sabato 31 dicembre 2011

Distinti saluti, Jack lo Squartatore

Distinti saluti, Jack lo Squartatore, 2011, copertinaQuando su una certa copertina uno sguardo distratto intravede associati i nomi di Robert, di Joe e di Jack, esso non può che soffermarsi avidamente. Una volta focalizzata l’attenzione su chi veramente essi siano l’acquisto diventa quasi obbligato.

Robert Bloch, l’indimenticato autore di Psycho e di innumerevoli racconti weird. Joe Lansdale, lo straordinario scrittore della serie di Hap & Leonard, de La notte del drive in e di tanti altri romanzi noir e horror che ormai hanno fatto epoca. E ovviamente il personaggio del caso, Jack... Jack lo Squartatore. Essi nello specifico si vanno ora ad associare in un opera del tutto particolare, una graphic novel preannunciantesi di auspicabile interesse che sarà oggetto della nostra breve recensione.

Ma ricostruiamo il filo della storia e cronistoria del racconto per gli ignari. Risale al 1943, infatti, la pubblicazione sulle pagine della leggendaria rivista Weird Tales del famoso racconto “Yours truly, Jack the Ripper”, nel quale lo scrittore riprende l’altrettanto leggendaria figura del primo serial killer documentato come tale dalla Storia, proseguendone le gesta in America e in un’epoca a lui contemporanea. La novella trasportava di peso il personaggio della cronaca nei territori del Soprannaturale ed ebbe notevolissimo successo, tanto da divenire una di quelle più note dello scrittore e ispiratrice di numerose versioni successive del personaggio.

Facciamo un balzo avanti di alcuni decenni e proprio il suddetto Joe Lansdale in collaborazione con il fratello John Lansdale – scrittore un po’ meno noto, ma comunque versato nel genere e suo compagno di diverse avventure fumettistiche – si dedica nel 2010 all’adattamento del testo per la letteratura disegnata. In esso i due - pur nella fedeltà al racconto di riferimento - introducono alcune variazioni e alcuni ulteriori ammodernamenti fra i quali spicca l’introduzione del personaggio di Jenny Davis, la quale - per citare le parole della postfazione al volume scritta per mano di Davide Morando - è una “reporter d’assalto, emancipata e piuttosto sboccata, decisa a prendere il controllo della situazione. Un character «lansdaleiano» puro, che ruba la scena ai due protagonisti originali dell’opera, Sir Guy Hollis e John Carmody, attualizzando il ritmo del racconto e rendendolo accessibile anche alle nuove generazioni, senza per questo tradire lo spirito dell’opera originale di Bloch”. E non è un caso perciò che - senza anticipare nulla - proprio in Jenny Davis si accentreranno i principali motivi di distinzione rispetto al modello, soprattutto per quello che riguarda la conclusione della vicenda.

Uscito per la IDW e pubblicato in Italia dalla GP Publishing nella collana Just Novels, il fumetto si avvale alla parte grafica dell’interpretazione del disegnatore Kevin Colden. Meno noto in Italia di suoi altri colleghi, Colden vanta comunque una carriera non priva di riconoscimenti, fra i quali spicca soprattutto la nomination agli Eisner Awards, gli Oscar americani del fumetto, e la vittoria dello Xeric Grant nel 2007 per la serie Fishtown. Nel presente adattamento Distinti saluti, Jack lo squartatore, il disegnatore opta per un segno secco, vibrante, caratterizzato dall’uso di un deciso bianco e nero espressionistico nella definizione di linee e volumi o - per essere più precisi - piuttosto da una tricromia di bianco, nero e grigio, nella quale abbondantissimo è l’uso di larghi retini per dare un effetto retrò all’opera e ove soprattutto estese pennellate di rosso incidono frequentemente il loro segno sulle pagine nei momenti essenziali del racconto (o in rapporto a dettagli cruciali dello stesso).

Distinti saluti, Jack lo Squartatore, tavolaNe consegue un disegno estremamente efficace che, seppure non privo di qualche rozzezza e incertezza anatomica - che purtroppo non pare a chi scrive una scelta stilistica del tutto voluta - riesce sostanzialmente a colpire nel centro del bersaglio, emozionando soprattutto grazie al suddetto espediente dei punti di colorazione rosso sangue. Un espediente se vogliamo non del tutto originale e abbastanza scontato in un fumetto horror, ma che complessivamente funziona molto bene.

Spiace dire che in questo caso pare, invece, complessivamente meno funzionante la componente scrittoria, ove gli elementi esoterici, l’aspetto investigativo, le necessarie parti di raccordo degli episodi, il coinvolgimento dei personaggi risultano scarsamente chiari e/o malamente amalgamati, soprattutto aggiungendovi il fatto che l’intento di base doveva essere proprio in larga parte quello di rendere più attuale e coinvolgente la storia. Per usare le parole dello stesso Bloch, infatti, la riflessione e lo spunto originale della narrazione intendeva indagare i motivi costitutivi connessi con l’esistenza del mito di Jack lo Squartatore, facendogli traguardare il “semplice” dato cronachistico dell’assassino storico e individuandone invece un’aura di fondo più maligna e arcana.

“Lo Squartatore rimane come simbolo di tutte le nostre paure: la paura di uno sconosciuto in una strada buia, la paura del prossimo, il cui aspetto esteriore può nascondere la bestia dentro, o anche la paura di un amico che pensiamo di conoscere; un amico che può diventare un demonio, una volta che la sua maschera si stacca e viene fuori il coltello”. (R. Bloch).

Ma, per quanto la scenggiatura della versione fumettistica sia anche brillante e tagliente e cerchi di articolare la trama originaria con lo scopo di soddisfare tale assunto, purtroppo spesso l’eccessiva brevità dello sviluppo della vicenda, le scarse spiegazioni nei momenti di raccordo, il ritmo non sempre straordinario non riescono del tutto a raggiungere il fine che era stato prefissato. La narrazione si mantiene pertanto piuttosto fredda e con esiti ben diversi rispetto a quello che avrebbe potuto essere. Probabilmente - se una spiegazione si deve dare ai difetti di un racconto comunque reso in maniera più che sufficiente e con qualche sprazzo di notevole valore - troppe mani e troppe menti si sono applicate all’oggetto senza che esse siano riuscite a ottenere la giusta quadratura. O, in altre parole, uno scrittore-mito di riferimento, due soggettisti/sceneggiatori, un disegnatore non sempre possono riuscire a trovare la giusta forma di collaborazione nella coesione e sintesi di un esito complessivo e globale delle rispettive intuizioni.

In conclusione, se siete dei fan di Bloch, se siete dei lansdaleiani duri e puri che non si fanno scappare nulla di questo scrittore, dei fanatici della letteratura del Soprannaturale o dei fumettofili sempre alla ricerca di disegni quantomeno interessanti, vale la pena senza dubbio che cerchiate questa graphic novel, poichè essa sarà comunque in grado di fornirvi degli spunti di appagamento. In caso contrario, forse può essere una lettura non indispensabile da procurarsi in prestito, da prendere presso le biblioteche del fumetto, da leggere collettivamente con amici vari, o da acquistare presso le bancarelle dell’usato. Attendete qualche tempo e poi cercatela. È vero che dieci Euro sono pochi e che si tratta di una cifra tutto sommato spendibile, ma per lettori occasionali o non ferratissimi di weird meglio comunque economizzare, investire in qualcos’altro e soprattutto - forse - evitare qualche piccola delusione.

Distinti saluti, Jack lo Squartatore
Dal racconto cult di Robert Bloch
Joe R. Lansdale, John L. Lansdale, Kevin Colden
GP Publishing, 2011
brossurato, 80 pagine, €10.00
ISBN 9788864685403

Umberto Sisia

venerdì 30 dicembre 2011

Alan Moore e H.P. Lovecraft, una strana coppia

Neonomicon, 2011, copertinaIl nome di Alan Moore è talmente noto da non avere nemmeno bisogno di presentazioni. Dalle origini su Captain Britain passando per il suo famosissimo ciclo che rivoluzionò Swamp Thing e attraversando numerosissimi veri e propri capolavori come V for Vendetta, From Hell, Watchmen, The League of Extraordinary Gentlemen, Promethea e tanto altro, lo scrittore inglese si colloca sicuramente fra i cinque più grandi storytellers contemporanei del mondo del fumetto (scegliete voi gli altri a vostro piacimento).

L’uscita in Italia del suo ultimo lavoro, Neonomicon, la serie strettamente interconnessa con l’universo lovecraftiano della quale pretende di essere insieme una derivazione, una continuazione e un restyling (e da qui il prefisso Neo-), dovrebbe allora costituire un evento estremamente significativo ed epocale, e vieppiù – dato l’argomento – dovrebbe esserlo per gli appassionati di weird e letteratura del soprannaturale. Ma, consentitemi di anticiparlo, mai il condizionale risulta più d’obbligo.

In primo luogo, dunque, che cos’è Neonomicon? Specifichiamolo meglio.

Neonomicon, 2011, tavolaSi tratta di una miniserie americana in quattro parti edita dalla Avatar Press che si ricollega a filo doppio e anzi triplo a una storia precedente, The Courtyard (stampata nel medesimo volume nell’edizione italiana della Bao Publishing), tratta appunto da un racconto di Moore e adattata per il fumetto da Anthony Jonhston. In essa si narrava di un agente federale in missione per indagare su una serie di raccapriccianti omicidi seriali identici, dei quali si autoaccusavano stranamente ben più persone del tutto differenti. Alla ricerca della verità, il Nostro si sarebbe imbattuto ben presto in qualcosa di molto più terribile e diabolico visitando il centro di tutto, un tal misterioso Club Zothique, ove suona una band dal nome The Cats of Ulthar la cui leader è una certa Randolph Carter. Qui un misterioso Johnny Carcosa spaccia un’altrettanto misteriosa sostanza, la “Polvere Bianca”, in grado di mettere in contatto con i segreti dell’Aklo...

I nostri lettori avranno colto benissimo tutte le allusioni al mondo del circolo di H.P. Lovecraft: da questo spunto si dipana un racconto autoconclusivo tutto sommato abbastanza contratto, ma non privo di un certo fascino complessivo, e fin qui le cose parrebbero andare tutto sommato abbastanza positivamente dal punto di vista del giudizio sull’opera.

Diversi anni dopo, però (appunto quando inizia la miniserie oggetto della presente discussione), altri due agenti federali riprendono le indagini del loro collega (del quale non si anticipa la sorte), finiscono anch’essi nel Club Zothique e da qui intraprendono la loro pericolosa e anzi mostruosa odissea che li condurrà alla scoperta di ciò che giace oltre la soglia e delle segrete cose dell’universo.

Neonomicon, 2011, copertina alternativaNon è un segreto che Alan Moore abbia accettato di scrivere questa miniserie per motivi schiettamente economici di problemi finanziari, e in sé non ci sarebbe nulla di male in questo. Il problema principale è che, però, alla fine della lettura essa comunica nettamente l’impressione che essa sia stata scritta esclusivamente per motivi alimentari. Intendiamoci, stiamo parlando pur sempre di Alan Moore per cui la professionalità c’è tutta, la capacità di stendere sceneggiature anche estremamente coinvolgenti è evidente così come lo è l’efficacia delle stesse battute (o della maggior parte di esse quantomeno), ed è presente in dosi massicce anche il sottile e fine gioco letterario e meta-letterario che ben conosciamo da altre opere.

Nell’approccio alla narrazione ci imbattiamo, dunque, in tutte queste componenti e anche di più. Alcune cose funzionano abbastanza, tuttavia: per esempio l’ammodernamento cronologico in chiave di storia poliziesca contemporanea del clima lovecraftiano, così come funzionano molto almeno un paio di spunti immaginifici che ben si sposano al tessuto costitutivo della narrativa di Lovecraft.

Che cosa c’è che non va allora? Potremmo dire che manca un pochino il cuore del racconto, vale a dire una motivazione profonda del perché esso esista: il puro divertissement letterario e fumettistico fa poca strada e, inoltre, cosa abbastanza grave, Moore dimostra una scarsissima padronanza del nucleo profondo e filosofico dell’opera dello scrittore di Providence. O almeno, se tale conoscenza ha, la applica in modo estremamente superficiale incagliandosi sulle solite viete e ritrite questioni inerenti razzismo e sessualità repressa allo scopo dichiarato di essere originale (e quindi fallendo in questo) e di dare una propria lettura personale (e anche su questo punto non essendo personale affatto).

Neonomicon, 2011
Intendiamoci, non che tali questioni non esistano o siano prive di importanza nell’esegesi dell’opera lovecraftiana, né intendo proporre questa linea interpretativa spinto da chissà quale pruderie, però incentrare la miniserie solo su questi due aspetti equivale, se mi si consente l’immagine, a volersi fare una nuotata in un lago profondo e ricco d’acqua senza peritarsi però di fare qualche passo che allontani dalla riva. E soprattutto equivale al massimo a fare un racconto fintamente lovecraftiano, sfruttandone nome e notorietà per dare sfogo alle proprie personalissime visioni e ossessioni, che siano esse occultistiche, sessuali o altro. Se è lecito interrogarsi anche su aspetti psicanalitici o sulla presenza/assenza di componenti sessuali nell’opera di HPL, farne oggetto centrale e quasi esclusivo della miniserie da parte di Moore dà decisamente l’impressione che il bersaglio non sia stato centrato.

Neonomicon, 2011, copertina alternativaAggiungiamo un altro importante problema di natura strutturale: la miniserie oltre che sbilanciata risulta peraltro confusa e troppo breve. Se The Courtyard nonostante tutto e pur con tutti i suoi difetti aveva un proprio senso, una propria compattezza, suggeriva un’idea di arcano e mistero oltre che una certa componente di disturbo soffuso della nostra tranquillità concettuale, Neonomicon dà l’idea di essere strutturalmente incompleto, di suggerire appena i concetti portanti del discorso, sospendendo la narrazione proprio quando essi parevano entrare nel vivo. Pare girare attorno alle cose essenziali: oltre a deviare decisamente e banalizzare in un senso tutto terreno le creature lovecraftiane, non è nemmeno in grado di parlarne con effettiva compiutezza, per quanto è ovvio che la reticenza da un racconto del genere non possa mai essere del tutto esclusa.

Neonomicon è così, dunque, una serie che trae spunto da un racconto base troppo sintetico, oscuro ma ancora brillante, per inoltrarsi in territori tutto sommato consueti e desolantemente banali. Qualche flash di genialità, battute sostanzialmente efficaci con un ritmo piuttosto sostenuto e momenti di rara visionarietà. Non mancano ricchissimi e numerosissimi inside jokes, divertenti finché si vuole ma in questo caso asostanziali. Con molta, moltissima “fuffa”. E poco, pochissimo Lovecraft... quasi zero.

C’è qualcosa da salvare in un giudizio che non può sostanzialmente che essere molto negativo? Tutto sommato direi di sì e la cosa che si salva di più sono i disegni di Jacen Burrows. Un ottimo autore ancora non molto conosciuto ma caratterizzato da uno stile pulito, efficace, suggestivo, dalle notevolissime capacità di impianto della tavola e del layout. Fra i tanti stili mai utilizzati per un racconto lovecraftiano, questo pare particolarmente pregnante: ne è prova la particolare potenza delle immagini soprannaturali, ambientate in uno dei tanti Altrove della letteratura dello scrittore di Providence. Uno specifico occhio di attenzione è da destinare alle numerose e meravigliose covers (o per meglio dire doppie copertine e variant covers), senza dimenticarsi di lodare caldamente gli eccellenti colori di Juanmar.

Neonomicon, 2011
Spiace soltanto che il connubio fra testi e disegni si sia realizzato in questo caso in modo tanto parziale e tanto deficitario nei riguardi del primo versante. E spiace soprattutto per l’occasione perduta.

Neonomicon
Alan Moore e Jacen Burrows
Bao Publishing, 2011
cartonato, formato 15,7x 23,6 cm., 160 pagine a colori, €17.00
ISBN 9788865430354

Umberto Sisia

martedì 27 dicembre 2011

Il ritorno di Eerie

Eerie, Volume 1 – L’orrore a casa tua, copertinaChi non conosce la leggendaria serie Creepy? Davvero pochi, immagino, ma se qualcuno fosse “in ascolto” basti dire che si tratta di una delle serie antologiche horror americane più famose e significative di tutti i tempi. Innovativa, divertente, immaginifica, la serie edita dalla Warren Publishing nel 1964 ha funto da apripista per innumerevoli tentativi di imitazione.

Magari, però, se si cita l’anfitrione della rivista, vale a dire il narratore che introduce e chiude tutte le brevi storielline presenti, il nome si farà meno oscuro: vi dice nulla Uncle Creepy? Ancora nulla? Strano…ma ammettiamolo.

Proviamo ancora: Zio Tibia? Forse stavolta intravedo una luce illuminare i vostri volti. Per chi è stato ragazzo negli scorsi decenni non può che essere un nome colmo di affetto e di piacevoli ricordi. Al di là delle serie cartacee e dei libri pubblicati in Italia, il nome di Zio Tibia è indimenticabile non fosse altro che per la strenna di film serali su Italia 1 dal titolo appunto di Mezzanotte con Zio Tibia, ove un pupazzo animato riproduceva le fattezze del malefico vecchietto che, accompagnato dai suoi simpatici amici, si accingeva a presentare i film del caso.

Cousin Eerie, il Cugino Astragalo Uncle Creepy, Zio TibiaMa non divaghiamo troppo: proprio dal fumetto ebbe origine tutto, da quel Creepy di cui si parlava in partenza e proprio dalla serie americana di Zio Tibia nacque un bel giorno nel 1966 uno spin off altrettanto importante e leggendario, una seconda serie nella quale l’introduttore era un altro personaggio, Cousin Eerie, in Italia il mitico Cugino Astragalo. E al di là della diversità del narratore, la serie si distinse sempre per una certa omogeneità di forma e contenuti in relazione all’omologa precedente, sulle quali caratteristiche si ritornerà tra breve.

Ma perché tutto questo? Appunto perché è recentemente uscito in Italia un volume antologico per Comma 22, il primo di una serie dedicata, nel quale è stata inserita una selezione di storie provenienti appunto da Eerie. Un’operazione non nuova nel nostro paese, questa della pubblicazione di estratti della rivista raccolti in volume, ma nel presente caso essa appare particolarmente riuscita e lodevole per vari fattori. Andiamo a esaminarli.

Creepy n. 1, copertinaLa qualità di stampa in primo luogo: si tratta infatti di un sontuoso volume cartonato, di formato analogo all’originale, impreziosito da una favolosa copertina del grande Frank Frazetta, stampato su carta patinata bianca e in modo estremamente professionale dal punto di vista dell’impianto grafico sia esterno che interno. La progettualità: è vero che alcune delle storie proposte sono già note al pubblico degli affezionati, ma un operazione di ampio respiro e su più volumi dedicati alla rivista non può che essere lodevole. Last but not least, la qualità delle storie scelte e degli autori coinvolti. Pur non citandoli tutti troviamo nel volume alcune delle firme storiche della rivista e anche del comicdom americano: Joe Orlando, Gene Colan, Alex Toth, Reed Randall, Al Williamson, lo stesso Frazetta e tanti altri, ma anche veri e propri perni portanti meno noti della serie come Gray Morrow.

Fin qui per quello che riguarda forma e struttura, ma cosa si troverebbe davanti un ignaro lettore all’atto dell’acquisto del volume? Presto detto, la cifra contenutistica tipica di Creepy/Eerie, dei racconti brevissimi e fulminanti molto spesso legati a filo triplo coi classici della letteratura di genere, pieni di mostri di svariatissimo tipo, di senso del weird, di suspence, di colpi di scena e effettacci di bassissima lega, e di un altro ingrediente sparso a tonnellate: le vere e proprie colate di humor nero e di ironia, volti a stemperare e sdrammatizzare l’atmosfera in quello che è diventato il vero e proprio marchio di fabbrica di Zio Tibia e di Astragalo, e che ha conquistato generazioni di appassionati.

Eerie n. 11
Eerie n. 16
Eerie n. 54

Una breve presentazione dell’opera è disponibile sul sito web di Comma 22. E ovviamente, se qualcuno fosse ancora in ritardo per qualche presente natalizio e non sapesse ove orientarsi, questo è sicuramente un eccellente volume da tenere in considerazione.

Eerie, Volume 1 – L’orrore a casa tua
AA.VV.
Comma 22, 2011
cartonato in bianco e nero, 256 pagine formato 21x29 cm., €24.00
ISBN 9788865030141

Umberto Sisia

mercoledì 14 dicembre 2011

Storia dei licantropi

Storia dei licantropi, 2011, copertina“Ho ucciso cani e ho bevuto il loro sangue; ma le ragazzine hanno un sapore migliore, la loro carne è tenera e dolce, e il loro sangue pieno e caldo. Ho mangiato diverse vergini mentre ero a caccia insieme ai miei nove compagni. Io sono un Lupo Mannaro!”

Citato in quarta di copertina del volume, questo brano dagli atti del processo al giovane Jean Grenier – dichiaratosi lupo mannaro nella Bordeaux del 1603 – ricollega idealmente il mito con la cronaca, la superstizione con l’indagine patologica, la tradizione folklorica con la moderna fiction nell’ampio e comprensivo approccio scelto per il saggio di Luca Barbieri Storia dei licantropi, pubblicato per l’editrice Odoya con una prefazione di Valerio Evangelisti.

Dalla storia basilare della mutazione umana in forma di animale, sviluppatasi nelle diverse culture sparse per il globo, alle caratteristiche morfologiche e tradizionali dell’uomo lupo in Occidente, fra le regioni d’Italia e le nazioni del Vecchio Continente, per come considerato a livello popolare, dalla chiesa e dal nascente metodo scientifico, l’opera spazia in cinque vaste sezioni attraverso la finzione narrativa, cinematografica, ludica e mediatica che ha reso così celebre oggigiorno la figura del licantropo, icona horror seconda forse – nell’immaginario collettivo – soltanto alla pervasiva seduzione del vampiro.

E ancora trovano approfondimento temi meno usuali e non altrettanto eplorati nella saggistica del genere finora apparsa in italiano, dalle particolari storie del West americano a quelle altrettanto peculiari dei più lontani continenti – fra donne volpi, uomini giaguaro, genti canine e tigri umane – fino alle conclusioni suggestive e personali dell’autore.

“Dimenticate gli incubi di unghie e zanne immaginati da Hollywood,” esordisce la presentazione editoriale. “I licantropi sono esistiti ed esistono ancora, in altre e più interessanti forme: nelle evocazioni magiche degli sciamani intossicati dagli allucinogeni, nelle ossessioni di criminali che legano i propri istinti ai moti della luna, nelle deformità di sfortunati esseri umani colpiti da malattie devastanti. Quella del lupo mannaro, dunque, non è semplicemente una leggenda intrisa di sangue e paura, né una favola nera raccontata ai bambini per renderli più cauti e saggi. Ecco allora che, se un’eterogenea comunità di uomini-lupo davvero esiste, diventa necessario anche un manuale di istruzioni per coloro che di questa comunità sono appena diventati membri, intenzionalmente o in seguito a una casualità tragica e imprevista. Se invece si preferisce ritenerla una leggenda, questo libro rimane comunque uno strumento utile per scoprire qualcosa in più sui lupi mannari, oltre al fatto che mutano durante i pleniluni, amano la carne umana e temono l’argento”.

Uomo lupo in una incisione dal 'Liber Chronicarum' di Hartmann Schedel, 1493“Il libro affronta dapprima la loro storia nel mito e nel folklore delle principali civiltà umane,” prosegue il risvolto di copertina, “accompagnando il racconto con le narrazioni più moderne di letteratura, cinema e fumetto; si lancia poi in una cavalcata attraverso gli sconfinati territori della Frontiera americana, per finire con un’esplorazione di quelle «riserve animali» nelle quali sono racchiuse tutte le creature che non mutano in lupo ma in predatori altrettanto terribili”.

Esauriente e approfondito nella documentazione storica e nella ricerca, in particolar modo quella letteraria, il saggio trova tuttavia la scorrevolezza di una narrazione con l’ausilio d’una fitta iconografia di foto, locandine, riproduzioni d’epoca, frontespizi e illustrazioni in bianco e nero che si accompagnano per più di 300 pagine al testo.

“Povero lupo, ovvero il mostro plebeo” è il titolo dell’intervento introduttivo affidato a Evangelisti, il quale sottolinea gli aspetti malinconici, istintivamente terreni e quasi “proletari” di questa creatura leggendaria tanto più legata alla natura, sia umana che bestiale, rispetto a un elitario modello soprannaturale vampirico.

In appendice, oltre alle note, la “Bibliografia licantropia ragionata” e una lista degli essenziali film, cartoons, serial TV, giochi e fumetti in tema, per concludere con un indice dei nomi – sempre utilissimo in fase di consultazione.

Laureato in Giurisprudenza, Barbieri si divide tra il lavoro e le proprie attività di vignettista satirico, sceneggiatore di fumetti, saggista, articolista, editor e scrittore, premiato a Lucca Comics and Games 2008 e al Trofeo Rill 2009 in entrambi i casi per il miglior racconto fantastico inedito. Presso la stessa casa editrice è apparso nel 2010 il suo saggio Storia dei pistoleri.

Maggiori informazioni sulla pagina web ufficiale di Odoya.

Storia dei licantropi
Luca Barbieri
brossura, illustrato, 384 pagine €20.00
collana Odoya Library, Odoya, 2011
ISBN 9788862881241

Andrea Bonazzi

lunedì 12 dicembre 2011

Dead Titans, Waken! Due romanzi inediti di Donald Wandrei

Dead Titans, Waken!, 2012, frontespizio
Delizia del bibliofilo e vero supplizio di Tantalo per l’appassionato in bolletta, negli ultimi tempi l’americana Centipede Press sforna a raffica sgargianti edizioni limitate di letteratura weird horror e fantastica, volumi pregiati e di elegante legatura – quindi, ahinoi, costosi – non solo a riproposta o a raccolta di nuovi e vecchi classici nel genere, ma a riscoperta pure di vere rarità se non di inediti.

Come in questo caso con l’annuncio dell’uscita, per la primavera prossima, del volume di Donald Wandrei Dead Titans, Waken! curato, introdotto e annotato dal solito S.T. Joshi, che oltre al romanzo del titolo include anche la sorprendente e a tratti scabrosa novella mainstream dal titolo Invisible Sun scritta da Wandrei fra il 1929 e il ‘32, sempre rimasta inedita salvo circolare fra i colleghi e gli amici di quel tempo, come H.P. Lovecraft che ne discute infatti nel proprio scambio epistolare con l’autore (in Mysteries of Time & Spirit: The Letters of H.P. Lovecraft & Donald Wandrei, Night Shade, 2002). Anch’essa viene pubblicata per la prima volta in questa sede, con una postfazione di Joshi.

“Dead Titans, Waken! è una prima stesura di The Web of Easter Island, ma anche una versione significativamente diversa da quest’ultima,” come riporta la nota editoriale. Scritta nel 1932, tale stesura iniziale venne respinta in manoscritto da più di un editore, per essere infine sottoposta a una revisione drastica prima di arrivare a stampa, solamente nel 1948, presso l’Arkham House con il definitivo romanzo tradotto in Italia come I giganti di Pietra (in Urania, Mondadori 1956, ‘65 e ‘78). Un cosmico disegno a dipanarsi fra i misteri di Stonehenge e dell’Isola di Pasqua, mentre incombe il risveglio di oscure, antichissime entità.

Oltre agli interventi editoriali e critici del curatore, l’edizione comprende una copertina su tela e diverse tavole a colori dello scomparso Zdzislaw Beksinski a integrare le illustrazioni originali interne, realizzate sempre a colori da Jon Armstrom e in bianco e nero da Rodger Gerberding. Solo 300 le copie in tiratura, ciascuna autografata da Joshi, Armstrom e Gerberding, già preordinabili al prezzo iniziale di 75 dollari (alte purtroppo, a $40, le spese postali per l’Europa).

Informazioni dettagliate, con qualche tavola e anteprima dalle 500 e più complessive pagine, sono disponibili sul sito web della Centipede Press.

Dead Titans, Waken! – Invisible Sun
Two Novels by Donad Wandrei
a cura di S.T. Joshi
Centipede Press, 2012
copertina rigida, illustrato, 536 pagine, $75.00 (prezzo in preordine)
ISBN 978613470107

Andrea Bonazzi

venerdì 9 dicembre 2011

Naufragio nell’ignoto per William Hope Hogdson

Naufragio nell’ignoto, 2011, copertinaSuggestivo tour de force di avventura marinaresca e orrore di fronte all’incubo d’una natura oscuramente ostile e inconoscibile, scritto con la diretta esperienza dell’autentico “lupo di mare” e tutta la forza evocativa del navigato sognatore nei mari tenebrosi del fantastico, Naufragio nell’ignoto (The Boats of the “Glen Carrig”, 1907) è – con La casa sull’abisso – uno dei più noti romanzi dell’inglese William Hope Hogdson (1877-1918). Fra i suoi primi a essere proposti in Italia nel 1974 e poi 1989 da Fanucci, e forse tra i più diffusi nel comune immaginario horror attraverso il grottesco eppur affascinante film Matango, che il regista giapponese Ishirô Honda trasse nel 1963 da un episodio del romanzo (benché nei titoli venga citato invece il racconto “Una voce nella notte”).

Oltre vent’anni dopo l’ultima ristampa, Naufragio nell’ignoto torna oggi in libreria pubblicato per la romana Magenes Editoriale in una nuova edizione italiana a cura di Andrea Quadraroli, autore dell’introduzione “L’uomo e l’abisso” in apertura del volume.

“John Winterstraw, anni dopo essere scampato al naufragio della Glen Carrig nel Mar dei Sargassi, decide di narrare le terribili avventure vissute a bordo di due scialuppe alla deriva. Insieme agli altri superstiti, approda in «luoghi sconosciuti della Terra» infestati da demoni e creature mostruose, peggiori di quelli che popolano gli incubi più angosciosi. Affronta apocalittiche tempeste che sembrano non placarsi mai, per poi invece ritrovarsi nella calma piatta di un oceano ricoperto di alghe dalle quali ogni cosa può sorgere. Ed è proprio l’oceano il teatro di questa incredibile avventura in cui i protagonisti affrontano eroicamente pericoli e fatiche in una lotta disperata contro forze oscure e ancestrali che generano visioni spaventose, riflesso degli abissi più tenebrosi della psicologia umana”.

Cosa singolare – ma nient’affatto sorprendente per la nostra editoria – è il fatto che il nome del traduttore venga del tutto omesso anche dai crediti dell’edizione. Per quanto basti confrontare solo un paio di pagine pescate a caso per accorgersi che la versione resta la stessa, identica, uscita a suo tempo per Fanucci, allora per la firma di Alfredo Pollini. Stesso anche il conclusivo e utilissimo “Glossario dei termini nautici usati nel testo”.

Altre informazioni sono disponibili alla pagina della collana Maree. Storie del mare sul sito web di Magenes, mentre una buona notizia per gli appassionati di Hodgson in attesa perenne di ristampe è l’annuncio, fra le pagine finali dedite a catalogo, di una prossima riproposta dell’altro romanzo weird di ambientazione marina, I pirati fantasma (The Ghost Pirates, 1909), nella stessa collana del medesimo editore.

Naufragio nell’ignoto
William Hope Hodgson
collana Maree. Storie del mare, Magenes Editoriale, 2011
brossura, 224 pagine, €15.00
ISBN 9788866490036

Andrea Bonazzi

martedì 6 dicembre 2011

Un bacio oscuro nella rete: intervista a Marco Vallarino, autore di Darkiss

Darkiss! Il bacio del vampiro, logoChi bazzica il fandom da almeno una decina di anni dovrebbe conoscere bene il nome dell’imperiese Marco Vallarino. Quello che oggi è un giornalista de Il Secolo XIX al servizio della cronaca mondana della Riviera e un autore di teen stories dedicate al controverso rapporto dei giovani con la realtà che li circonda, è stato per molto tempo una firma di spicco per diversi siti e riviste di fantascienza e horror come il Corriere della Fantascienza, Delos SF, il Club Ghost, Crislor 999, IT Horror Magazine, Neo Noir, Nuovi Mondi, scrivendo anche racconti inquietanti come “Onde”, che nel 2001 si classificò secondo al Premio Italia.

Già allora, Marco Vallarino era un grande appassionato di videogiochi e in particolare di avventure testuali, autore di programmi molto scaricati dalla rete italiana come Enigma (oltre 8.000 downloads su Volftp e quasi 30.000 su IF Italia, il portale italiano dei giochi testuali) e Il giardino incantato. Oggi, a quasi dieci anni dall’ultima esperienza nel campo, Vallarino è tornato a vestire i panni insoliti (ma per lui comodissimi) dell’autore di videogiochi con l’avventura Darkiss! Il bacio del vampiro, liberamente scaricabile dal sito darkiss.nucleoardente.it.

Una storia dedicata alla sanguinaria epopea di Martin Voigt, mostro succhiasangue che risorge dalla tomba per vendicarsi di chi lo ha ucciso. Il gioco è (quasi) interamente ambientato nel sotterraneo in cui il malefico vampiro si trova suo malgrado imprigionato. Quello che per secoli era stato il suo rifugio è diventato – dopo l’attacco dei cacciatori di vampiri che lo hanno impalato e decapitato – una sorta di gigantesca trappola, in cui ogni stanza può nascondere un trabocchetto mortale, viste anche le precarie condizioni di Martin, che dopo il lungo sonno deve uscire al più presto dal sotterraneo per ritrovare le forze necessarie a dare inizio alla sua tremenda vendetta.

Abbiamo incontrato l’autore per rivolgergli alcune domande in proposito a favore dei lettori di Weirdletter:

Weirdletter: Per cominciare vuoi spiegarci che cosa sono le avventure testuali?

Marco Vallarino: Un’avventura testuale è un tipo di videogioco in un cui grafica e sonoro sono sostituiti da testo scritto. Luoghi, oggetti e personaggi sono descritti da una breve prosa e il giocatore interagisce con l’ambiente che lo circonda digitando comandi di solito caratterizzati dalla sintassi “verbo+oggetto, come: prendi la spada, apri la cassaforte, mangia la mela, indossa la giacca, tira la leva. A volte è possibile ricorrere ad abbreviazioni o istruzioni speciali come: nord (n), sud (s), est (e), ovest (o), alto (a), basso (b), per spostarsi da un luogo all’altro; inventario (i) per visualizzare l’elenco degli oggetti posseduti; guarda (g) per ristampare la descrizione della locazione in cui ci si trova.

Darkiss! Il bacio del vampiro, schermata

Apparentemente rudimentale e antidiluviana, questa particolare interfaccia offre una profondità di gioco estrema, tenendo l’utente appiccicato per ore allo schermo e rendendo le avventure testuali un genere sempre apprezzato e ricercato, a dispetto dell’età. Grandi classici degli anni 80 come Zork (all’estero) e Avventura nel Castello (in Italia) sono ancora oggi tra i programmi più scaricati da Internet, e in tutto il mondo prospera una comunità di autori che si diletta nello scrivere nuovi giochi.

Darkiss! Il bacio del vampiro, schermata

W.: Ti sei sempre definito un grande appassionato di questa cosiddetta interactive fiction. Per molti anni però hai disertato la scena creativa. Enigma, la tua ultima avventura prima di Darkiss, risaliva infatti al 2001. Ora come hai deciso di tornare all’opera con questo nuovo gioco di vampiri?

M.V.: A convincermi è stata proprio la lunga assenza. Nel 2010, quando mi sono reso conto che erano quasi dieci che non scrivevo più nulla, mi sono quasi spaventato. Le avventure testuali erano sempre state tra i miei passatempi preferiti – non solo da bambino – e vedere che per tutto quel tempo me ne ero allontanato mi ha fatto pensare che forse dovevo scrivere un po’ meno per forza (o per lavoro) e trovare il tempo di occuparmi di qualcosa di davvero mio, che nascesse solo dalla mia creatività e dalla voglia di divertirmi scrivendo (e programmando).

W.: Come hai scelto il tema dei vampiri?

M.V.: Da fan dell’horror e dell’insolito (o weird, come dite voi), ho letto parecchi romanzi e racconti e visto film di vampiri, rimanendone spesso piacevolmente terrorizzato. Il primo Dracula della Hammer mi perseguitò per molte lunghe notti, da bambino. Si può dunque immaginare il mio sconcerto quando, qualche anno fa, comparvero questi nuovi vampiri di Twilight, True Blood, The Vampire Diaries. Tutti scintillanti come alberi di Natale, irresistibilmente malinconici e pieni di buone intenzioni verso l’umanità e in particolare le belle ragazze, che invece avrebbero dovuto essere il loro “cibo” preferito. Probabilmente alcuni autori (e autrici) moderni hanno ricamato troppo sull’apparente desiderio dei vampiri di integrarsi in qualche modo nella società moderna, vedi il Dracula di Tod Browning, interpretato da Bela Lugosi, che cerca di farsi una reputazione a teatro per trovare compagnia e sentirsi meno solo, ma sempre tra un morso e l’altro; oppure il vampiro Lestat di Anne Rice che diventa una famosa rock star per sfuggire alla sua condanna di ombra della notte. Questo secondo me ha per certi versi adulterato la figura del vampiro, che dovrebbe soprattutto trasmettere terrore, piuttosto che complicità – o peggio, pietà. Così con la mia nuova avventura ho tentato di far segnare almeno un gol alla squadra dei vampiri cattivi, dando “vita” al perfido Martin Voigt, un personaggio decisamente malefico, che una forza misteriosa riporta in vita – dopo una brutale esecuzione – proprio perché «il mondo non può fare a meno della sua malvagità». E per tutto il gioco i riferimenti alla sua ferocia, con aneddoti sulle uccisioni dei suoi passati rivali, non mancano, creando – spero – una atmosfera di malvagità quasi mistica, in parte stemperata dagli interventi paradossali e umoristici del (potente) demone Praseidimio, che si incontra a un certo punto della storia.

W.: L’ambientazione del gioco appare fin da subito molto curata. Ogni stanza del sotterraneo di Martin Voigt è descritta da dettagliati paragrafi di testo, che non risparmiano particolari inquietanti, se non raccapriccianti, rievocando spesso le terrificanti imprese di cui il vampiro si è reso protagonista. A che cosa ti sei ispirato per allestire una simile, spaventosa ambientazione?

M.V.: In realtà non ho avuto bisogno di leggere libri o fumetti o vedere film particolari per curare l’ambientazione di Darkiss. La passione per i sotterranei, i luoghi bui e impenetrabili, i passaggi segreti, eccetera, è sempre stata molto forte e in qualunque momento mi basta chiudere gli occhi per “vedere” tunnel, cunicoli, catacombe che si allungano senza fine nelle tenebre, tra cumuli di ossa e altre amenità. In questo, l’influenza di H. P. Lovecraft è ancora immensa e spero che lo sarà sempre. Tra l’altro molte delle avventure testuali più famose (e a mio avviso più riuscite) sono ambientate sottoterra o in intricati labirinti di grotte e caverne, basti pensare a Acheton, Zork, Colossal Caves, Dungeon Adventure, Mountains of Ket. In Darkiss c’è comunque un (ovvio) riferimento ai romanzi del ciclo delle Cronache di Vampiri di Anne Rice. Come Marius, Lestat, Armand, anche Martin Voigt è un artista e nel corso dei secoli si è divertito ad “abbellire” (se così si può dire) il suo nascondiglio sotterraneo con affreschi e altre opere che senza dubbio evidenziano il suo gusto dell’orrido (oltre a offrire preziosi indizi su come andare avanti nel gioco). Sul fronte della scrittura, ho deciso di adottare uno stile enfatico – a dispetto della mia consueta sobrietà – proprio per permettere al giocatore di immedesimarsi ancora di più nel vampiro e nel lugubre scenario che lo circonda.

W.: Come è stato accolto il gioco da critica e pubblico?

vampiroM.V.: Direi molto bene. Innanzi tutto perché in Italia questo tipo di giochi scarseggia. Anche se ormai c’è un pubblico abbastanza numeroso e affezionato che segue le avventure testuali, non è semplice scrivere un programma del genere, se non si hanno una qualche conoscenza di programmazione e molto tempo da dedicare a quello che comunque è un progetto più complesso di un semplice racconto o romanzo. Poi perché, come avevo già fatto con la mia precedente avventura Enigma, ho lavorato parecchio alla promozione del gioco, segnalandone l’uscita a tutti i siti che potevano essere contigui a quello di Darkiss, sia sul fronte dell’horror e dei vampiri che su quello dei giochi. Infine, oltre all’auspicabile passaparola, non va dimenticato che le avventure testuali sono molto ricercate dagli utenti non vedenti e ipovedenti, trattandosi di uno dei pochi tipi di videogiochi che possono usare senza problemi. Dunque un bell’aiuto al successo di Darkiss è giunto anche dalle liste e dai siti affiliati alla Unione Italiana Ciechi, che hanno segnalato l’esistenza del gioco a tutti i loro contatti. Al di là della sua diffusione, credo che il gioco sia piaciuto perché risponde a una esigenza tipica degli appassionati di giochi horror, cioè avere a che fare con un vampiro malvagio in uno scenario lugubre e claustrofobico. Tra l’altro, il fatto di impersonare proprio il mostro, anziché un sedicente cacciatore di vampiri o un luminare dell’occulto come il professor Van Helsing o il barone Vonderbug, dà secondo me un valore aggiunto notevole all’esperienza di gioco. Chi di noi non ha mai sognato di vestire, almeno per una notte (e magari non solo ad Halloween), i tenebrosi panni di un vampiro assetato di sangue?

W.: Darkiss – e chi lo ha giocato se ne rende conto – è solo il primo capitolo di una storia molto più ampia. Quanto e soprattutto quando si svilupperà il seguito? Puoi darci anticipazioni in proposito?

M.V.: Di Darkiss vorrei fare almeno una trilogia. Non perché vada di moda, ma per la possibilità di proporre tre diversi ambienti di gioco, che per me in un gioco di avventura sono l’elemento più importante (anche più della trama, che ritengo meno fruibile in certi contesti immersivi). Dunque dopo il lugubre e angusto sotterraneo di questo primo capitolo dovrebbe esserci una avventura ambientata all’aperto (almeno in buona parte) in quello che dovrebbe un vero e proprio inferno, cioè una dimensione dell’oltre tomba in cui Martin Voigt viene spedito da Lilith per compiere una missione di importanza vitale (si fa per dire) per l’apocalisse che i vampiri si accingono a scatenare. La terza storia dovrebbe invece presentare l’atteso regolamento di conti tra Martin Voigt e il suo carnefice, il professor Anderson, in uno scenario per così dire misto, di cui però preferisco non anticipare ancora nulla, se non altro per scaramanzia.

W.: Hai mai pensato di “tradire” anche solo momentaneamente il genere e insieme a qualche altro programmatore professionista provare invece a realizzare una qualche avventura grafica, piuttosto che testuale?

M.V.: Personalmente non ci ho mai pensato, ma negli anni (già ai tempi del Giardino incantato e poi di Enigma) mi sono state proposte varie collaborazioni da parte di illustratori e musicisti per aggiungere contenuti audiovisivi ai miei giochi. Generalmente ho sempre dato la mia piena disponibilità, ma nessuna delle proposte si è mai concretizzata, penso probabilmente per la mancanza di una effettiva volontà di portare a termine un progetto nato nel tempo libero come sfizio o poco più. Invece mi ha fatto molto piacere l’organizzazione la scorsa primavera di un murder party dedicato ai personaggi Darkiss, una terrificante “cena col vampiro” ambientata nello Yoshiwara Club di Lilith, in cui Martin – di ritorno dal sotterraneo alla fine di Darkiss 1 – deve scoprire chi lo ha tradito, rivelando l’ubicazione del suo covo segreto al professor Anderson. Allestito dallo staff dello Stregatto di Imperia con la direzione artistica di Giorgia Brusco e Eugenio Ripepi, lo spettacolo ha debuttato il 14 aprile al caffè letterario Mente Locale con un bel successo di pubblico.

W.: Ti ringraziamo molto per la cortesia e disponibilità nelle risposte e ti auguriamo un caloroso in bocca al lupo (o meglio, al pipistrello) per la prosecuzione del gioco, che seguiremo senza dubbio con interesse.

M.V.: Grazie a voi e per chiunque fosse interessato a qualunque anticipazione futura non solo sull’avventura ma complessivamente su tutto il mio lavoro invito a seguire i miei siti personali:
marcovallarino.it
ilmurodimarcovallarino.wordpress.com
fantascienza.net/vallarino/altrove.
A presto!

W.: Un saluto a te, e a risentirci alla prossima Avventura.

Umberto Sisia

sabato 3 dicembre 2011

New Cthulhu, il nuovo orrore lovecraftiano scelto da Paula Guran

New Cthulhu: The Recent Weird, 2011, copertinaAncora un’antologia lovecraftiana – anzi, “cthulhiana” – arriva dagli Stati Uniti per la Prime Books con questo ultimo New Cthulhu: The Recent Weird, corposo omnibus tematico di oltre 500 pagine, curato da Paula Guran a selezionare diverse delle migliori nuove storie nel solco dell’orrore cosmico e weird di Howard Phillips Lovecraft, fra quelle apparse in questo primo squarcio di secolo.

“Per più di ottant’anni H.P. Lovecraft ha ispirato scrittori del soprannaturale, artisti, musicisti, cineaste e autori di giochi,” come riporta la nota editoriale del volume.

“I suoi temi basati sull’indifferentismo cosmico, l’insignificanza dell’umanità, le invasioni aliene della mente e l’orrore della storia – scritti in un’atmosfera di pervasivo e inesplicabile terrore – restano oggi dei motivi non soltanto vitali, ma più che mai rilevanti man mano che si esplora un universo in cui il nostro pianeta si fa infinitamente più piccolo e schiacciato dal cambiamento climatico. Nella prima decade del ventunesimo secolo, i migliori autori del sovrannaturale non imitano più Lovecraft, pur essendo profondamente influenzati dal genere narrativo e i miti che ha creato. New Cthulhu: The Recent Weird presenta alcuni fra migliori esempi di questa nuova narrativa lovecraftiana – bizzarra, sottile, d’atmosfera, metafisica, psicologica, fitta di strane creature e ancor più strani personaggi – sinistra, inquietante, evocativa e oscuramente attraente…”

Ventisette racconti e novelle di prestigiose firme weird, fantascientifiche e fantastiche dall’immancabile Neil Gaiman fino a China Miéville, Caitlin R. Kiernan, Laird Barron, Michael Shea, W.H. Pugmire, Marc Laidlaw, John Langan, Kim Newman, John Shirley, Charles Stross e tanti altri – a raccogliere il testimone dei classici “miti di Cthulhu”.

La tentacolata illustrazione in copertina è di Rafael Tavares. Maggiori informazioni sul sito web ufficiale di Prime Books, mentre dall’anteprima “LookInside!” di Amazon si può dare come al solito un’occhiata fra le pagine del libro, del quale vi elenchiamo sotto i contenuti.

Introduction – Paula Guran
The Crevasse – Dale Bailey & Nathan Ballingrud
Old Virginia – Laird Barron
Shoggoths in Bloom – Elizabeth Bear
Mongoose – Elizabeth Bear & Sarah Monette
The Oram County Whoosit – Steve Duffy
Study in Emerald – Neil Gaiman
Grinding Rock – Cody Goodfellow
Pickman’s Other Model (1929) – Caitlin Kiernan
The Disciple – David Barr Kirtley
The Vicar of Rl’lyeh – Marc Laidlaw
Mr. Gaunt – John Langan
Take Me to the River – Paul McAuley
The Dude Who Collected Lovecraft – Nick Mamatas & Tim Pratt
Details – China Mieville
Bringing Helena Back – Sarah Monette
Another Fish Story – Kim Newman
Lesser Demons – Norm Partridge
Cold Water Survival – Holly Phillips
Head Music – Lon Prater
Bad Sushi – Cherie Priest
The Fungal Stain – W.H. Pugmire
Tsathoggua – Michael Shea
Buried in the Sky – John Shirley
Fair Exchange – Michael Marshall Smith
The Essayist in the Wilderness – William Browning Spencer
A Colder War – Charles Stross
The Great White Bed – Don Webb


New Cthulhu: The Recent Weird
a cura di Paula Guran
Prime Books, 2011
brossura, 528 pagine, $15.95
ISBN 9781607012894

Andrea Bonazzi