di Solomon Kane viene fuori un tono da happy end finale – dopo qualche decina di migliaia di morti.
Ah, però, i titoli di coda sono meravigliosi (paradossalmente forse sono la parte più autenticamente emozionante dell’intero film). E anche il font del titolo è molto bello... Sì sì...
Tornando seri, posso recuperare adesso la domanda del titolo: ce n’era davvero bisogno? In termini howardiani, no davvero. Non c’era davvero bisogno di questa trasposizione. Ciò non toglie che da lettori appassionati potremmo sperare, per un giorno lontano, in qualcosa di meglio e di serio... Se individuiamo il film nell’ottica dello pseudo-fantasy di serie B, divertente e adatto per passare una serata spensierata, allora esso ha anche una sua ragion d’essere ed è pure simpatico. Ma non è affatto Solomon Kane.
In termini di trasposizioni riuscite, vorrei ricordare, per concludere, l’eccellente sua prima miniserie a fumetti prodotta dalla Marvel: se trasposizione avrà un giorno da essere, dovrebbe seguire quella filosofia. Il mondo del fumetto generalmente è stato in questo senso infinitamente più incline a rendere giustizia ai personaggi di R.E.H., a partire da Conan per proseguire con tutti gli altri. La ricetta corretta è semplice, quasi banale, e non richiederebbe in realtà null’altro che il buon senso: fedeltà al personaggio, allo spirito e al messaggio che l’autore voleva comunicare, alla filosofia compositiva, alle storie narrate – adattando e al massimo ampliando, quindi, le trame di Howard; e quand’anche si inventassero delle altre storie nuove, così come fecero Roy Thomas e altri con Conan, occorrerebbe la volontà di rispettare la personalità, l’individualità artistica e, in sostanza, l’anima dell’opera modello. Dopodiché si potrebbe anche sbagliare e produrre delle opere (magari delle sterili imitazioni) scadenti, ma lo si farebbe in onestà e non ammantando un poveretto della cappa di un sovrano.
E l’unico manto che Solomon Kane – un puritano rigido e tutto di un pezzo – può accettare, lo si sa, è quello della Fede e della Giustizia, non altri appioppati da altrui.
Interpretato da James Purefoy con Max Von Sydow, Rachel Hurd-Wood e Pete Postlethwaite, il film scritto e diretto da Michael J. Bassett prende ispirazione dal personaggio omonimo creato da Robert Ervin Howard in un ciclo di racconti apparsi su Weird Tales a partire dal 1928.
Per iniziare, eccone la sinossi presentata sul sito ufficiale www.solomonkane.it:
“Il Capitano Solomon Kane è una brutale ed efficiente macchina di morte del Millecinquecento. Armato di pistole, armi da taglio e spada, lui e i suoi uomini sono assassini assetati di sangue mentre combattono per l’Inghilterra, una guerra dopo l’altra, in tutti i continenti. All’inizio della storia, Kane e la sua banda di saccheggiatori si stanno aprendo una sanguinosa strada attraverso le orde di difensori di una esotica città del nord Africa. Ma quando Solomon decide di attaccare un misterioso castello nelle vicinanze e di saccheggiarne le ricchezze di cui aveva tanto sentito parlare, la sua missione prende una piega nefasta. Uno a uno, gli uomini di Kane restano uccisi da creature demoniache fino a che non rimane da solo a confrontarsi con il Mietitore del Diavolo, mandato dagli abissi dell’Inferno per prendere possesso della sua anima corrotta e senza speranza. Pur riuscendo finalmente a sfuggirgli, Kane è costretto a redimersi rinunciando alla violenza e dedicandosi interamente ad una vita di pace e purezza. La sua nuova spiritualità viene però subito messa alla prova quando inizia a viaggiare attraverso l’Inghilterra devastata da diabolici cavalieri, i Raider, capeggiati da un terrificante Feudatario mascherato, Overlord. Dopo che Kane fallisce il tentativo di fermare il brutale massacro dei Crowthorn, una famiglia puritana che lo ha preso a benvolere, giura di ritrovare e liberare la loro figlia, Meredith, rapita e presa come schiava, anche se questo significa mettere a repentaglio la propria anima riabbracciando il suo passato di assassino, se pure per una giusta causa. La sua determinata caccia lo porta a scontrarsi con i segreti mortali della propria famiglia, mentre tenta di salvare Meredith e tutta l’Inghilterra dalle forze del male”.
Ero partito diretto verso il cinema invero con un certo scetticismo, pronto alla visione di un film anche pessimo ma che, quantomeno, riuscisse a suscitare in me almeno qualche emozione forte che mi ricordasse la letteratura. Certo è questo il fascino degli adattamenti e delle trasposizioni: “tradurre” in altri linguaggi opere che fino ad allora si erano immaginate soltanto nella nostra visualizzazione mentale della letteratura. In tal senso speravo che, da fervente seguace di Solomon, almeno qualcosina di potente e coinvolgente sarei riuscito a ritrovare.
La tradizione delle trasposizioni howardiane al cinema confortava e non confortava allo stesso tempo. Tralasciando gli infiniti riferimenti secondari presenti in altre opere, se ci rifacciamo ai fondamentali, il Conan di John Milius risultava solo a metà riuscito, pervaso da eccellenti atmosfere, ma anche viziato da uno Schwarzenegger mai altrettanto “plasticoso” e inadatto al ruolo nel corso della sua carriera; allo stesso modo il Conan il distruttore di Richard Fleischer era godibile e divertente, ma molto spesso trascendeva in certi aspetti ridicoli sui quali è meglio sorvolare; il Kull con Kevin Sorbo-Hercules esisteva nella memoria, ma essenzialmente come termine di paragone negativo. Il mantra di preparazione a Solomon Kane, infatti, per un pessimista esigente come me non ha potuto essere altro che “non potrà mai essere peggio di Kull,” e con questo moto dell’animo mi ero preparato al film di Basset con una certa benevolenza.
Ebbene, non è stato peggio di Kull sicuramente, e tuttavia la sensazione dominante è stata ed è che ben poco di howardiano sia rimasto nell’adattamento di Solomon Kane, anzi, per dirla tutta, quasi nulla. C’è un attore che avrebbe il fisico e lo sguardo perfetto, vestito a regola d’arte con la tenuta d’ordinanza dello spadaccino puritano, ci sono locations e atmosfere visive talora quasi perfette, ma la storia e lo spirito del personaggio howardiano se ne sono andati allegramente a farsi benedire....
Tralasciamo per ora gli aspetti un po’ più balzani della storia (ne parlerò fra breve), ma è nella configurazione del personaggio che il film va a fallire dapprima nella maniera più infima. Se paragoniamo il protagonista di Bassett al Solomon howardiano, il primo appare sostanzialmente come un normale avventuriero: monotematico, monocorde, talvolta quasi un allegrone (sorride persino), dotato di un background drammatico inesistente nell’originale (e francamente un po’ ridicolo e prevedibile), anche talora piuttosto stupido. Senza dimenticare che Solomon è nell’originale un puritano fanatico, che alla fine apre maggiormente il proprio orizzonte mentale a una più ampia concezione di ciò che è bene. Tutto un aspetto che nel film resta totalmente assente, in favore di un banalissimo atteggiamento “Viva Dio, abbasso Satana”. Per carità, nulla di scandaloso...
In tal senso, però, si sarebbe potuta intitolare direttamente l’opera a “un pirla di avventuriero qualsiasi vestito di nero e con le spade” e si sarebbero deluse molte meno aspettative, o quantomeno si sarebbe stati più onesti su ciò che ci si dovesse aspettare.
Quanto alla storia, non starò ora a riassumere puntigliosamente ogni cosa, ma certo è d’obbligo denotarne le scelte principali più discutibili: cogliere sì qualche minuscolo spunto dai vari racconti howardiani come la ricerca della fanciulla in pericolo, il maniero maledetto, il ritorno a casa di Solomon Kane, una personalissima rielaborazione dei neri cavalieri della morte, ma aggiungendovi lo stupidissimo tema della “redenzione dell’anima” sul quale gli autori insistono fino allo sfinimento (ma Kane in Howard non si deve redimere di un accidenti…È – a suo modo – un redentore, considerandosi la mano della giustizia divina); e poi frullare tutto questo con delle origini traumatiche delle quali non si sente alcun bisogno, con uno scontro finale con uno stregone abbastanza improbabile, dimenticarsi del periodo storico che in Howard è sempre realisticamente dominante nonostante il tono weird in favore di un’Inghilterra fantastica inesistente, introdurre – tramite una pseudo-citazione de “Gli specchi di Thuzun Tune” – il fratello povero del Balrog... Mi pare che ce ne sia già d’avanzo.
Insomma, si capirà bene che se vogliamo parlare di una storia ispirata a Solomon qui non ci siamo proprio, e si parla di una trama che non sta né in cielo né in terra, soprattutto se si pensa che esistevano almeno tre o quattro storie lunghe già pronte di Howard che potevano essere trasposte perfettamente al cinema, oppure “fuse” in una vicenda unica con una trama già adeguata a una versione cinematografica (vedi almeno “La luna dei teschi” e “Le spade della fratellanza”). Parlando di Solomon Kane, il film risulta quindi molto triste e si configura come un progetto senza capo né coda, segnato da scelte fallimentari di partenza. Quasi tutte almeno: salviamo gli attori, i quali – Purefoy in primis – sono azzeccati nel complesso.
Tutto questo se pensiamo inoltre che moltissimi fan, sull’onda dell’entusiasmo, saranno andati a vederlo sperando quantomeno in un barlume di luce howardiana: come me suppongo che molti sarebbero stati benissimo disposti e pronti a perdonare anche molti intuibili svarioni.
Detto ciò, e se cancelliamo Solomon dai nostri desideri, il film risulta anche tutto sommato vedibile e piacevole per almeno tre quarti della sua durata. Le avventure del “tizio vestito di nero un po’ bigotto e romantico con la spada e le pistole” scorrono via in modo abbastanza movimentato e scorrevole, con scene d’azione anche discrete. Ci sono alcune (molte) “telefonate” alle quali lo spettatore spera che nessuno risponderà (ma si isponderà... Eccome se si risponderà) e diverse forzature e meccanicità. Ma nel complesso il tutto resta abbastanza divertente.
A partire dalle scene ambientate nel castello, però, quando per la seconda volta appare la “Strega” di Sam Raimi presa di peso da Evil Dead III con sua relativa immediata dipartita, proprio nelle scene che dovrebbero essere cruciali il film si auto-demolisce spietatamente e masochisticamente. Se qualcuno aveva messo in piedi una mezza struttura con zeppe e sostegni di rinforzo, adesso lo stesso genio inizia a togliere i puntelli dal di sotto a uno a uno; qualche stolto inizia a rispondere al telefono di cui sopra, qualcun altro decide di fare un crossover imprevisto con Il Signore degli Anelli e un tocco di suprema depressione raggiunge il lettore/spettatore sano di mente quando nel cupo mondo di Solomon Kane viene fuori un tono da happy end finale – dopo qualche decina di migliaia di morti.
Ah, però, i titoli di coda sono meravigliosi (paradossalmente forse sono la parte più autenticamente emozionante dell’intero film). E anche il font del titolo è molto bello... Sì sì...
Tornando seri, posso recuperare adesso la domanda del titolo: ce n’era davvero bisogno? In termini howardiani, no davvero. Non c’era davvero bisogno di questa trasposizione. Ciò non toglie che da lettori appassionati potremmo sperare, per un giorno lontano, in qualcosa di meglio e di serio... Se individuiamo il film nell’ottica dello pseudo-fantasy di serie B, divertente e adatto per passare una serata spensierata, allora esso ha anche una sua ragion d’essere ed è pure simpatico. Ma non è affatto Solomon Kane.
In termini di trasposizioni riuscite, vorrei ricordare, per concludere, l’eccellente sua prima miniserie a fumetti prodotta dalla Marvel: se trasposizione avrà un giorno da essere, dovrebbe seguire quella filosofia. Il mondo del fumetto generalmente è stato in questo senso infinitamente più incline a rendere giustizia ai personaggi di R.E.H., a partire da Conan per proseguire con tutti gli altri. La ricetta corretta è semplice, quasi banale, e non richiederebbe in realtà null’altro che il buon senso: fedeltà al personaggio, allo spirito e al messaggio che l’autore voleva comunicare, alla filosofia compositiva, alle storie narrate – adattando e al massimo ampliando, quindi, le trame di Howard; e quand’anche si inventassero delle altre storie nuove, così come fecero Roy Thomas e altri con Conan, occorrerebbe la volontà di rispettare la personalità, l’individualità artistica e, in sostanza, l’anima dell’opera modello. Dopodiché si potrebbe anche sbagliare e produrre delle opere (magari delle sterili imitazioni) scadenti, ma lo si farebbe in onestà e non ammantando un poveretto della cappa di un sovrano.
E l’unico manto che Solomon Kane – un puritano rigido e tutto di un pezzo – può accettare, lo si sa, è quello della Fede e della Giustizia, non altri appioppati da altrui.
Umberto Sisia
Secondo me Basset ha sbagliato nel scegliere il modo con cui narrare le origini di Solomon Kane, complicandosi il lavoro per spiegare i motivi che hanno reso il personaggio un guerriero votato alla giustizia divina ed all'esorcismo.
RispondiEliminaL'idea biblica della ribellione al padre e dell'uccisione del fratello per evitare o vendicare lo stupro di un'amica/amata l'ho trovata ottima, ma l'avrei usata in tutt'altro modo. Infatti avrei preferito che si svolgesse quando il persoanggio è da poco entrato nell'età adulta, ma ha ancora il carattere ribelle dell'adolescenza. Dopodiché impaurito per ciò che ha fatto, fugge da casa ed inizia la sua vita da vagabondo oppresso dal rimosso che vuole combattere diventando il tetro giustiziere, che noi tutti conosciamo ed appreziamo. Questa idea sarebbe potuta essere l'unico motivo delle sue scelte estreme, e Basset avrebbe potuto utilizzarla come un amaro ricordo che Solomon Kane non riesce a dimenticare. Così avrebbe potuto fare un film, se non proprio fedele ad Howard almeno ispirato ai suoi lavori, dove il personaggio è bello e fatto.
Penso che il motivo fondamentale per cui noi appassionati di Howard non potremo mai vedere una fedele trasposizione di una sua opera sta nel fatto che il cinema moderno vuole semrpe narrare le origini dei suoi eroi (vedete tutti i ripetitivi film da nerd sui supereroi americani, che sono stati prodotti in questi ultimi dieci anni) perchè gli sceneggiatori non hanno idee nuove ed originali e sono solo una massa di fumettari.
Comunque ci sono delle ottime cose nel film come ad esempio la strega, i gohul dannati nelle cripte della chiesa, in cui vive un prete fanatico ed un pò di cinica violenza (vedete la fine che fa il bambino) e naturalmente le location. Mentre, tutto il resto dalla scadente computer grafica a dei cattivi di tolkieniana-jacksoniana memoria per me sono solo spazzatura.
Insomma... da evitare!
RispondiEliminaNon saprei, a me non è dispiaciuto, nel complesso, ma probabilmente mi aspettavo ancor meno di te, Umberto. A dire la verità credo che questo film abbia un problema di fondo nel NON essere pensato per gli amanti dell'opera di Howard,ma per un pubblico più vasto e generico di "amanti del fantasy". In quest'ottica si rendeva necessario (nella mente degli autori o più probabilmente dei produttori, certo non in quella del pubblico, io credo) un espediente per spiegare le origini del personaggio e insieme rendercelo più "simpatico", laddove il Kane originale howardiano è in fondo anche un po' sgradevole per certi aspetti (ma il fatto è che a noi piace così!). La scelta dell'attore non mi è dispiaciuta, anche se è fin troppo "belloccio" rispetto a come mi sono sempre immaginato Solomon. Qualcosa di Howard rimane, a mio avviso, anche se molto stemperato. Il personaggio del prete con i non-morti in cantina è piuttosto azzeccato e ci sono momenti molto "Kaneiani" nelle scene d'azione in cui il nostro affronta soverchianti quantità di nemici passandoli a fil di spada o piantandogli una buona palla nel cranio. Tutto sommato mi sono divertito e resta la speranza che, risolto l'obbligo contrattuale di SPIEGARE al popolo bue le origini del personaggio mai delineate da Howard, i prossimi eventuali film siano trasposizioni dei racconti più fedeli allo spirito del nostro. In rete circolano voci in tal senso, speriamo siano attendibili.
RispondiEliminaPrevista sin dall'inizio una trilogia, ma tutto dipende dagli incassi del primo film...
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