venerdì 29 aprile 2011

The Cthulhu Encryption: Auguste Dupin affronta i Grandi Antichi

The Cthulhu Encryption, 2011, copertinaSoltanto un paio di mesi fa avevamo lasciato Brian Stableford con le due storie lovecraftiane raccolte nel suo The Womb of Time, ed ecco che lo scrittore britannico di fantascienza subito ritorna al pastiche letterario in chiave weird, facendo nuovamente incontrare i miti di Cthulhu di H.P. Lovecraft con le abilità deduttive dell’investigatore Auguste Dupin creato da Edgar Allan Poe, il tutto nel romanzo The Cthulhu Encryption: A Romance of Piracy pubblicato negli Stati Uniti dalla Borgo Press, oggi un marchio della Wildside.

Dupin è una delle pochissime persone a Parigi in grado di riconoscere il raro Crittogramma di Cthulhu inscritto nelle carni di una pazza morente. Il conte di Saint-Germain possiede una seconda crittografia, la controparte di quella custodita adesso da Dupin, ed è persuaso che entrambi i codici siano la chiave d'accesso a un favoloso tesoro sepolto dal pirata Levassier. Perseguitato dagli shoggoth e inseguito dal Comte de Saint-Germain, Auguste Dupin dovrà trovare soluzione all'intricato enigma. Il potere di Cthulhu potrà mai essere tenuto a freno? E tutte le risposte che Dupin potrà a ottenere, varranno a salvare infine la sua vita e quella dei suoi collaboratori?

Fin qui la quarta di copertina tradotta in sommaria descrizione della trama: un assaggio con le sedici pagine iniziali del romanzo è disponibile attraverso l’anteprima “Look Inside!” di Amazon.com, con ogni informazione sul volume presso la pagina dedicata sul sito ufficiale della Wildside Press.

The Cthulhu Encryption: A Romance of Piracy
Brian Stableford
Borgo Press, 2011
brossura, 222 pagine, $14.99
ISBN 9781434435118

Andrea Bonazzi

mercoledì 27 aprile 2011

Fantasmi del Giappone

Lafcadio Hearn, In Ghostly Japan (Little, Brown and Company, 1899, copertina)Prima dei manga e delle fortune cinematografiche del Ring di Hideo Nakata, l’invasione dei fantasmi giapponesi in occidente trova origini letterarie già nella fine dell’Ottocento, quando le tradizioni di un ancor poco conosciuto Sol Levante raggiunsero l’Europa influenzandone il gusto, dalle arti alla moda.

Lo scrittore Lafcadio Hearn fu tra i primi a far conoscere al resto del mondo le originali kwaidan, ovvero storie del sovrannaturale. Irlandese nato in Grecia, Hearn fu giornalista negli Stati Uniti, e, dopo aver molto, viaggiato finì con lo stabilirsi in Giappone ove prese cittadinanza restandovi sino alla morte, nel 1904. Affascinato dalla cultura locale, l’autore raccolse le narrazioni fantastiche e spettrali di quei luoghi, adattandole nei propri racconti, noti anche in Italia attraverso le edizioni di Theoria (Ombre giapponesi, 1992) e Tranchida (Nel Giappone spettrale, 1991; Al mercato dei morti. Storie di spettri giapponesi, 1993).

Da questi stessi lavori vennero tratti, nel 1964, gli episodi dello splendido film Kwaidan (Kaidan) di Masaki Kobayashi, un candidato all’Oscar come miglior film straniero che fu in qualche modo precursore del recente successo degli horror nipponici basati su spiritiche presenze.

Le storie di spettri divennero maggiormente popolari con il periodo Edo (1603-1867), pubblicate in numerosi libri e diffuse in tutto il paese da narratori e cantastorie. Secondo una vecchia usanza, la gente si riuniva nelle notti estive per raccontare a turno storie di fantasmi. Al termine di ogni storia un lume veniva spento, finché la luce via via affievolendosi non cedeva posto alle tenebre, lasciando che gli spiriti potessero finalmente apparire.

Il fantasma viene generalmente indicato con la parola obake, composta da o quale prefisso onorifico unito a bake, voce verbale di bakeru, che indica uno stato di trasformazione in corso. Gli spettri giapponesi sono infatti entità in eterna mutazione da una forma all’altra, pericolosi, anche se non necessariamente spaventosi, e capaci di nascondersi negli oggetti più comuni. Alcuni obake sono collegati al fuoco, in figure che possono delinearsi persino tra le braci del focolare domestico e altre fiammelle vaganti più simili ai nostri fuochi fatui. Altri si ricollegano al mondo animale, trasformandosi in volpi come nel folklore cinese.

Sul finire del XVIII secolo, l’artista e studioso Toriyama Sekien iniziò a classificare i vari tipi di obake in una serie di celebri e diffusi volumi, distinguendo gli esseri sovrannaturali fra gli yokai, apparizioni non sempre ostili che comprendono le creature mostruose, i demoniaci oni, custodi dei vari inferni buddisti, e infine i minacciosi yurei, autentici spettri di esseri umani defunti.

Stampa giapponese del XVIII secoloSecondo la fede scintoista, ogni persona possiede un reikon, uno spirito, che abbandona il corpo dopo la morte per ricongiungersi con le anime dei propri antenati. Gli spiriti degli avi sono considerati come presenze benevole, numi tutelari della famiglia celebrati nella festività estiva dello Obon, paragonabile alla nostra vigilia di Ognissanti. Il reikon di un trapassato può tuttavia tramutarsi in yurei nel caso di una morte violenta, oppure in mancanza delle adeguate cerimonie funebri, finendo col restare nel modo dei vivi in cerca di vendetta, o dello scioglimento di gravi questioni irrisolte. Associati al colore bianco delle tradizionali vesti funerarie, tali fantasmi si manifestano di solito fra le due e le tre del mattino, limitati a vagare negli ambienti che furono loro familiari.

Adattandosi alle convenzioni letterarie e teatrali, che richiedevano più marcate caratteristiche per distinguere le apparizioni dai personaggi umani messi in scena, dalla metà del Settecento l’aspetto fisico dei ritornanti si fa sempre più terrificante. Lo yurei viene quindi descritto senza gambe, fluttuante su un’appendice nebbiosa e incorporea, spesso nascosta dalle falde dell’abito. Il suo corpo appare come un vuoto involucro, le sue pose si fanno rigide, le braccia protese, lo sguardo spaventoso. Forse più prossimo alle sembianze del revenant classico, ma sempre profondamente diverso nella visione di un soprannaturale non vincolato ai canoni occidentali dell’“eterno confronto fra il Bene e il Male”.

Andrea Bonazzi

(pubblicato in origine su HorrorMagazine il 7/04/05)

lunedì 25 aprile 2011

Delicate Toxins: un omaggio a H.H. Ewers

Delicate Toxins, 2011, copertinaÈ un omaggio alla figura e l’opera di Hanns Heinz Ewers l’antologia Delicate Toxins. A Collection of Strange Tales curata da John Hirschhorn-Smith per la minuscola e specializzata editrice britannica Side Real Press, che al discusso e oggi non più molto noto fantasista tedesco ha dedicato due recenti nuove edizioni in lingua inglese, l'anno scorso con il romanzo Alraune (1911) e con la raccolta Nachtmahr. Strange Tales (1922) nel 2009.

Coinvolgendo nuovi e consolidati autori del weird horror come Richard Gavin, Mark Samuels, Mark Valentine e Reggie Oliver, le diciotto storie originali del volume si ispirano direttamente al mondo, alla vita e all’ambiente culturale di H.H. Ewers (1871-1943), scrittore citato anche da Lovecraft nel proprio saggio sull’orrore soprannaturale nella letteratura, in special modo per quel piccolo classico che è il racconto “Il ragno” (“Die Spinne”, 1907).

Il volume è realizzato in una tiratura limitata di 350 copie, con stampa a tre colori sulla copertina rigida nello stesso decorativo stile d’epoca dei precedenti titoli di Ewers, in una serie di pubblicazioni che Side Real Press intende proseguire a riproporre. Il prezzo di 35 sterline comprende la spedizione per l’Europa, con un ex-libris personalizzato in omaggio per chi acquisti il libro direttamente dal sito web dell’editore www.siderealpress.co.uk, al quale si rimanda per ogni informazione. Qui a seguito, invece, l’indice dei contenuti:

Introduction – John Hirschhorn-Smith
A Pallid Devil Bearing Cypress – Richard Gavin
Salmacis – Stephen J. Clark
Crossing The Sea Of Night – Mark Howard Jones
Mathilde – Ray Russell
Dogs – rj krijnen-kemp
Tlaloc – Angela Caperton
Magicians And Moonlight – Katherine Haynes
Lotte Of The Black Piglet – Colin Insole
The Unrest At Aachen – Mark Valentine
The Naked Goddess – Daniel Mills
Singing Blood – Reggie Oliver
The Devil In The Box – Orrin Grey
The Rites of Pentecost – Peter Bell
Endor – Michael Chislett
Masks – Mark Samuels
White Roses, Bloody Silk – Thana Niveau
The Filature – Adam S. Cantwell
Holzwege – D. P. Watt


Delicate Toxins. A Collection of Strange Tales
a cura di John Hirschhorn-Smith
Side Real Press, 2011
copertina rigida, 340 pagine, £35.00 (spedizione inclusa)
ISBN 9780954295363

Andrea Bonazzi

sabato 23 aprile 2011

L’inferno degli specchi di Edogawa Ranpo

L’inferno degli specchi, 2011, copertina“Quando «La sedia umana» fu tradotto su «Galassia» parecchi anni fa, molti gridarono al miracolo di un autore assolutamente nuovo e sorprendente. In realtà Edogawa Ranpo (o Rampo, come alcuni preferiscono traslitterare) è tutt’altro che un autore nuovo, essendo vissuto in Giappone tra il 1894 e il 1965. È però di quegli autori capaci di sorprendere sempre e comunque, perché le sue invenzioni folgoranti, i suoi «mostri ciechi», le sue solitudini urbane sono il prodotto di un’immaginazione di prim’ordine e che ha ancora molto da dirci”.

Urania Collezione porta in edicola L’inferno degli specchi, una raccolta di nove classiche storie nere, misteriose e fantastiche di Edogawa Ranpo, nom de plume di Taro Hirai che tale pseudonimo scelse per assonanza con la pronuncia giapponese del nome di Edgar Allan Poe, il suo modello letterario.

Persa l’occasione di presentare al meglio la narrativa breve dell’autore traducendolo da lingua originale – non una sorpresa, ahinoi, in una lunga tradizione editoriale in questo senso –, l’edizione di Urania si limita a essere “la traduzione di una traduzione”, versione italiana a firma di Laura Serra dell’inglese Japanese Tales of Mystery and Imagination, curato e a sua volta tradotto nel 1956 da James B. Harris.

Sempre di James B. Harris è l’articolo biografico “Edogawa Ranpo, il fabbricante di sedie umane” posto a conclusione del volume, che troviamo integralmente disponibile presso le pagine web de Il Blog di Urania. A seguito, l’indice dei racconti:

La sedia umana
Il test psicologico

Il bruco
La rupe

L’inferno degli specchi
I gemelli

La camera rossa

I due menomati
Il viaggiatore con il quadro di stoffa


L’inferno degli specchi
Edogawa Ranpo
Urania Collezione 099, Mondadori, aprile 2011
brossura, 210 pagine, €5.50

Andrea Bonazzi

giovedì 21 aprile 2011

In vendita a Providence la “casa sfuggita” di Lovecraft

135 Benefit Street, Providence, foto
The Shunned House, illustrazione di Virgil Finlay

Se volete trasferirvi in America, se avete una milionata di dollari da spendere e non temete il nefasto influsso di una possibile entità vampirica sepolta sotto la cantina, potete fare un pensierino sull’acquisto della casa al numero 135 di Benefit Street a Providence, Rhode Island, altrimenti nota come “La casa sfuggita” a seguito dell’omonimo racconto di Howard Phillips Lovecraft.

La storica magione costruita intorno al 1763 è infatti in vendita al modico prezzo di $925.000, “solamente” 637.000 Euro al favorevole cambio attuale. L’immobile aveva già una repuntazione piuttosto pittoresca legata alle sfortunate sorti nel tempo dei suoi vari occupanti, fra morti improvvise e vecchie signore confinate per infermità mentale nelle stanze superiori. Una delle due zie di Lovecraft, Liliian D. Clark, vi abitò nel 1919-20 come dama di compagnia dell’allora proprietaria Mrs. H.C. Babbit. A lungo invenduta e decadente nei giorni in cui ne scrisse, il gentiluomo di Providence rese protagonista la Babbit House – come amava chiamarla – nel suo “The Shunned House” del 1924, ambientandovi l’infestazione di una presenza, tra il fantascientifico e il soprannaturale, che dal sottosuolo vampirizza le energie degli abitanti.

Gli interessati all’acquisto possono consultare l’annuncio dell’agenzia immobiliare Coleman Realtors, corredato dalle fotografie di esterni e interni presso la pagina web di Rhode Island Living. Qualche accenno su storia e dicerie riguardo all’edificio si trova in un articolo su questa pagina di Quahog.org. Il testo in lingua originale del racconto è invece reperibile in rete sul sito di The H.P. Lovecraft Archive.

Andrea Bonazzi

lunedì 18 aprile 2011

Numismatica weird: Lovecraft e il Re in Giallo battono moneta

H.P. Lovecraft Commemorative Coin, fronte
H.P. Lovecraft Commemorative Coin, retro
Yellow Sign Challenge Coin, fronte
Yellow Sign Challenge Coin, retro

Nuove di zecca in senso – per una volta tanto – letterale, due particolari monete-medaglia fresche di conio dalle officine americane Dagon Industries, Inc., promettono oggi di infestare i collezionistici sogni di ogni numismatico e/o appassionato di weird fiction

A ricordo del Gentiluomo di Providence, la Howard Phillips Lovecraft Commemorative Coin è coniata in soli 100 pezzi numerati con finitura argento antico per un diametro di due pollici (5,08 cm.), presentata in cofanetto di velluto nero, al costo di 50 dollari, insieme a un “certificato di autenticità” disegnato da Andrew Leman della H.P. Lovecraft Historial Society.

Sul fronte della medaglia-moneta, contornato dal nome e dalla citazione “I Am Providence”, il ritratto dell’autore su uno scorcio della sua città natale in cui si riconosce la celebre Fleur-de-Lys House in Thomas Street, indirizzo dello studente Wilcox ne “Il richiamo di Cthulhu”. Sul retro, la lapide di H.P. Lovecraft al cimitero di Swan Point.

Dai racconti di Robert W. Chambers il “Segno giallo” campeggia invece sulla Yellow Sign Challenge Coin, anch’essa con finitura argento antico ma per un diametro di 1,75 pollici (4,445 cm.) e al più abbordabile prezzo di 25 dollari. Il sigillo è smaltato in due colori sull’ormai popolare disegno di Kevin Ross, realizzato per i role-playing della Chaosium nel 1989. Sul lato opposto una vista della perduta Carcosa, la favolosa città sul lago di Hali, su opera di David Lee Ingersoll.

Informazioni e ordini presso la pagina di Dagon Industries, Inc. sullo webstore dell’Arkham Bazaar.

Andrea Bonazzi

venerdì 15 aprile 2011

Shirley Jackson Awards 2010: i finalisti

The Shirley Jackson Awards, logo
Si tratta di un premio letterario relativamente recente, istituito dal 2007 alla memoria della grande Shirley Jackson (1916-1965, con il logo a riprodurre la caratteristica montatura dei suoi occhiali) in riconoscimento delle migliori opere horror, di suspence psicologica e fantastico dark pubblicate nell’anno precedente: gli Shirley Jackson Awards sono votati da una giuria di scrittori, curatori, critici e accademici sulle segnalazioni di un “collegio di consulenti” anch’esso composto da esperti di genere e professionisti del settore.

Di carattere meno popolare – forse anche meno “commerciale” – di altri specializzati awards votati invece dal complesso degli iscritti di categoria, i premi Shirley Jackson sono comunque senz’altro indicativi delle migliori tendenze nella più recente letteratura horror in inglese, estremamente interessanti da seguire anche per chi, all’estrema provincia dell’impero e generalmente inabile a leggere in lingua originale, poco o nulla conoscerà dei titoli citati, al massimo riconoscendo qualche nome qui già noto, e con pochissime speranze di attendersene alcuna edizione in italiano.

I riconoscimenti relativi all’annata del 2010 verranno assegnati il prossimo 17 luglio alla Readercon 22. The conference on imaginative literature che si terrà a Burlington, in Massachusetts. Nel frattempo, rendiamo conto dei finalisti selezionati per le rispettive categorie narrative di lunghezza, appena resi noti dal sito ufficiale di The Shirley Jackson Awards.

Romanzo (Novel):
Dark Matter, Michelle Paver (Orion)
A Dark Matter, Peter Straub (Doubleday)
Feed, Mira Grant (Orbit)
Mr. Shivers, Robert Jackson Bennett (Orbit)
The Reapers Are the Angels, Alden Bell (Holt)
The Silent Land, Graham Joyce (Gollancz)


Romanzo breve (Novella):
The Broken Man, Michael Byers (PS Publishing)
Chasing the Dragon, Nicholas Kaufmann, (Chizine Publications)
“Mysterium Tremendum”, Laird Barron (in Occultation, Night Shade)
One Bloody Thing After Another, Joey Comeau (ECW Press)
Subtle Bodies, Peter Dubé (Lethe Press)
The Thief of Broken Toys, Tim Lebbon (Chizine Publications)

Racconto lungo (Novellette):
“--30--”, Laird Barron (in Occultation, Night Shade)
“The Broadsword”, Laird Barron, (in Black Wings, PS Publishing)
“Holderhaven”, Richard Butner, (in Crimewave 11: Ghosts)
“The Redfield Girls”, Laird Barron (in Haunted Legends, Tor)
“Truth Is a Cave in the Black Mountains”, Neil Gaiman (in Stories: All New Tales, William Morrow)


Racconto breve (Short Story):
“As Red as Red”, by Caitlin R. Kiernan (in Haunted Legends, Tor)
“Booth’s Ghost”, Karen Joy Fowler (in What I Didn’t See, Small Beer Press)
“The Foxes”, Lily Hoang (in Haunted Legends, Tor)
“six six six”, Laird Barron (in Occultation, Night Shade)
“The Things”, Peter Watts (in Clarkesworld, Issue 40)

Raccolta di singolo autore (Single-Author Collection):
Occultation, Laird Barron (Night Shade)
The Ones That Got Away, Stephen Graham Jones (Prime Books)
The Third Bear, Jeff Vandermeer (Tachyon)
What I Didn’t See, Karen Joy Fowler (Small Beer Press)
What Will Come After, Scott Edelman (PS Publishing)


Antologia curata (Edited Antology):
Black Wings: Tales of Lovecraftian Horror, a cura di S.T. Joshi (PS Publications)
Haunted Legends, a cura di Ellen Datlow e Nick Mamatas (Tor)
My Mother She Killed Me, My Father He Ate Me: Forty New Fairy Tales, a cura di Kate Bernheimer (Penguin)
Stories: All New Tales, a cura di Neil Gaiman e Al Sarrantonio (William Morrow)
Swords and Dark Magic: The New Sword and Sorcery, a cura di Jonathan Strahan e Lou Anders (Harper Voyager)

Andrea Bonazzi

mercoledì 13 aprile 2011

Historical Lovecraft: orrori lovecraftiani nella storia

Historical Lovecraft, 2011, copertinaTra le diverse antologie lovecraftiane attese per quest’anno, Historical Lovecraft: Tales of Horror Through Time in uscita per la canadese Innsmouth Free Press sceglie l’ambientazione storica come quadro comune e filo conduttore per 25 racconti originali di vario orrore cosmico.

Selezionate da Silvia Moreno-Garcia e Paula R. Stiles, le storie spaziano tra il Laos e il Perù, fra l’Inghilterra e il Congo, dalla Santa Inquisizione alla Groenlandia delle saghe vichinge, dall’Egitto dei faraoni alla Roma del Decimo Secolo, dalla Russia di Stalin alla Mesopotamia del Neolitico. Variegata anche la provenienza degli autori, nomi nuovi forse non fra i più noti nel genere, con narrativa breve tradotta anche dal francese (Ligner) e lo spagnolo (García-Rosas).

Un paio di racconti sono liberamente scaricabili “in assaggio” come files PDF dal sito web dell’editrice: si tratta di “If Only to Taste Her Again” (56,4 k) di E. Catherine Tobler, ambientato nell’antichità egizia, e “Ahuizotl” (51,6 k) di Nelly Geraldine Garcias-Rosas, sullo sfondo del Messico coloniale.

Il libro è disponibile nei vari formati e-book, oltre che in volume a stampa. Maggiori informazioni sono reperibili in rete sul sito della Innsmouth Free Press, qui a seguito l’indice dei contenuti.

The City of Ropes – Albert Tucher
The Far Deep – Josh Reynolds
The Infernal History of the Ivybridge Twins – Molly Tanzer
The God Lurking in Stone – Andrew G. Dombalagian
The Saga of Hilde Ansgardottir – Jesse Bullington
The Second Theft of Alhazrad’s Manuscript – Bradley H. Sinor
Black Hill – Orrin Grey
Inquisitor – William Meikle
Shadows of the Darkest Jade – Sarah Hans
Manuscript Found in a Trunk from Extremadura – Meddy Ligner
Silently, Without Cease – Daniel Mills
The Chronicle of Aliyat Son of Aliyat – Alter S. Reiss
The Seeder from the Stars – Julio Toro San Martin
What Hides and What Returns – Bryan Thao Worra
If Only to Taste Her Again – E. Catherine Tobler
An Interrupted Sacrifice – Mae Empson
Pralaya: The Disaster – Y. W. Purnomosidhi
Ngiri’s Catch – Aaron Polson
Black Leaves – Mason Ian Bundschuh
The Good Bishop Pays the Price – Martha Hubbard
Red Star, Yellow Sign – Leigh Kimmel
An Idol for Emiko – Travis Heermann
Deus ex Machina – Nathaniel Katz
City of Witches – Regina Allen
Ahuizotl – Nelly Geraldine García-Rosas


Historical Lovecraft: Tales of Horror Through Time
a cura di Silvia Moreno-Garcia e Paula R. Stiles
Innsmouth Free Press, 2011
brossura, 276 pagine, $14.99
ISBN 9780986686405

Andrea Bonazzi

lunedì 11 aprile 2011

Il Conte Vlad meets il Grande Cthulhu

Alberto Corradi, Il Conte Vlad, immagineAll’interno del panorama fumettistico italiano Alberto Corradi è un personaggio singolare, toccato da un sicurissimo talento grafico, da una grandissima bravura e da un’originalità indubbia. Egli, lungi dal risolvere il proprio lavoro in una peraltro onestissima e qualitativamente non meno importante applicazione al fumetto mainstream e popolare, ha scelto un percorso evidentemente molto autoriale, capace di armonizzare l’attività di autore di graphic novel con quella di personalissimo autore di illustrazioni e di umorista salace e raffinato. A beneficio di coloro che poco lo conoscessero, pare d’obbligo per iniziare un minimo di biografia.

Corradi, nato a Verona, è attivo dal 1993 come autore di fumetti, visual artist, illustratore, scrittore e saggista. Ha collaborato con la rivista Snuff, tra le capofila del rilancio del fumetto indipendente italiano, insieme a testate come la torinese Interzona e la milanese Hard Times. L’autore, forte di questa esperienza, ha proseguito l’attività editoriale iniziata con Snuff fino al 2009, collaborando con la casa editrice Black Velvet, fondata nel 1997 da Omar Martini e Luca Bernardi.

Le sue storie a fumetti sono apparse in numerosi paesi su riviste, antologie e progetti collettivi tra cui Comix, Tattoo Comix, Neural, Stripburger, Frontiera, Kerosene, Fumettagenda, Mutate & Survive, Stereoscomic Gigantic, Blue, L’Ostile, Strip Art Vizura, Par Condicio, 106U, Silent Wall, Lucio Fulci poeta del macabro, Extreme, GevsG8, Resistenze. A partire dal giugno 2006 per il magazine La Repubblica XL ha creato i temibili personaggi di “Mostro & Morto” dei quali tiene anche un apposito blog (mostroemorto.blogspot.com), mentre per la storica testata del settore Linus realizza la serie “Conte Vlad”. Entrambe appaiono in edicola ogni mese.

Alberto Corradi, Mostro & MortoLe sue storie e immagini sono apparse in Italia, Canada, Corea del Sud, Francia, Macedonia, Messico, Portogallo, Serbia, Slovenia e Svezia in romanzi grafici, riviste, antologie, mostre e progetti collettivi. Ha pubblicato i mini-comic Cronache da Apatolandia (Mezzoterraneo Edizioni), ! (Lo Sciacallo Elettronico / De Falco Edizioni), l’antologia senza parole Regno di Silenzio (Nicola Pesce Editore) e il romanzo (autobio)grafico Smilodonte, edito da Black Velvet Editrice. Il suo blog è ossario.blogspot.com.

Bibliografia minima:
2009 – La Sete: 15 vampiri italiani (antologia di racconti di cui è curatore insieme a M. Perissinotto) Coniglio Editore
2007 – Smilodonte (fumetto – romanzo grafico) Black Velvet Editrice
2007 – Regno di Silenzio (fumetto – antologia) Nicola Pesce Editore
2002 – ! (fumetto) Lo Sciacallo Elettronico / De Falco Edizioni
2000 – Cronache da Apatolandia (fumetto) Mezzoterraneo Edizioni
1998 – Creature d’Oriente (saggio, con Maurizio Ercole) Tarab Edizioni
1997 – Godzilla il re dei mostri (saggio, con Maurizio Ercole) Musa Edizioni
1997 – Le follie di Nantokanarudesho! (saggio, con Saburo) Musa Edizioni
1996 – Hayao Miyazaki: Viaggio nel mondo dei bambini (saggio) Akromedia Edizioni


Fra tutte queste opere, l’ultima creatura a vedere la luce per merito della fervida fantasia dell’autore è stata “Il Conte Vlad”, che esce sulle pagine di Linus a partire dal 2010. Un personaggio particolarmente interessante che è il motivo principale del presente intervento sulle pagine elettroniche di Weirdletter.

Si tratta di un character molto particolare che sarà bene presentare brevemente. Nato con la volontà di concretizzare un personaggio dark umoristico, tipico di molti aspetti dell’umorismo di Corradi (si vedano i già citati “Mostro e Morto” per esempio), esso gode nei propri motivi ispiratori della marcia in più costituita dal volersi riagganciare più esplicitamente e direttamente, per le situazioni da narrare, a ispirazioni di tipo letterario e cinematografico, molto spesso accompagnate da un’estrema rarefazione dell’espressione scritta.

Del resto, lo stesso Vlad è quasi muto, esprimendosi con versi inarticolati (il suo tipico “Kftt, kftt”) dovuti alle lunghissime zanne che lo caratterizzano e la vicenda si snoda soprattutto attraverso le “traduzioni” dei suddetti versi, i commenti del fido zombiedomus e le divertenti didascalie.

Perché, dovrebbe essere ormai stato compreso, Vlad nasce sicuramente come un immediato omaggio ai vampiri della letteratura e del grande schermo, e soprattutto è debitore nell’aspetto nei confronti del succhiasangue preferito di Corradi, il Nosferatu di Murnau interpretato da Max Schrek prima e da Klaus Kinski poi nel celebre e bellissimo remake per la regia di Werner Herzog; onomasticamente, però, Vlad non può che rifarsi al grande Conte transilvano (o meglio valacco, a rigor di Storia), notoriamente ispirato – è persino banale ricordarlo – appunto alla figura realmente esistita del voivoda Vlad Tepes III.

Su tutto questo sottotesto si innesta una caratteristica tipica della strip, quella cioè del voler farsi essa “ibridare” – come già si diceva poc’anzi – molto volentieri da altri elementi tratti dalla letteratura, cosicché in essa hanno già trovato spazio riferimenti estremamente colti, tratti da Buzzati e Calvino come da altri scrittori.

Alberto Corradi, strip ispirata a Calvino

Alberto Corradi, strip ispirata a Buzzati
E non è intenzione dell’autore fermarsi solo a essi, bensì ampliare ulteriormente il discorso fino a includere in futuro anche altri autori e altri personaggi rilevanti del mondo della cultura. Ecco qui un link utile per una prima conoscenza con il nostro personaggio tramite una strip particolarmente simpatica su Linus.

Ma arriviamo finalmente al motivo del presente articolo. Sì, perché proprio nell’ottica appena indagata Corradi con il numero di marzo 2011 di Linus ha deciso nientemeno che di fare incontrare, nella nuova strip in uscita, il Conte Vlad con la creatura lovecraftiana per eccellenza, il Grande Cthulhu, e per estensione con i vari Grandi Antichi.

Abbiamo avuto, grazie alla cortesia dell’autore, la possibilità di leggere in anteprima le due godibilissime pagine che costituiscono la storia e proprio in virtù di questo privilegio veniamo qui a farne una breve recensione e a esortare quindi senza meno alla lettura.

La storia prende il via con l’arrivo di una lettera al castello di Vlad Tepes. La missiva viene letta dal fido zombiedomus e annuncia la prossima visita del “vecchio amico” del Conte, il Grande Cthulhu insieme alla “combriccola di Innsmouth”. Attraverso i borborigmi del nobile, il servo interpreta appunto la volontà di dover fare i necessari ordinativi per la grande festa che si terrà in occasione dell’evento e provvede prontamente a effettuarli per via telefonica. Si intuisce, grazie al “sigh” intercalato al discorso, che il maggiordomo non è molto convinto circa l’esito futuro e il plausibile successo del party, ma nondimeno fa il suo dovere e obbedisce.

È motivo di notevole divertimento il fatto che i terribili esseri creati da H.P. Lovecraft siano rappresentati in modo molto giocoso e ameno, quasi come un gruppetto di festaioli amiconi. Così pure ha un tono molto comico che il menu del ricevimento preveda esplicitamente la curiosa miscela di “mucche e champagne”. Il lettore lovecraftiano non potrà non cogliere il riferimento alla dieta della progenie di Yog Sothoth (qui non presente peraltro) in “The Dunwich Horror", consistente appunto in quantità inenarrabili di sangue di mucca, per ottenere il quale i perversi Whateley acquistano mandrie su mandrie fra la sbigottita e inquieta perplessità generale degli abitanti del decaduto villaggio. Il motivo lovecraftiano, perciò, viene qui generalizzato e diviene fonte di ilarità pensare agli abominevoli Antichi che pasteggiano raffinatamente a bovini – ovviamente crudi – e champagne.

Alberto Corradi, Il Conte Vlad e il Grande CthulhuEcco, dopo un’opportuna ellissi sull’attesa degli ospiti, la vignetta che “fotografa” il momento (si noti anche la presenza delle tipiche accozzaglie fonetiche “fhtagn” – la quale viene assimilata a una sorta di verso di Cthulhu come già nel famoso The Unspeakable Vault (of Doom) – e “teke li-li”, associata allo shoggoth e, come ognun sa, di derivazione poesca).

La seconda tavola vede l’intensificarsi a livelli parossistici della vitalità della festa, di fronte a un sempre più esterrefatto zombiedomus (le abominevoli nefandezze che accadono – lo possiamo immaginare lavorando un minimo di fantasia e pensando al tipo di consesso di fronte al quale ci troviamo – ci vengono, però, risparmiate e rimangono fuori scena); il servitore, peraltro, si ritrova a dover annunciare al padrone l’arrivo di un ospite a sorpresa, addirittura nella persona (?) del sommo Azatoth. Come tutti ricorderanno, Azatoth è la più cieca, abominevole, oscura delle “divinità” lovecraftiane, e nell’universo dell’autore di Providence costituisce per così dire la medesima incarnazione del Caos dell’esistenza. In altre parole: una divinità dalla tenebrosa e folle potenza distruttrice, implacabile. Niente di cui stupirsi se il servitore è giustamente sempre più preoccupato ed esterrefatto…

Alberto Corradi, Il Conte Vlad e il Grande CthulhuTanto più che, ad aggravare la situazione, si aggiunge il fatto che pare che le dotazioni per la festa stiano definitivamente per scarseggiare, come lo stesso zombiedomus ci informa con la battuta fulminante che chiude la storia e che non si citerà certo ora per evitare di rovinare il gusto della lettura ai futuri lettori; se non rimarcando il fatto che anche questa battuta costituisce un sapidissimo wit, un gioco di parole e concettuale che si scoprirà relativo all’essenza stessa dell’universo creato dallo scrittore americano, con uno scherzo fondato su un aspetto frequentissimo dei suoi racconti ma rivisitato e posizionato in chiave decisamente umoristica.

La breve storiellina termina con l’immancabile citazione dall’opera lovecraftiana racchiusa in un cartiglio e – mentre Azatoth minaccia ormai in modo preoccupante il castello del povero Vlad – ci congediamo da questo gustoso incontro fra i personaggi. Rielaborati dalla fantasia di Alberto Corradi, ma pur sempre in fondo in fondo fedeli alla loro fisionomia descrittiva originaria (Stoker e il cinema da un lato, HPL dall’altro), esilaranti nella loro caratterizzazione grafica e coloristica, brillanti nella sceneggiatura delle rispettive battute (se pure di “battute” si può parlare nel caso delle modalità espressive dei personaggi presenti), confidiamo allora in altre divertenti incursioni di Alberto Corradi e de “Il Conte Vlad” nel mondo lovecraftiano, incursioni che – a mo’ di secondo round – potrebbero magari verificarsi in un futuro a venire.

Alberto Corradi, Il Conte Vlad e il Grande CthulhuRiproponendoci nel frattempo di stare sempre particolarmente attenti, anche noi, a quali vecchi amici (e soprattutto a Quanto Vecchi, o per meglio dire Antichi…) si potrebbero presentare alle nostre feste.

Umberto Sisia

sabato 9 aprile 2011

Lovecraft eZine: narrativa lovecraftiana online

Lovecraft eZine, copertinaUn magazine mensile e gratuito di narrativa breve interamente dedicata all’orrore lovecraftiano: questa è Lovecraft eZine, rivista online americana curata da Mike Davis con Bruce L. Priddy che dallo scorso febbraio, puntuale in rete ai primi di ogni mese, presenta racconti originali di nuovi e consolidati autori nello spirito e nella tradizione weird horror di H.P. Lovecraft.

Giunta al terzo numero con la proposta di autentici veterani del genere come Wilum H. Pugmire e Joseph S. Pulver, alla e-zine si affiancano le pagine informative di un blog tematico aggiornato diverse volte a settimana.

Questi i titoli al completo sinora pubblicati e singolarmente accessibili sul sito:

Issue #1 – February 2011
Sledding and Starlings – Bruce L. Priddy
Rickman’s Plasma – William Meikle
The Brown Tower – John Prescott
The Crane Horror – Bruce Durham

Issue #2 – March 2011
Some Distant Baying Sound – W.H. Pugmire
A Different Morecambe – Simon Kurt Unsworth
False Light – Adrian Chamberlin
Allure – Josh Wagner

Issue #3 – April 2011
Cockroaches – Amanda Underwood
A Meeting on the Trail To Hot Iron – Joseph S. Pulver
Things We Are Not – Brandon H. Bell
Descent Into Shadow and Light – W.H. Pugmire
The Slickens – Jeremy Russell
The Town of Autumn: Chapter 1 – Mike Davis

Il tutto all'indirizzo di Lovecraft eZine. A Free Online Magazine Featuring Lovecraftian Horror.

Andrea Bonazzi

giovedì 7 aprile 2011

Il vampiro. Storia vera

Il vampiro. Storia vera, 2011, copertina“Recatosi a Monaco per superare un grave lutto, uno scrittore trova conforto nell’amicizia del conte Alfredo Kostia, giovane aristocratico polacco, che lo accoglie nella sua villa. L’artista scopre nel nuovo amico un animo sensibile e malinconico, e, soprattutto, un tragico segreto collegato a un misterioso quadro raffigurante una biancovestita Ofelia. Durante una gita, Kostia rimane profondamente turbato alla vista di una donna bellissima e inizia a correre come un forsennato. Come racconta allo scrittore, si tratta proprio della modella del quadro, la donna da lui amata un tempo. Pia Ludowiska, però, è morta dieci anni prima tra le sue braccia, e il conte è convinto che sia diventata una vampira. La sua idea si rafforza quando, all’esumazione del corpo, nella bara vengono rinvenuti solo un anello d’oro con un rubino e un medaglione con ritratto. In una realtà popolata di ombre e spettri, sullo sfondo delle sontuose ville e degli stupendi paesaggi monegaschi, di boschi siberiani, di castelli lituani e palazzi imperiali, Franco Mistrali racconta magistralmente una vicenda fitta di intrighi, complotti, vendette, attentati, tradimenti, fughe rocambolesche, rapimenti, languori sentimentali, passioni travolgenti, tragici amori”.

Primo romanzo italiano in tema, pubblicato a Bologna nel 1869, Il vampiro. Storia vera di Franco Mistrali si rende finalmente disponibile a un più ampio pubblico grazie alla recente edizione curata e annotata da Antonio Daniele per la Keres Edizioni di Mercogliano (AV), prima pubblicazione di una nuova casa editrice specializzata dedicata al mondo dei vampiri in collaborazione con lo staff del portale web Il Catafalco.

Il vampiro letterario e romantico sul modello di Polidori e Byron già si aggirava fra le pagine e i palcoscenici d’Italia, benché in forma ancor parodica con la commedia Il vampiro di Angelo Brofferio stampata a Torino nel 1835 (rist. Umberto Allemandi & C., Moncalieri, 1992). A farne l’elemento fantastico e centrale di un romanzo, ancor prima dei ben più noti classici di lingua inglese, fu qualche decennio più tardi il barone parmense Luigi Francesco Corrado [Franco] Mistrali (1833-1880), giornalista e scrittore risorgimentale, spirito razionalista e anticlericale affascinato tuttavia dalle correnti allora popolari dello spiritismo e dell’occulto, autore di romanzi storici ma anche di una raccolta intitolata I racconti del diavolo. Storia della paura, pubblicata a Milano nel 1861.

Franco Mistrali, foto“«Eppure il sangue ha la sua ebbrezza come il vino». Avrebbe potuto dirlo il conte Dracula di Bram Stoker (1847-1912). Invece, trent’anni esatti prima del Dracula di Stoker e in anticipo di un triennio anche sulla Carmilla di Sheridan LeFanu (1814-1873), che presenta il primo vampiro al femminile, pronuncia queste parole la vampira principessa Metella di Schonenberg, creata da un romanziere italiano,” scrive Massimo Introvigne nel suo intervento su Avvenire del 9 marzo scorso, consultabile presso www.cesnur.org.

E ancora: “Questo libro dimenticato […] presenta qualche consonanza sia con Carmilla sia con Dracula, anche se «vampiri» nel racconto sono sia i membri di una setta politica russa sia i veri bevitori di sangue, i cui misteri non sono svelati neppure alla fine del testo. Nonostante l’intervento di un detective francese che corrisponde a sua volta al gusto nascente per il genere poliziesco, il dubbio su che cosa sia veramente Metella alla fine resta. Mistrali indulge al gusto romantico per gli intrighi di famiglia, per quelli amorosi – tra feste a base di «sciampagna» nel Principato di Monaco – e anche politici, nella Russia degli zar e dei terroristi. Ma di vampiri si parla, per la prima volta con questa ampiezza in Europa, e forse il testo può essere più apprezzato da un lettore di oggi, che con la letteratura del vampiro ha acquistato ampia familiarità e comprende al volo certe allusioni. Questo primato italiano nella letteratura di vampiri mostra peraltro solo che certi temi erano nell’aria: non è probabile che Stoker o LeFanu abbiano mai sentito parlare di Mistrali”.

scarica l'anteprima PDF, iconaIn copertina, a richiamare il quadro nel romanzo, la Testa di Ofelia pazza (1865) di Michele Rapisardi. Ordini e ampie informazioni sul volume, l’opera e l’autore presso le pagine web di Keres Edizioni, dalle quali è possibile scaricare i primi due capitoli del libro in una anteprima di 12 pagine formato PDF (110 Kb). Qui a seguito, il booktrailer.

Il vampiro. Storia vera
Franco Mistrali
collana Il labirinto delle lamie, Keres Edizioni, 2011
brossura, 240 pagine, €13.00
ISBN 9788897231011



Andrea Bonazzi

martedì 5 aprile 2011

Berlinde De Bruyckere, devianti sculture d’inquietudine

Berlinde De Bruyckere, Marthe, 2008
Berlinde De Bruyckere, In Doubt, 2007-2008
Berlinde De Bruyckere, Takman, 2008
Berlinde De Bruyckere, Romeu 'my deer' III, 2010
Berlinde De Bruyckere, Romeu, 2010, 2010
Berlinde De Bruyckere, Jelle Luipaard, 2004

Berlinde De Bruyckere vive e lavora a Gand, in Belgio, dove è nata nel 1964. Specialmente dall’ultimo decennio i suoi mezzi espressivi si affidano principalmente alla scultura, in opere composte dei più vari materiali – tessuti; crini e pelli equine; legni, resine e cere su strutture metalliche – spesso incarnate in distorte, mostruose mutazioni. Deformi figure animali o umane, agonizzanti in pose da pittura medievale, abbandonate a sé oppure confinate in teche da “camera delle meraviglie”, cieche e contorte aberrazioni ravvolte su sé stesse come in muto grido senza volto.

Lontani dall’illustrazione e dall’arte fantastica “di genere” finora proposti in questa sede, i suoi soggetti surreali abbracciano profondi temi d’inquietudine, alienazione, solitudini, non di rado fino alla rappresentazione di un fascinoso orrore: la vista terribile da cui lo sguardo tuttavia non si distoglie, come forse in un oscuro specchio nel quale riconoscersi trasfigurati. Il mostro, l’Outsider lovecraftiano, in fondo siamo noi.

Gallerie principali dell'artista: Hauser & Wirth Gallery; The Saatchi Gallery.

Andrea Bonazzi

domenica 3 aprile 2011

Lukundoo e altre storie di Edward Lucas White

Lukundoo e altre storie, 2011, copertinaDopo una breve pausa dovuta a motivi “tecnici”, la Dagon Press riapre i battenti e annuncia che sono formalmente aperte le richieste per Lukundoo e altre storie di Edward Lucas White, volume che già si preannuncia come un evento nella storia editoriale italiana legata al fantastico. In oltre 400 pagine sono state raccolte, in versione integrale, tutte le migliori storie horror, fantastiche e “strane” dello scrittore, tradotte per la prima volta nel nostro paese per le cure di uno specialista come Bernardo Cicchetti. Chi ama la buona letteratura fantastica, i grandi classici dell’orrore letterario, non può lasciarsi sfuggire questo volume.

Edward Lucas White (1866-1934), scrittore americano, fu professore di latino e greco e autore di romanzi di ambientazione storica. Oggi però è famoso, e giustamente ricordato, per essere l’autore di uno dei racconti più impressionanti della letteratura soprannaturale: “Lukundoo”, il cui protagonista è vittima di un raccapricciante maleficio operato da uno stregone africano. Il suo climax orrorifico lascia letteralmente pietrificati, e la sua particolarità è che la storia in questione lo scrittore la sognò. Letteralmente.

Ma oltre a questo gioiello del macabro, E.L. White ha scritto tutta una serie di memorabili racconti fantastici e orrorifici che prendono corpo dai suoi incubi, e che non sono da meno in quanto a senso di inquietudine e alienità che riescono a trasmettere, qualità che lo fanno annoverare tra i grandi Maestri dimenticati del genere. Lo stesso H.P. Lovecraft lo considerava uno degli scrittori più rappresentativi dell’horror del ’900, e di lui ha scritto, in Supernatural Horror in Literature, che “[…] White sa conferire ai suoi racconti un pregio molto singolare: una sorta di fascino subdolo che possiede una sua peculiare capacità di convincere”.

La grossa raccolta che pubblichiamo in esclusiva (un vanto nel percorso editoriale della piccola ma agguerrita Dagon Press) raccoglie in maniera ragionata e pressoché completa, in traduzioni nuove e integrali, i migliori racconti della produzione fantastica di White, dei capolavori assoluti nel genere weird come “Il Muso”, “La Casa dell’Incubo”, o “Amina”, e comprende l’intera antologia originale Lukundoo and other stories (1927), più un’ampia scelta dei racconti più belli e significativi delle raccolte successive dell’autore, The Song of the Sirens and other stories (1934) e Sesta and other strange tales (2001). Il tutto corredato da disegni e illustrazioni d’epoca, foto rare dello scrittore, e documenti che ne inquadrano la vita e l’opera, comprese le rarissime Introduzione e Postfazione dello stesso White alle prime due suddette raccolte.

Il libro si presenta quindi come l’antologia “definitiva” di un vero classico della letteratura nera e fantastica, raccogliendo il meglio di un autore che fino ad ora è stato stranamente e – diciamolo pure – criminalmente ignorato in Italia.

Sebbene la sua fama di scrittore resti legata soprattutto ai racconti horror più tradizionali, White – scrive Andrea Jarok nella bio-bibliografia posta in appendice al libro – “si pone in quella scia di autori, da Walter de la Mare fino a Robert Aickman, in cui il fantastico è rappresentato più da una situazione psicologica irrisolta, attraverso la quale l’essere umano, reso più debole, riesce ad accedere a nuove e a volte terrificanti realtà”. È questo il caso, per esempio, delle mostruose trasformazioni (prima psicologiche e poi fisiche) di racconti come “Canea”, “Il Muso”, o “Sesta” dove si assiste, nel contesto di una storia di pirati alla Robinson Crusoe, a una terrificante metamorfosi lovecraftiana che lascia completamente spiazzati.

Ma nell’insieme dell’antologia trovano posto anche le più classiche ghost stories (“Il Messaggio sulla Lavagna”, “Gertrude”, “La Cintura”), contes crueles (“La Pantera Maculata”) e perfino fantasie storiche che, per stile e atmosfera, ricordano i racconti di Robert E. Howard (“Disvola”, “La Spada di Flocki”). Non c’è genere nel campo del racconto soprannaturale e fantastico in cui l’autore non si sia cimentato, e la forza della sua prosa, resa eccellente dall’esposizione precisa dei fatti, dall’accuratezza e dall’accumulo dei dettagli, si rende evidente in storie ingegnose e sottilmente inquietanti come “Il Canto delle Sirene”, una disturbante rivisitazione del mito Omerico, o “L’Isola Stregata”, dove l’aspetto onirico e quello fantastico si uniscono in un’atmosfera rarefatta che richiama il mondo allucinato di una serie televisiva di culto come Il Prigioniero. Ci sono poi le storie assolutamente inclassificabili, in cui le situazioni più strane e bizzarre, in genere legate alla psicologia deviata, ma anche devastata (e devastante) dei personaggi la fanno da padrone. È il caso di racconti come “Il Rantolo della Morte”, o “Il Puzzle”. Un campionario d’incubi, dunque, degno di un Poe o di un Lovecraft.

Quelli di White sono racconti che sempre, e in ogni caso, “rinviano a un oltre, a realtà parallele dove coerenza non è una parola pertinente” (Cicchetti). È noto che l’autore scrisse quasi tutte le sue storie sotto l’effetto dei sogni, o meglio degli incubi, terrificanti e vividi, che ne affliggevano le notti; la sua era una sorta di scrittura automatica, quasi inconscia, come quella dettata dai medium, perché White scriveva subito dopo sveglio come fosse in trance. Una caratteristica, questa, che lo accomuna vieppiù ad H.P. Lovecraft, altro grande creatore d’incubi. E al pari di quelle del Maestro di Providence le sue storie sono potenti, fantastiche e strane; in esse i personaggi e gli ambienti sono calati in atmosfere allucinate e irreali.

Anche un critico acuto come S.T. Joshi ha riconosciuto a White queste qualità, quasi magiche, di scrittura, dedicandogli un articolo elogiativo in cui afferma che “Edward Lucas White ci ha lasciato un piccolo ma significativo corpus di storie fantastiche, che troppo a lungo hanno aspettato per trovare una nuova generazione di lettori che le sappiano apprezzare” (cfr. “E.L. White: Dream and Reality”, in The Evolution of the Weird Tale, Hippocampus Press, New York, 2001, p. 45).

È quindi un volume di grande impegno e valore quello che pubblichiamo, un vero must per studiosi, cultori o semplici appassionati della migliore letteratura fantastica. Un libro destinato sicuramente a diventare un prezioso oggetto di culto, e che resterà negli annali delle pubblicazioni dedicate alla letteratura di genere in Italia.

Data la sua natura specialistica e anticommerciale, Lukundoo e altre storie di Edward Lucas White viene pubblicato a tiratura controllata e limitata (solo 100 copie numerate), con possibilità di acquisto diretto mediante versamento su PostePay n. 4023600464559329 (intestatario: Pietro Guarriello), oppure con bonifico bancario (dati a richiesta). Il volume ha un costo di 35 Euro + spese di spedizione (4 Euro), e l’invio avverrà con la sicurezza della posta raccomandata. Dopo il versamento, occorre inviare una email di conferma all’indirizzo di redazione studilovecraft@yahoo.it circa l’avvenuto pagamento, indicando qui un indirizzo postale per il recapito.

Importante: Il volume viene venduto con il metodo della prevendita (scontato del 10%), e gli ordini devono necessariamente pervenire entro il 30 aprile 2011. Una volta chiuse le prenotazioni, le copie saranno stampate e spedite ai richiedenti, che le riceveranno entro un paio di settimane. Saranno quindi stampate tante copie quanti saranno gli ordini pervenuti (fino a un massimo di 100 copie). Dopo la data suddetta del 30 aprile, se resteranno copie invendute il prezzo del libro salirà a 39 Euro + spese di spedizione; ma resta chiaro che al raggiungimento delle 100 copie il libro non sarà più disponibile.

Ricordiamo infine che, per quest’occasione “speciale”, il volume viene stampato in edizione rilegata e non in brossura, come i precedenti, e quindi avrà una solida copertina (che “invecchiata” ad arte riproduce esattamente, a parte il titolo in Italiano, quella originale del 1927) e sovracopertina antipolvere. Questa sua esclusività, e la stampa limitata (oltre alla bellezza intrinseca dell’oggetto in sé) determineranno il futuro valore del libro, destinato col tempo a diventare un ambìto volume da collezione.

Info: studilovecraftiani.blogspot.com. Per ulteriori chiarimenti potete scrivere alla email di redazione studilovecraft@yahoo.it.

Pietro Guarriello

venerdì 1 aprile 2011

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft, 2007, copertina“Una appassionante selezione dall’epistolario e dalle più recondite testimonianze: tutta la verità sui conti e le spese dal droghiere, i ricambi e la manutenzione di sartoria, il riciclo di ogni pezzo di carta e l’eterno dispendio in francobolli. In appendice, spesa e vicissitudini presso i negozi di New York per sostituire gli abiti rubati. Una vita al risparmio, fino all’ultimo cent!”

Imminente ristampa, a quanto pare, per un titolo fra i più alimentari e indispensabili nel sempre più ampio panorama della saggistica su H.P. Lovecraft.

Apparso nel 2007 per i bei tipi delle Edizioni Stiqaatsi, Le liste della spesa di H.P. Lovecraft non asseconda di certo alcuna speculazione commerciale sul nome dello scrittore americano, piuttosto esplorandone una delle poche aree trascurate – o mai sfruttate a dovere – dall’altrimenti documentatissima ricerca lovecraftiana. Uno dei meno sondati e pur non meno influenti aspetti nel quotidiano della sua bio-bibliografia: far quadrare i conti.

Informazioni sul volume presso la pagina dedicata nel canale web librario de La Tela Nera.

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft
a cura di Andrea Bonazzi
collana Saggi, Edizioni Stiqaatsi, 2007
brossura, 120 pagine, €8.00
ISBN 9788889084038



Nota supplementare:

La data di pubblicazione del post non può davvero passare inosservata, e il titolo qui “presentato” è pure cosa vecchia. Pochi secondi di sospensione dell’incredulità sarebbero già un gran risultato… anche se, vi assicuro, qualcuno anni fa incluse questo libro fra le novità editoriali nell’articolo di un noto portale horror italiano, rimediando solo dietro mia rettifica.

“Qualunque cosa, purché ci sia Lovecraft in copertina”. Eppure, l’idea di arrivare a pubblicare persino i suoi conti del droghiere non sarebbe in fondo neanche troppo assurda. Volendo compilare un qualcosa del genere, il materiale nemmeno occorre inventarselo: basta andare a frugare tra le migliaia di pagine dell’epistolario.

In particolare, una sorta di “lista delle spesa” c’è davvero in una lettera del 20 dicembre 1936 scritta a Jonquil Stephens, la prima moglie di Fritz Leiber. Sia lei che il marito corrisposero con Howard Phillips Lovecraft nel corso dei suoi ultimi sei mesi di vita, e proprio Jonquil si dimostrò preoccupata per la salute del gentiluomo di Providence e l’estrema povertà della sua dieta.

La risposta di Lovecraft si trova nella parte centrale della lettera, tratta da Selected Letters vol. V, 1934-1937, Arkham House, 1976 (n. 912, pag. 379), ancora inedita in Italia:

“Parlando di questioni economico-industriali — mi lasci assicurarle che un programma dietetico da 2 o 3 dollari a settimana non implica nemmeno una particola di malnutrizione o sgradevolezza al palato, sempre che uno sappia che cosa prendere e dove procurarselo. Le scatolette e i delicatessen celano possibilità meravigliose! Porridge? Mehercule! Al contrario, i miei gusti reclamano i più piccanti e speziati ingredienti concepibili, e dessert che siano prossimi quanto possibile al 100% di C12H22O11. In effetti, di quest’ultimo articolo non ne consumo mai meno di quattro cucchiaini in una normale tazza di caffè. Pietanze preferite — spaghetti italiani, chili con carne, goulash ungherese (salvo quando posso avere carne bianca di tacchino in salsa piccante). Se questo è ascetismo, sfruttiamolo a pieno! Quanto agli elementi di spesa — per cominciare, mangio due volte sole al giorno per scelta… o piuttosto, per opportunità digestiva. Avevo adottato tale programma di due pasti molto prima di dover fare economia. Il resto è meramente questione di giudizio e lungi da una scelta di auto-privazione. Andiamo a investigare le razioni di una giornata tipica.

(a) Colazione (che io la mangi prima o dopo essermi ritirato, dipende se mi ritiro alle 2 a.m. o alle 9 a.m. o in qualche altra ora. Il mio programma di sonno e veglia è molto flessibile.)
    Ciambella dello Weyhasset Pure Food Market . . . 0.015
    Formaggio York State Medium (per amor delle cifre tonde) . . . 0.060
    Caffé + latte condensato Challenge Brand + C12H22O11 . . . 0.025
    ___________________
    Totale Colazione . . . 0.100

(b) Cena (che ha luogo vagamente tra le 6 e le 9 o 10 p.m.)
    1 scatoletta Rath di chili con carne * . . . 0.100
    2 fette di pane Bon Bread . . . 0.025
    Caffè (con accessori come sopra) . . . 0.025
    Fetta di torta oppure quarto (od ottavo) di crostata . . . 0.050
    ___________________
    Totale Cena . . . 0.200
    ___________________
    Totale Complessivo per Giorno Intero . . . 0.30
    7
    ___________________
    Totale Medio per Settimana . . . 2.10

( * oppure pasticcio di manzo in scatola Armour o fagioli pronti dal delic., o salsiccia di Francoforte Armour o spaghetti con polpette di carne Boiardi, o chop suey dal delicatessen o zuppa di verdure Campbell, etc., etc., etc. )

Talvolta, ovviamente, ci sono esorbitanti aggiunte — come frutta a colazione, o formaggio e torta a cena, oppure una barretta di cioccolato o un gelato fuori orario, o una pietanza di carne che costi più di 10 centesimi, o altri sibaritici lussi. Ma perfino le più luculliane indulgenze raramente toccano un settimanale di 3 dollari. E di questo il Vecchio ancora vive — in un discreto vigore e stato di salute! Abbastanza stranamente, ero un semi-invalido nei vecchi giorni quando non facevo economia. Porridge? Non per il Nonno!......”


A titolo di nota, facendo finta che già tutti lo sapessimo: “Mehercule!” è un’esclamazione volgare latina; con delicatessen s’intendono anche i cibi pronti del negozio; C12H22O11 è formula chimica dello zucchero e il chop suey è un piatto della cucina cinese americana. Il testo integrale della lettera si può leggere in lingua originale sulle pagine di NehwoN, sito web francese dedicato a Fritz Leiber.

Andrea Bonazzi