Ben prima che la sua narrativa venisse pubblicata in italiano, con alcuni dei racconti gialli e fantasy apparsi solo a partire dal 1953, Lord Dunsany trovò una qual certa notorietà nel nostro paese attraverso il suo teatro. Sulla scia del “Celtic Twilight”, il rinascimento letterario irlandese sostenuto da personalità come William Butler Yeats e Lady Augusta Gregory, già negli anni 20 il diciottesimo barone di Dunsany, al secolo Edward John Moreton Drax Plunkett, si attirò attenzioni decisamente illustri qui in Italia.
Luigi Pirandello inaugurò il suo Teatro d’Arte proprio con una rappresentazione de Gli Dei della Montagna di Dunsany (The Gods of the Mountain, 1911), “introduzione e due atti” per la traduzione di Alessandro De Stefani, in scena il 2 aprile del 1925 al Teatro Odescalchi di Roma assieme al proprio atto unico Sagra del Signore della Nave. Un sensibile influsso che resterà percepibile, nel teatro pirandelliano, con l’incompiuto dramma I giganti della montagna scritto intorno al 1933 ma concepito sin dal decennio precedente.
In un’intervista rilasciata alla rivista Epoca nel giorno del debutto all’Odescalchi, Pirandello spiega che “Lord Dunsany aveva scritto questo «mistero»” con un “andamento da fiaba” e un “doppio fondo di umorismo e di satira”, ma “senza pensare alla rappresentazione”. E continua: – “Credo anzi che ne credesse impossibile la realizzazione scenica. Io ho dovuto fare un non breve né semplice lavoro per vincere difficoltà complicate, semplificando, interpretando, spesso intuendo, ma con questo non crediate abbia modificato in nulla il lavoro. Esso resta quello che era, con quella sua solenne linea compatta e serrata che ne fa una cosa veramente magnifica” (cfr. G. Bolognese, “Di Dei e giganti: Pirandello e Dunsany” in Riflessi e riflessioni / Italian Reflections, University of South Australia, 1992).
L’interesse italiano per questo autore irlandese così insolitamente immerso in un fantastico del tutto personale, lontano sia dal “verismo” che dal revival celtico dei suoi connazionali, prosegue almeno in ambito teatrale sino al pieno periodo bellico. Nel biennio 1942-43, sono le longeve pagine de Il Dramma: rivista mensile di commedie di grande successo a proporre cinque dei lavori scritti per il teatro da Lord Dunsany.
Sul periodico fondato e diretto da Lucio Ridenti appaiono così Il cristallo magico: commedia fantastica in 4 atti e 9 quadri [If: A Play in Four Acts, 1921], tradotta da Carlo Linati sul n. 373 del primo marzo 1942 (pagine 7-25), quindi I nemici della Regina: commedia in un atto [The Queen’s Enemies, 1917] uscita sul n. 382 del 15 luglio 1942 (p. 39-42), La maledizione delle stelle: commedia in un atto [The Golden Doom, 1914] sul n. 384 del 15 agosto 1942 (p. 35-38), Il riso degli Dei: un atto in tre quadri [The Laughter of the Gods, 1917] nel doppio numero 391-392 del primo e 15 dicembre 1942 (p. 75-83) e, infine, Le tende degli arabi: un atto in due quadri [The Tents of the Arabs, 1917] nella triplice uscita n. 414-415-416 datata 15 novembre, 1 e 15 dicembre 1943 (p. 85-89), quest’ultime tutte versioni in italiano di Vinicio Marinucci.
“Lord Dunsany è irlandese e con Synge e Lady Gregory collaborò all’ardita impresa, cui Yeats ha legato il suo nome, di dare all’Irlanda un teatro nazionale. Ma, mentre Synge, Lady Gregory e Yeats attingevano la materia dei loro drammi dal ricco tesoro delle leggende celtiche, e portavano sulle scene dell’Abbey Theatre di Dublino tutta l’Irlanda, l’Irlanda cattolica e superstiziosa, guerriera e faziosa, con i suoi santi, i suoi re, i suoi monaci, i suoi pastori, i suoi contadini, l’Irlanda della realtà e della leggenda, lord Dunsany preferiva crearsi un mondo tutto di sua esclusiva invenzione e fattura”.
Questo l’incipit della presentazione a Il cristallo magico sul numero 373 della rivista, che prosegue: – “Strano mondo, con strani paesi che nessun atlante ha mai segnato, abitato da strani popoli che nessuno ha mai sentito nominare, dominato da terribili deità di legno o di pietra dai barbari nomi, pervaso da un’umanità avventurosa e febbrile: naviganti, pirati, mendicanti, ladri, profeti, sacerdoti, sospinta da folli speranze, percossa da timori non meno folli, in preda alle potenze e ai capricci del soprannaturale”.
Da allora, per il teatro dunsaniano nella nostra lingua solamente l’atto unico di Una notte in una taverna (A Night at an Inn, 1916) si è reso disponibile, nel 1981, per la traduzione di Luciano Allamprene nella celebre Antologia della letteratura fantastica curata da Jorge Luis Borges con Silvina Ocampo e Adolfo Bioy Casares.
Nell’apparato iconografico incluso in questa pagina, da ingrandire con un click per consentirne la lettura, trovate in alto la locandina del 2 aprile 1925 per lo “spettacolo d’inaugurazione fuori abbonamento del Teatro d’Arte di Roma, diretto da Luigi Pirandello”. Qui sotto, la pagina iniziale di tutti e cinque i lavori teatrali di Dunsany allora pubblicati su Il Dramma, affiancati alla rispettiva copertina – tanto per facilitare le ricerche ai “vecchi lupi di bancarella” e ai collezionisti dell’autore.
Luigi Pirandello inaugurò il suo Teatro d’Arte proprio con una rappresentazione de Gli Dei della Montagna di Dunsany (The Gods of the Mountain, 1911), “introduzione e due atti” per la traduzione di Alessandro De Stefani, in scena il 2 aprile del 1925 al Teatro Odescalchi di Roma assieme al proprio atto unico Sagra del Signore della Nave. Un sensibile influsso che resterà percepibile, nel teatro pirandelliano, con l’incompiuto dramma I giganti della montagna scritto intorno al 1933 ma concepito sin dal decennio precedente.
In un’intervista rilasciata alla rivista Epoca nel giorno del debutto all’Odescalchi, Pirandello spiega che “Lord Dunsany aveva scritto questo «mistero»” con un “andamento da fiaba” e un “doppio fondo di umorismo e di satira”, ma “senza pensare alla rappresentazione”. E continua: – “Credo anzi che ne credesse impossibile la realizzazione scenica. Io ho dovuto fare un non breve né semplice lavoro per vincere difficoltà complicate, semplificando, interpretando, spesso intuendo, ma con questo non crediate abbia modificato in nulla il lavoro. Esso resta quello che era, con quella sua solenne linea compatta e serrata che ne fa una cosa veramente magnifica” (cfr. G. Bolognese, “Di Dei e giganti: Pirandello e Dunsany” in Riflessi e riflessioni / Italian Reflections, University of South Australia, 1992).
L’interesse italiano per questo autore irlandese così insolitamente immerso in un fantastico del tutto personale, lontano sia dal “verismo” che dal revival celtico dei suoi connazionali, prosegue almeno in ambito teatrale sino al pieno periodo bellico. Nel biennio 1942-43, sono le longeve pagine de Il Dramma: rivista mensile di commedie di grande successo a proporre cinque dei lavori scritti per il teatro da Lord Dunsany.
Sul periodico fondato e diretto da Lucio Ridenti appaiono così Il cristallo magico: commedia fantastica in 4 atti e 9 quadri [If: A Play in Four Acts, 1921], tradotta da Carlo Linati sul n. 373 del primo marzo 1942 (pagine 7-25), quindi I nemici della Regina: commedia in un atto [The Queen’s Enemies, 1917] uscita sul n. 382 del 15 luglio 1942 (p. 39-42), La maledizione delle stelle: commedia in un atto [The Golden Doom, 1914] sul n. 384 del 15 agosto 1942 (p. 35-38), Il riso degli Dei: un atto in tre quadri [The Laughter of the Gods, 1917] nel doppio numero 391-392 del primo e 15 dicembre 1942 (p. 75-83) e, infine, Le tende degli arabi: un atto in due quadri [The Tents of the Arabs, 1917] nella triplice uscita n. 414-415-416 datata 15 novembre, 1 e 15 dicembre 1943 (p. 85-89), quest’ultime tutte versioni in italiano di Vinicio Marinucci.
“Lord Dunsany è irlandese e con Synge e Lady Gregory collaborò all’ardita impresa, cui Yeats ha legato il suo nome, di dare all’Irlanda un teatro nazionale. Ma, mentre Synge, Lady Gregory e Yeats attingevano la materia dei loro drammi dal ricco tesoro delle leggende celtiche, e portavano sulle scene dell’Abbey Theatre di Dublino tutta l’Irlanda, l’Irlanda cattolica e superstiziosa, guerriera e faziosa, con i suoi santi, i suoi re, i suoi monaci, i suoi pastori, i suoi contadini, l’Irlanda della realtà e della leggenda, lord Dunsany preferiva crearsi un mondo tutto di sua esclusiva invenzione e fattura”.
Questo l’incipit della presentazione a Il cristallo magico sul numero 373 della rivista, che prosegue: – “Strano mondo, con strani paesi che nessun atlante ha mai segnato, abitato da strani popoli che nessuno ha mai sentito nominare, dominato da terribili deità di legno o di pietra dai barbari nomi, pervaso da un’umanità avventurosa e febbrile: naviganti, pirati, mendicanti, ladri, profeti, sacerdoti, sospinta da folli speranze, percossa da timori non meno folli, in preda alle potenze e ai capricci del soprannaturale”.
Da allora, per il teatro dunsaniano nella nostra lingua solamente l’atto unico di Una notte in una taverna (A Night at an Inn, 1916) si è reso disponibile, nel 1981, per la traduzione di Luciano Allamprene nella celebre Antologia della letteratura fantastica curata da Jorge Luis Borges con Silvina Ocampo e Adolfo Bioy Casares.
Nell’apparato iconografico incluso in questa pagina, da ingrandire con un click per consentirne la lettura, trovate in alto la locandina del 2 aprile 1925 per lo “spettacolo d’inaugurazione fuori abbonamento del Teatro d’Arte di Roma, diretto da Luigi Pirandello”. Qui sotto, la pagina iniziale di tutti e cinque i lavori teatrali di Dunsany allora pubblicati su Il Dramma, affiancati alla rispettiva copertina – tanto per facilitare le ricerche ai “vecchi lupi di bancarella” e ai collezionisti dell’autore.
Andrea Bonazzi
Articolo molto originale e interessante come sempre. Nel Pirandello novelliere e drammaturgo una componente fantastica è sempre stata presente, ovviamente negletta dalla maggior parte degli studi. Questo blog è davvero una perla per gli amanti del fantastico in ogni sua declinazione! d.
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