Nata a Osaka nel 1972, l’artista giapponese Chiharu Shiota vive e lavora attualmente a Berlino. Presente anche all’ultima Biennale di Venezia, tra le sue installazioni colpiscono particolarmente le intricate, fitte estensioni di fili di lana nera fissati, intrecciati ed estesi con maniacale costanza a occupare – se non “consumare” – l’area degli interni, che siano quelli di delimitati spazi espositivi oppure, cosa più perturbante, appartamenti abbandonati e ambienti di vita quotidiana.
In tale particolare serie, a partire dal 1996, i filamenti neri sembrano espandersi minacciosamente in un fisico dominio dello spazio come organismi estranei, muffe in proliferazione ancora più che ragnatele. O meglio, come una nera irruzione d’irrealtà nel prosaico stato comune di esistenza, per dirla come ogni buon appassionato di weird fiction anche senza citare obbligatoriamente Lovecraft e Ligotti… o perfino l’oscuro meme web di Zalgo.
“Spettrale, spaventevole e sinistramente aggressiva, Chiharu Shiota tocca un qualcosa d’intenso e di profondo, creando una colossale versione della fine delle cose attraverso innumerevoli e innumerevoli fili,” scrive Ted E. Grau sulle pagine del proprio Cosmicomicon.
Galleria: sito ufficiale www.chiharu-shiota.com.
In tale particolare serie, a partire dal 1996, i filamenti neri sembrano espandersi minacciosamente in un fisico dominio dello spazio come organismi estranei, muffe in proliferazione ancora più che ragnatele. O meglio, come una nera irruzione d’irrealtà nel prosaico stato comune di esistenza, per dirla come ogni buon appassionato di weird fiction anche senza citare obbligatoriamente Lovecraft e Ligotti… o perfino l’oscuro meme web di Zalgo.
“Spettrale, spaventevole e sinistramente aggressiva, Chiharu Shiota tocca un qualcosa d’intenso e di profondo, creando una colossale versione della fine delle cose attraverso innumerevoli e innumerevoli fili,” scrive Ted E. Grau sulle pagine del proprio Cosmicomicon.
Galleria: sito ufficiale www.chiharu-shiota.com.
Andrea Bonazzi
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