domenica 27 novembre 2011

I soliti mostri all’angolo della strada

I mostri all’angolo della strada, 2011, copertinaD’accordo, è stato uno storico evento editoriale, la prima organica raccolta di Howard Phillips Lovecraft in Italia, in precedenza solamente antologizzato o al massimo proposto su rivista e infine selezionato, editato e presentato con una lunga e importante introduzione da Carlo Fruttero e Franco Lucentini, per Mondadori, nel lontano 1966.

D’accordo pure sul valore “affettivo” legato al primo approccio con l’autore – per molti oggi non più giovanissimi – e, cosa per nulla secondaria, con le splendide copertine realizzate da Karel Thole anche per le riedizioni successive del 1974 e 1980. D’accordo persino sull’apporto tanto personale quanto decisivo della coppia di curatori, direttori di Urania per un quarto di secolo dai primi anni 60, sorta di numi tutelari per la diffusione della fantascienza e del fantastico nella cultura popolare italiana del periodo.

Ma ora che I mostri all’angolo della strada di H.P. Lovecraft è nuovamente pubblicato, questa volta per la collana narrativa dei Supertascabili de Il Saggiatore, ci chiediamo se non fosse stato il caso di includere almeno un minimo apparato critico, in aggiunta alla notarella in quarta di copertina che riportiamo a seguito, per giustificare l’inalterata riproposta di una compilazione ormai datata, che se da una parte (d’accordo ancora) omaggia l’opera di chi l'ha curata, dall’altra continua a stravolgere quella dell’autore.

“Nel 1966 si presentava ai lettori italiani «I mostri all'angolo della strada», la prima raccolta ragionata delle opere di H.P. Lovecraft, curata da Fruttero e Lucentini. Nell'intento dei curatori, «La ‘grande mostra’ italiana dei mostri di Lovecraft» si proponeva di rimettere ordine nelle pubblicazioni saltuarie e incomplete del maestro di Providence, proponendo sia i racconti legati al ciclo di Cthulhu sia quelli sovrannaturali. Lovecraft e i suoi racconti visionari, che tratteggiano un universo malevolo incomprensibile, pronto a divorare la fragile civiltà umana, sono poi diventati un caposaldo della letteratura fantastica moderna, e questa raccolta rappresenta la pietra miliare della storia delle sue pubblicazioni in Italia”.

Nulla, nel volumetto appena uscito, a inquadrare l’attività di Fruttero e Lucentini nell’ambito della fantascienza di quegli anni, sull’attività delle collane Mondadori, le ricorrenti scelte di adattare la narrativa in traduzione sia agli spazi editoriali materialmente disponibili che al “gusto” percepito dei lettori, col risultato di pubblicare testi a volte non integri, a volte drasticamente riveduti: gli stessi confluiti in queste pagine. E se non è poi una così grande pecca il ristampare senza avviso i medesimi drastici adattamenti di 45 anni fa, comincia a diventarlo il reinserire, di nuovo senza segnalazione alcuna, un racconto che di Lovecraft non è.

Già nel 1966 “La finestra della soffitta” (“The Gable Window”) era nota per essere una storia a doppia firma di August Derleth in “collaborazione postuma” con Lovecraft, del quale dichiarò di aver portato a termine gli scritti incompiuti, pubblicati come questo nel ’57 in The Survivor and Others (Arkham House). Lo stesso racconto veniva tradotto in Italia nel 1977 come “La finestra della mansarda” ne La lampada di Alhazred, presso Fanucci, parziale edizione italiana di The Watchers Out of Time and Others (Arkham House, 1974) sempre a duplice firma Derleth-Lovecraft. E non è occorso molto tempo per chiarire in via definitiva che si tratta di un’opera del solo Derleth, composta sul mero spunto di un’annotazione del Commonplace Book, il personale taccuino degli appunti di H.P. Lovecraft tradotto in italiano col titolo di Diario di un incubo (Mondadori, 1994).

Troppo impegnativo e dispendioso, forse, aggiungere una qualche nota. Se non critica, almeno informativa, per avvertire che il racconto che leggete non è dello scrittore a cui viene attribuito.

Questo l’indice del volume:

Introduzione. Storia delle storie di Lovecraft – Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Parte Prima. IL MITO DI CTHULHU
Dagon (traduzione di Maria Luisa Bonfanti)
Il richiamo di Cthulhu (tr. Elena Linfossi)
Il colore venuto dallo spazio (tr. Sarah Cantoni)
L'orrore di Dunwich (tr. Floriana Bossi)
Colui che sussurrava nelle tenebre (tr. S. Cantoni)
La maschera di Innsmouth (tr. S. Cantoni)
La cosa sulla soglia (tr. M. L. Bonfanti)
L'abitatore del buio (tr. M. L. Bonfanti)
La finestra della soffitta [in realtà di August Derleth] (tr. M. L. Bonfanti)
Nyarlathotep (tr. M. L. Bonfanti)
Parte Seconda. ALTRI ORRORI
L'estraneo (tr. M. L. Bonfanti)
La musica di Erich Zann (tr. M. L. Bonfanti)
Herbert West, rianimatore (tr. M. L. Bonfanti)
I ratti nel muro (tr. M. L. Bonfanti)
Nella cripta (tr. Lodovico Terzi)
Aria fredda (tr. M. L. Bonfanti)
Il modello di Pickman (tr. Roberto Mauro)


I mostri all’angolo della strada
H.P. Lovecraft
a cura di Fruttero & Lucentini
collana Supertascabili. Narrativa, Il Saggiatore, 2011
brossura, 424 pagine, €11.00
ISBN 9788856502886

Andrea Bonazzi

4 commenti :

  1. non esistono traduzioni migliori di questa: quelle della Mondadori e della Newton fanno schifo: curatori semialfabetizzati.

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  2. Guardi che questa è la stessa edizione mondadoriana degli anni Sessanta, largamente incompleta e filologicamente fantasiosa. Questo volume può avere al massimo un valore storico: meglio dedicarsi ad altri volumi più esaurienti e rispettosi del testo.

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  3. Purtroppo devo darti ragione... l'unico che ha portato un po' d'aria fresca è Berruti con le splendide traduzioni del ciclo di Carter.
    A proposito della Mondadori, poi, come cavolo si fa a tradurre "Rats" (=RATTI) in "Topi" (="MICE")... Lippi è TOTALMENTE analfabeta.
    I ratti sono molto più grandi dei topi (QUINDI fanno più paura!), e Lovecraft, sempre così attento alla prosa, lo sapeva bene. Lippi evidentemente oltre a non sapere l'inglese non sa manco l'italiano.
    Sulle edizioni Compton andiamo pure peggio... ogni ristampa si porta dietro i refusi della prima edizione (vedasi "The Shadow Over Innsmouth").

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  4. visto che l'Adelphi ha pubblicato tutto Simenon, perché non mette in cantiere una edizione di Lovecraft come si deve? Gli appassionati e non solo loro gli sarebbero grati in eterno (a Calasso). E' incredibile, infatti, che in un paese ove ci sono fan club che organizzano pellegrinaggi a Providence, non si possa leggere questo mito della letteratura in un italiano decente. Ovvio, lo si legge in inglese; ma è bello anche gustare Lovecraft nella propria lingua. Firmiamo un manifesto!

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