martedì 7 giugno 2011

William Hope Hodgson: La terra dell’eterna notte

Articolo in tre parti. Vedi parte precedente.

William Hope Hodgson, 1915-18, fotoMa l’ansia classificatoria di William Hope Hodgson risponde altresì a un piano immaginifico ben preciso che trova compiutezza nel vero capolavoro visionario del Nostro. The Night Land, a Love Tale (La terra dell'eterna notte) vede le stampe nel 1912 e viene, alcuni decenni dopo, entusiasticamente recensito da Clark Ashton Smith che lo presenterà con queste parole al pubblico statunitense:

“In tutto l’Universo della Letteratura esistono poche opere che siano altrettanto eccelse, altrettanto puramente creative, come The Night Land. Per molti errori formali che possono enumerarsi in questo libro, per quanto eccessiva possa apparire la sua lunghezza, questa è la Grande Opera del cosmo agonizzante, la Grande Opera epica di un mondo assediato dalla Notte Eterna e dagli artigli dell’oscurità. Solo un grande poeta avrebbe potuto concepire e creare questa storia”.

Gli “Errori formali” ai quali Clark Ashton Smith fa riferimento sono probabilmente costituiti da una certa qual compostezza di matrice vittoriana, peraltro assente dai racconti di Hodgson laddove il genio e l’intuizione del Nostro sono più liberi di esprimersi in azione immediata e travolgente.

Le stampelle di tipo vittoriano di cui Hodgson si avvale in questo romanzo rallentano invece troppo spesso il ritmo dell’azione, mentre H.P. Lovecraft appare più infastidito dalla componente romantico-sentimentale del romanzo vedendola, da bravo materialista scientifico qual era, null’altro che una sublimazione esasperata del concetto vittoriano di fedeltà coniugale. Ma quella di Hodgson è un’opera compiuta, non un tentativo né tantomeno un esperimento letterario. La potenza evocativa delle immagini è degna di figurare accanto a romanzi-fiume quali Il Signore degli Anelli e a livello di contenuti gli è forse addirittura superiore.

The Night Land, a Love Tale è la “Summa Theologica” di Hodgson, vi si ritrovano compiutamente tutti i suoi temi e le sue intuizioni ma trasfigurate in una luce nuova e in una “teleologia della salvezza” attraverso l’orrore del Male e il Sacrificio. Contrariamente alla retorica vittoriana del tempo, l’amore che lega il protagonista all’eroina del romanzo è solo un pretesto, la promessa di un incontro più che la sua realizzazione, raggiunta peraltro a prezzo di sforzi sovrumani, come vedremo. Bisogna solo superare le prime pagine di amore romantico, nonché alcune parti peculiarmente pesanti del secondo volume (come il capitolo “In the Island”).

Il protagonista si innamora di una giovane e bella ragazza ma è forse l’intensità del desiderio provato a impedirgli di essere più esplicito. La donna combina con un altro uomo. Dopo una serie di vicissitudini tipicamente vittoriane, i due riescono alfine a coronare il loro sogno d’amore, ma il destino è in agguato: dopo poco infatti, ella muore. Distrutto dal dolore il protagonista viene una notte proiettato, durante il sonno, in un altro tempo migliaia di anni avanti nel futuro, secondo un copione che abbiamo già visto all’opera in The House on the Borderland (La casa sull'abisso).

The Night Land, 1921, copertinaIl futuro che Hodgson ricrea è ben lontano da quanto ci si aspetterebbe. Ben presto quello che all’inizio sembrava come un semplice pretesto studiato per fare da cornice a una situazione romantica, diviene uno dei più grandiosi affreschi della Letteratura fantastica mai concepito. Migliaia di anni avanti, nel nostro futuro, la Terra, attraverso metamorfosi mostruose, è stata definitivamente annichilita in un Universo di tenebra e Terrore. Le alterazioni progressive operate a danno delle leggi naturali imposte dall’uomo a ritmi millenari, unitamente a rivoluzioni cosmiche non previste, hanno causato catastrofi irreversibili. Il sole si è oscurato e spento, la Terra si è vista spopolata da tutte le specie prima conosciute per vedersi invasa da creature da incubo uscite dal Caos e dal buio perenne. Gli ultimi sparuti milioni di esseri umani vivono all’interno di una gigantesca piramide chiamata “Il Grande Rifugio”, dove alcuni saggi scienziati, sfruttando ciò che resta di una potente forza chiamata “Corrente Terracquea” hanno riprodotto una certa forma di luce e di energia, oltre a elaborare una serie di apparati e dispositivi di difesa e avvistamento per difendere ciò che resta della razza umana dalle insidie di creature potentissime e maligne.

Hodgson non si cimentò mai nell’opera di tracciare una mappa della Terra Notturna, ma se l’avesse fatto avrebbe suscitato l’invidia di J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis. Su di un lungo cammino verso nord, chiamato dai superstiti “La strada di Coloro che stanno in silenzio”, vagano entità il cui abominio può solo essere immaginato, mentre il punto cardinale del nord è occupato da un luogo chiamato “La Casa del Silenzio”, dimora di orrori senza fine. “La Cosa che fa segnali”, Entità gigantesca e mostruosa, occupa invece un punto imprecisato a ovest, mentre nel mezzo si stendono le Fosse dei Giganti, fornaci di lava dove creature urlanti, che paiono uscite direttamente dalle incisioni di William Blake, si producono in strane attività. “La Piana dei Mastini” viene percorsa da bestie a quattro zampe della stazza di tori di grandi dimensioni, mentre dall’Ovest si ode l’eco di una perenne risata. In questo mondo da incubo, percorso da Giganti famelici dalla testa simile a quella di un granchio e da tempeste maligne che causano la perdita dell’anima oltre a quella delle facoltà vitali, gli abitanti della piramide sono costretti a vivere senza mai poter uscire dal loro rifugio. Città intere occupano i vari piani della piramide, mentre scienziati particolari, adibiti all’osservazione delle attività e dei movimenti delle orribili creature, scrutano la notte con potentissimi apparati ottici, alimentati dalla “Corrente Terracquea”, e danno vita a un poderoso campo magnetico che circonda il rifugio, unico baluardo in grado di tenere a bada le orribili entità.

Il protagonista si trova reincarnato nella figura di un giovane scienziato, l’unico in grado di “sentire la Notte” e distinguere i messaggi lanciati attraverso l’etere dalle varie entità che la abitano, secondo un leitmotiv di viaggio in altre dimensioni che verrà plurisfruttato da Erick Rucker Eddison in Zimiamvia, passando per The Time Machine (La macchina del tempo) di H.G. Wells per approdare in Edgar Rice Burroughs con il suo “Ciclo di Marte” e, conseguentemente, nell’Almuric di Robert E. Howard.

Il Grande Rifugio, illustrazioneUna notte in particolare il protagonista ode una voce, è quella di una fanciulla di nome Naani che altro non è se non la bella Mirdath perduta ere addietro nello spazio e nel tempo, che pare rivelare l’esistenza di un rifugio minore e meno potente, in procinto di soccombere all’assalto delle forze delle tenebre. Dopo la sfortunata spedizione di cinquecento giovani ardimentosi ma ignari dei pericoli delle terre notturne, il protagonista decide di partire da solo. Comincia da qui il lungo, terribile viaggio attraverso le lande della Notte. Hodgson racchiude in questo romanzo tutto l’orrore della prima guerra mondiale, le trincee di Ypres e della Somme, lo sgomento, la disperazione, l’annientamento fisico e spirituale.

Tolkien profuse nel Il Signore degli Anelli uno sdegno metafisico nei confronti di un regime oscuro e disumano, quello di Sauron-Hitler; Hodgson, invece, consegna l’umanità alle forze delle Tenebre attraverso un’operazione tesa a ritrovare la speranza dopo la catastrofe. Con le sue lunghe esplorazioni degli abissi umani, il Nostro ha compreso una verità essenziale, e cioè che l’uomo, lasciato in balia dell’Oscurità che alberga dentro di lui, è schiavo delle Potenze bestiali dell’Inconscio. Esse, alla fine, prenderanno il sopravvento e causeranno il suo esilio, relegandolo ai margini della ragione imperante, ai margini dello stesso concetto di Civiltà, “Ultimo Rifugio” assediato dai mostri delle pulsioni e della spinta al progresso forzato e inumano.

È quello che accadrà nelle trincee della Grande Guerra, una lunga, estenuante spirale verso le Tenebre della barbarie, purtroppo soltanto all’inizio del suo tragico snodarsi nella Storia. Nel romanzo, inoltre, egli stabilisce un occulto, sottile legame fra gli orrori dell’oscurità e le potenze della luce. Nelle antiche cronache di questo Mondo si narra infatti di un’oscura alleanza, stabilita in ere antiche, fra esseri umani e creature da incubo, mutanti che abitano in forre e crepacci e dotati di oscuri poteri, alleanza stabilita per ottenere il controllo delle risorse planetarie superstiti alla Catastrofe. Alleanza terminata in una guerra che ha condotto alla creazione della Piramide.

Dopo innumerevoli rivolgimenti gli uomini del “Grande Rifugio” hanno abolito l’uso di armi a distanza, come fucili o mitragliatrici, in quanto: “Sarebbero risultate pregiudizievoli per la pace in altre circostanze giacché irritavano senza necessità le forze di quella terra, assassinando barbaramente mostri che non facevano altra cosa che girare a distanza dal grande rifugio”. Gli uomini validi utilizzano invece fantastici strumenti chiamati “Diskos”, a metà fra spade e lame rotanti per combattere; armi per il corpo a corpo alimentate dall’onnipresente, anche se flebile, Corrente Terracquea; armi “personalizzate” che possono anche mutilare colui che le brandisca senza esserne il legittimo proprietario.

The Night Land vol. II, 1972, copertinaNell’ultima umanità alberga altresì un profondo rispetto per i morti, che vengono inumati in giardini immensi e fra ridenti colline coperte da serre immani, sotto le quali risuonano canne d’organo che emettono suoni dolci e malinconici. Sull’orlo dell’estinzione, la razza umana ha finalmente riscoperto un nuovo concetto della dignità e della fratellanza universale, dopo l’ennesima catastrofe sociale e climatica che vide orrendi connubi con creature oscure, connubi che terminarono con l’umanità vista come “organismo ospite”, vestigia di quella dominante un tempo e con i Mostri come veri “Padroni di Casa”. Dopo aver ricacciato i “mutanti” frutto di questi connubi, i superstiti edificarono la piramide che il protagonista si appresta ad abbandonare per inseguire il fantasma di un amore e, forse, la speranza.

Molte idee vengono chiaramente delineate, molte altre risultano potenti anche se accennate. Purtroppo il lettore incappa sovente in capitoli di estenuante lentezza, causata da una prosa ridondante, barocca e antiquata. Conviene affidarsi alla versione “depurata” del compianto Lin Carter, 400 pagine rispetto alle 500 e passa dell’originale, per apprezzare appieno la forza visionaria di questo bellissimo romanzo. Sicuramente l’idea principale ha avuto una vasta eco successiva, dando vita a tutto il filone “mutante” della Fantascienza, né và dimenticato l’impatto che l’opera di Hodgson ha avuto sulle arti grafiche e il fumetto in generale. Il disegnatore mainstream Richard Corben (meritevole di aver dato vita anche a un ottima riduzione di “The Valley of the Worm” di R.E. Howard con il suo Bloodstar) unitamente agli sceneggiatori Simon Revelstroke e Jan Strnad, creerà l’evocativo Mutant World basato in parte sulle idee di The Night Land, mentre in tempi più recenti il duo Revelstroke-Corben darà vita anche a una interessante riduzione di The House on the Borderland.

Hodgson partirà davvero per trincee i cui orrori con tanta intuizione descrisse. Si distinse ivi per il suo coraggio, incappò in una bomba, sopravvisse, fu decorato e congedato ma uno spirito inquieto come il suo, che tanto aveva scritto sulle forze visibili e invisibili che fungono da sprone alla macchina del corpo e della volontà, non poteva riposare a lungo. Ritornerà a combattere a Ypres, ancora viandante solitario fra le lande della Notte, cosciente di dover effettuare un ulteriore sacrificio inseguendo ancora, come il protagonista del suo capolavoro, una speranza per l’uomo in balìa della propria oscurità fra gli abomini e i fuochi della Morte e lì infine, l’eroico, infaticabile, coraggioso Hodgson, dopo un attimo di tenebra causato dall’ultima esplosione di una mina, andò a visitare di persona quei mondi ignoti di meraviglie di cui tanto era andato in cerca da vivo.

Bibliografia parziale in italiano di W.H. Hodgson:
Naufragio nell'ignoto, Fanucci, 1974, ristampa 1989
Carnacki, cacciatore di spettri, SIAD Edizioni, 1978
"Al largo" ("The Voice in the Night") in Horroriana, Mondadori, 1979
La casa sull'abisso, Fanucci, 1985
I pirati fantasma, Fanucci Editore, 1986, ristampa 1994
L'orrore del mare, Newton & Compton, 1993
La casa sull'abisso, Compagnia del Fantastico. Gruppo Newton, 1994
I pirati fantasma, Compagnia del Fantastico. Gruppo Newton, 1994
La terra dell'eterna notte, Fanucci, 1996
La casa sull'abisso e altre storie del terrore, Classici Urania, Mondadori 1996
La casa sull'abisso, Gruppo Editoriale Newton, 2003

Mariano D’Anza

1 commento :

  1. Il genio di Mauro Boselli ha dedicato un intero numero della serie a fumetti Dampyr a quest'opera di Hodgson; si tratta del n. 101 "Alla ricerca di Kurjak", liberamente ispirato alla "Night Land". Samuel M

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