mercoledì 21 luglio 2010

Machen, il Bene e il Male. Solitarie passioni di un’anima persa

Arthur Machen, illustrazione di John CoulthartIn quel piccolo, raffinato capolavoro che è il racconto breve “Il popolo bianco” (The White People, 1899), Arthur Machen – definito da Lovecraft il “Tessitore di Terrori” – cesella con mano esperta uno dei temi più dibattuti dagli albori dell’umanità: la contrapposizione tra bene e male, con la minuscola, e tra Bene e Male, con la maiuscola… Ma è il concetto di “peccato/Peccato” che in realtà vuole andare a chiarire…

Intanto, secondo me, rigira il coltello in una vecchia piaga nel costato dell’uomo di tutti i tempi, ovvero l’incoscienza e la noncuranza con cui viviamo sottolineando che (…) vaghiamo per il mondo senza comprendere il significato interiore delle cose e, conseguentemente, il bene e il male che facciamo, diventano cose egualmente secondarie, irrilevanti”. Ulteriore conseguenza è che non abbiamo piena comprensione delle nostre azioni, proprio perché il concetto di bene/Bene e male/Male che possediamo è un concetto errato.

“Ma io credo che questo concetto errato, che tutto è tranne che universale, derivi in larga misura dal fatto che esaminiamo il problema dal punto di vista sociale. Riteniamo che un uomo capace di fare del male a noi e ai suoi vicini, sia malvagio. E lo è, da un punto di vista sociale. Quello di cui non ci si rende conto è che il Male, nella sua essenza, è una cosa isolata, una tendenza dell’anima individuale, una passione solitaria”.

E aggiunge: (…) tra un’azione antisociale e il Male… be’, il legame è tra i più deboli,” spiegando che ciò che noi non comprendiamo appieno è la “vera natura del Male” poiché “gli attribuiamo al tempo stesso troppa e poca importanza. Vediamo le numerose infrazione al nostro «codice sociale» – quelle regole assolutamente necessarie e ragionevoli che servono a tenere insieme il consorzio umano – e ci spaventiamo al prevalere del «Peccato» e del «Male». Ma tutto questo è assurdo. Prendiamo il furto, ad esempio. Robin Hood, o i briganti scozzesi del XVII secolo, o quelli che oggi impestano le torbiere, oppure i capitani d’industria dei nostri giorni: (…) suscitano forse orrore? Mentre, d’altro canto, talvolta sottovalutiamo il Male. Attribuiamo tanta importanza al «peccato» commesso da chi tocca le nostre tasche (e le nostre mogli), che ci siamo quasi scordati la perversità del vero Peccato.” E ancora, poi: “siamo propensi per natura a credere che chi ci arreca un gran danno debba essere un gran peccatore”.

In una società sempre più laica, e sempre da un punto di vista sociale, spesso si confonde il peccato col crimine… D’altra parte, aggiunge lo scrittore gallese, “è estremamente sgradevole farsi derubare, così diciamo che il ladro è un grosso peccatore. In verità (…) Non può essere un santo, ovviamente; però può essere – e spesso lo è – una creatura infinitamente migliore di migliaia di uomini che non hanno mai infranto un solo comandamento”.

Dell’assassino, Machen fa dire al protagonista del suo racconto qualcosa che di primo acchito può sembrare paradossale: “è soltanto una bestia selvaggia della quale dobbiamo liberarci se vogliamo salvare le nostre gole dal suo coltello. Lo catalogherei piuttosto con le tigri, anziché coi peccatori”.

Machen guarda all’uomo moderno come animale socratico, per questo crede che (…) il Bene e il Male sono innaturali per l’uomo com’è adesso – l’uomo inteso nel suo essere sociale e civile –, il Male gli è più innaturale in un senso più profondo del Bene” perché, secondo lui, (…) il vero Male non ha niente a che vedere con la vita o con le leggi sociali e, se ce l’ha, è solo in via fortuita e accidentale. È una passione solitaria dell’anima… Oppure una passione dell’anima solitaria,” e (…) che il Male, nel senso vero e profondo, è raro, e credo che lo diventi sempre di più”.

Machenalia vol.1, 1991A questo punto vien da chiedersi allora chi è il “vero malvagio”, chi è il fortunato detentore di una tale rarità? Prima di darne una definizione, Machen ne elenca i facili appellativi che gli sono stati dati nel corso dei tempi, e solo dopo assegna la palma di malvagio: (…) l’uomo malvagio, il cattivo per antonomasia, lo «stregone». Colui che veramente merita tale appellativo è chi sfrutta i difetti presenti nella vita della materia, le sue cadute inevitabili, come strumenti per realizzare il Male assoluto”. E visto in quest’ottica non si può che convenire con lo scrittore sul fatto che, effettivamente, uomini veramente malvagi siano rari… O almeno, la speranza che lo siano non è poi tanto vana…

Eppure, considerando che per Volere e Realizzare il Male Assoluto servirebbero o immenso genio o idiozia assoluta, e al giorno d’oggi siamo completamente privi del primo ma abbondantemente circondati dalla seconda, io rabbrividisco!… E credo che anche Machen se ne sia accorto, tant’è che a un certo punto afferma quasi ironico che “Il Male, ovviamente, è completamente positivo… Solo che si trova dalla parte sbagliata…” Quasi quasi rovesciando tutto quello che ha sottinteso fino a poco fa sul punto di vista.

Il Peccato, a questo punto, non avrebbe niente a che spartire con il Male. Diverrebbe (…) semplicemente il tentativo di penetrare in una sfera più alta e diversa, usando mezzi proibiti. La massa degli uomini è ampiamente soddisfatta della vita così com’è. Per questo ci sono pochi santi, e i peccatori, nel senso più vero, sono ancora di meno”. Semplicemente. Più raffinato del Male. Più sottile. Più raro.

Compiere il Male per il Male necessita totale distacco dalla Vita e da se stessi, e il completo disinteresse a perdersi. Non richiede coinvolgimento emotivo. Peccare è porsi un obiettivo e perseguirlo perseverando e cercando con ogni mezzo di ottenerlo. È trovare se stessi e riappropriarsi di quanto c’è stato tolto. È passione, nel senso di sofferenza per qualcosa di cui si è privati. E un continuo tendere a conseguirlo. E piegarlo alle leggi della Nuova Creazione in cui il Peccatore diventa Nuovo Creatore.

Il Male compirà pure un rovesciamento o una sovversione, ma il Peccato compie una “perversione” dell’ordine precostituito… “mette prima”, nel senso latino del termine “pre-verto”, la creatura rispetto al Creatore. Una luciferiana riconquista di un Eden negatoci, per colpe non nostre, da un Dio talmente ingenuo da credere di poterci creare a sua immagine e somiglianza e pretendere che non avremmo ereditato, oltre al suo volto, la Volontà di Conoscenza… O forse ha fatto bene i suoi conti e, in realtà, l’Uomo non è spinto da Volontà di Conoscenza ma solo da stupida curiosità, e nemmeno spontanea ma indotta da un Angelo Cieco. E allora il vero Peccatore è l’erede di chi?

Continua Machen (…) nel complesso, forse è più difficile essere un grande peccatore che un grande santo,” perché tutto sommato “la santità richiede uno sforzo enorme, o perlomeno molto grosso, ma la santità segue vie che un tempo erano naturali; è il tentativo di ritrovare la felicità che ci apparteneva prima della Caduta. Il Peccato, invece, vuole tentare di conquistare l’estasi e il sapere che appartengono soltanto agli angeli; e, nel compiere questo tentativo, l’uomo diventa un demonio”. Aggiunge quindi: “Il santo lotta per riavere un dono che ha perso; il peccatore cerca di ottenere qualcosa che non è mai stato suo. In sintesi, ripete la Caduta, il Peccato Originale…”

La Caduta. Gli Angeli Ribelli che tentarono di spodestare Dio furono precipitati sulla terra dove si unirono a donne mortali con cui condivisero la loro Conoscenza… Allora il peccato Originale assumerebbe un altro, più profondo significato… Allora, si comprenderebbe davvero quello che Machen definisce “la perversità del vero Peccato” quando fa suggerire da Ambrose, il protagonista, all’amico Cotgrave: “Che cosa penserebbe, seriamente, se il suo cane o il suo gatto cominciassero a parlare e si mettessero a discutere con lei con voce umana? (…) E se le rose del suo giardino si mettessero a cantare una canzone (…)? E se le pietre della strada cominciassero a gonfiarsi e a crescere davanti ai suoi occhi, e i sassolini che ha visto la sera prima diventassero boccioli di pietra la mattina dopo?”

E alla domanda su cosa sia davvero il Peccato, risponde da vero erede di un Angelo Ribelle: “Prendere d’assalto il Cielo con la violenza di un tifone”.

Tatiana Martino

(pubblicato su San Rospo il 7/03/08)

4 commenti :

  1. Bisognerebbe ristampare le opere di questo autore per ferle conoscere anche a noi giovani, perchè le vecchie edizioni sono rare e costose.

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  2. Se non altro, oggi sempre più persone leggono in originale, aggirando così le scarse proposte editoriali e i prezzi demenziali del preteso collezionismo... È totalmente assurdo che per un tascabile italiano di Machen ti chiedano più che per una sua prima edizione britannica del secolo scorso!

    In Italiano, il racconto è tradotto come "Le creature bianche" ne Il gran dio Pan e altre storie soprannaturali (Oscar Mondadori, 1982) e come "Il Popolo Bianco" in Lovecraft. I miei orrori preferiti (Newton Compton, 1994). Un brano senza titolo è ne Il mattino dei maghi di Pauwels e Bergier (Mondadori).

    The White People si trova in inglese alla pagina web http://gaslight.mtroyal.ca/whtpeopl.htm

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  3. Machen un grande!!!!E' veramente una voce che "clama in deserto"al di la e al di fuori del coro comune"bene & male" sono comunemente intesi,direi quasi banalmente intesi.Lui invece ha un'intuizione da"volo pindarico" va oltre molto oltre,ci mostra col suo racconto il vero volto,sublime,spirituale del male supremo contrapposto al bene.Una visione "illuminata" che pochi "purtroppo colgono" nella sua essenza.Sono 40 anni che lo leggo ciclicamente,dandomi i brividi tutte le volte,per la sua grandezza,e i mie interlocutori a cui leggo,sempre "ciclicamente" rimangono semplicemente interdetti,e poi...niente più!Mancanza totale di "alta sensibilità".Grazie-Marco-(cronache di frontiera)

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