venerdì 16 novembre 2012

Weird Realism: Lovecraft e il “Realismo speculativo” nella filosofia contemporanea

Weird Realism: Lovecraft and Philosophy, 2012, copertinaE se la narrativa di Howard Phillips Lovecraft fosse, per certa filosofia del giorno d’oggi, ciò che la poesia di Friedrich Hölderlin rappresentò nell’ispirare la fenomenologia di Heidegger? A ipotizzarlo e proporlo è il singolare saggio Weird Realism: Lovecraft and Philosophy scritto da Graham Harman e pubblicato da ZeroBooks, un marchio del gruppo editoriale anglo-americano John Hunt Publishing.

Docente di filosofia dell’Università Americana del Cairo, in Egitto, ed esponente dello Speculative Realism – o “Realismo speculativo” – fra le correnti della filosofia contemporanea, il professor Harman illustra la centrale posizione che l’opera del Gentiluomo di Providence può occupare nella prospettiva di quel che lui stesso definisce come Weird Realism. Un “Realismo weird” discusso nelle tre distinte sezioni del volume, da una prima introduttiva parte a sollevare i diversi e generali temi filosofici rintracciabili nelle storie di Lovecraft, alla seconda e più estesa che ne rileva i tratti attraverso alcuni dei racconti principali – “Il richiamo di Cthulhu”, “Il colore venuto dallo spazio”, “L’orrore di Dunwich”, “Colui che sussurrava nelle tenebre”, “Alle montagne della follia”, “L’ombra su innsmouth”, “I sogni nella casa stregata” e “L’ombra calata dal tempo”, citandone i titoli italiani – sino a ricollegare il tutto nei capitoli della conclusione.

“Quel che Hölderlin fu per Martin Heidegger, e Mallarmé per Jacques Derrida, è allo stesso modo H.P. Lovecraft per i filosofi del Realismo speculativo. Lovecraft fu uno dei più brillanti protagonisti delle riviste di horror e fantascienza, ma morì povero e relativamente sconosciuto durante gli anni 30. Nel 2005 è stato innalzato finalmente dallo stato di pulp ai canoni della letteratura classica, con l’uscita di un volume della Library of America dedicato alle sue opere” – come riporta il testo della quarta di copertina, per l’occasione reso in italiano.

“L’impatto di Lovecraft sulla filosofia si è sviluppato nel corso di più d’un decennio. Inizialmente sostenuto dall’ombroso guru Nick Land, negli anni 90 all’università di Warwick, fu in seguito scoperto come oggetto di fascinazione personale per tutti e quattro i membri originari del movimento del Realismo speculativo del Ventunesimo secolo. In questo libro, Graham Harman estrae le basilari concezioni filosofiche sottese nell’opera di Lovecraft, fornendo un Realismo weird in grado di liberare la filosofia continentale dalle sue attuali scoranti impasse. Abbandonando ogni pia referenza da Heidegger a Hölderlin e i Greci, Harman sviluppa una nuova mitologia filosofica incentrata su figure lovecraftiane come Cthulhu, Wilbur Whately, e la mostruosità rattiforme di Brown Jenkin. Il fiume Miskatonic prende il posto del Reno e dell’Ister, mentre il Caucaso di Hölderlin cede il passo alle antartiche Montagne della follia di Lovecraft”.

L’autore riprende ed elabora qui la propria e particolare visione filosofica dei lavori di Lovecraft, anticipata nel suo precedente articolo On the Horror of Phenomenology: Lovecraft and Husserl apparso sulla rivista specializzata Collapse, Vol. IV: Concept Horror (Urbanomic, maggio 2008).

Informazioni presso la pagina web dell’editrice Zero Books, mentre è possibile dare un’occhiata ai contenuti tramite il solito servizio “LookInside!” di Amazon, che ne presenta in anteprima alcune pagine. Per chi volesse approfondire in lingua inglese, un’interessante – e specialistica – recensione del saggio si trova sul Philosophy Blog di William Koch.

Weird Realism: Lovecraft and Philosophy
Graham Harman
Zero Books, 2012
brossura, 268 pagine, £14.99 / $24.95
ISBN 9781780992525

Andrea Bonazzi

2 commenti :

  1. Nutro un certo timore quando si tira in ballo il termine filosofia per un sempice motivo che credo in grado di varare una certa giustificazione: la sua anima speculativa .
    Credo sia interessante ciò di cui parla il signor Harman ma il creare legami sottesi ad un certo atto speculativo porta a questioni inimmaginabili, e molto spesso queste conducono ad una sorta di oblivium che non fa altro che contemplare se stesso.
    Io non credo nel termine filosofia inteso in tale maniera,dato che la moltitudine delle volte è solo a giustificazione di un qualche principio nettamente personale e non, per natura, molto aperto o seducibile e...più importante...ritraducibile in un chiaro contesto.
    Secondo bisogna andarci piano con le catalogazioni se non si vuol sciupare quella ricchezza che è il tema lovecraftiano....
    sento termini come realismo Weird o di nuovo "filosofia" e ciò mi lascia enormemente perplesso. Non si rischia di andare oltre ?

    Sottendo che è una personalissima opinione quella enunciata e non vuol essere demolitrice o acida anche se lo può sembrare...ma enormemente cauta...

    RispondiElimina
  2. Nulla impedisce di interpretare la narrativa di HPL in questa chiave e per gli scopi qui prefissi, ma è lecito che l'approccio lasci perplessi alcuni fra quanti ben conoscono Lovecraft. Anche soltanto per il fatto che Harman si basa esclusivamente sull'opera narrativa, la sola che dichiara di aver letto. Il resto, elementi biografici compresi, non è considerato, come non viene considerato il pensiero espresso dallo scrittore di Providence.
    Esempio banale di lettura e interpretazione marcatamente divergenti dal Lovecraft che conosciamo: in CoC Harman sottolinea il paragrafo in cui si consulta "a learned friend in Paterson, New Jersey; the curator of a local museum and a mineralogist of note", come un elemento "di gusto comico" nel mostrare un narratore talmente assorbito dal proprio "sincretismo intellettuale" da citare funzioni e locazioni inusuali fuori dall'esperienza comune (nell'ambito di una tecnica comunque intesa a rafforzare la sospensione d'incredulità, la sensazione di "realtà" di fronte ai dubbi della voce narrate che ancora dubita di quel che il lettore ha già intuito essere il "vero"). Ora, c'è effettivamente un umorismo sottinteso in questo paragrafo, ma non è quel che Harman pensa di individuare, né appare inteso a essere apertamente umoristico se non per pochi amici. Il mineralogista e curatore del museo di Patterson è James F. Morton, un amico personale; lo scherzo è riservato al giro di conoscenti in grado di identificarlo, e per nulla inteso a fornire alcuna palese sfumatura d'umorismo in sé al racconto. Nella costruzione di una storia weird, Lovecraft afferma chiaramente di considere il tono umoristico come del tutto deleterio.

    RispondiElimina

Lascia un tuo commento.