giovedì 30 giugno 2011

All’ombra dell’Antico Nemico. Racconti del macabro e del fantastico di Giovanni Magherini Graziani

All’ombra dell’Antico Nemico, 2011, copertinaLe rurali storie sovrannaturali e tardo ottocentesce di Giovanni Magherini Graziani tornano disponibili nella nuova raccolta All’ombra dell’Antico Nemico. Racconti del macabro e del fantastico appena pubblicata dalle Edizioni Hypnos, testimonianza ulteriore di una tradizione nazionale fantastica forse troppo relegata “fuor di vista”, ma non poi così del tutto assente dalla nostra letteratura come oramai ci eravamo (quasi) convinti di pensare.

È soprattutto grazie alle antologie tratte da Weird Tales se Magherini Graziani ha trovato una certa riscoperta in Italia, dapprima artificiosamente ritradotto dall’inglese del racconto “Fioraccio” apparso, appunto, sulla rivista americana nell’ottobre del 1934, poi con la stessa storia breve recuperata finalmente nel vivido originale con tutte le sue toscanissime inflessioni del Valdarno, quindi ancora in un esile volumetto del 1990, Il libro del comando, edito da Solfanelli.

Erudito e cultore del patrimonio storico delle proprie terre fra la natia Figline Valdarno, in cui nacque nel 1892, e l’adottiva Città di Castello che lo vide spegnersi nel 1924, autore di testi sulla locale storia ma anche su Masaccio, su Michelangelo e Raffaello, Giovanni Magherini Graziani resta oggi principalmente noto come l’unico italiano a essere apparso sul mitico pulp magazine culla di tanta letteratura di genere, un traguardo in realtà mediato dall’antologia americana Modern Ghosts del 1890, ampliamente saccheggiata da Weird Tales per le traduzioni di autori stranieri in essa contenute.

“«Il fascino che ancora ci pare connoti la narrativa di Magherini-Graziani sta tutto nella sua duplice natura: da un lato, efficace rappresentazione di una realtà agricola ormai inevitabilmente sommersa [...], dall’altro inedito recupero di un interessante e, una volta tanto, autoctono patrimonio di creazioni fantastiche, strettamente connesso, come si è visto, al folclore e all’evoluzione delle forme letterarie dall’oralità alla scrittura e dalla sottomissione all’esigenza religiosa alla fruizione laica dell’incanto della narrazione». Case infestate, spiriti dispettosi, cadaveri inquieti, libri maledetti, specchi magici, zombi vendicatori, streghe, guaritori, esorcisti e, ovunque incombente, l’ombra dell’Antico Nemico... Tra apparizioni e malefici la quieta campagna toscana di fine Ottocento si tinge di nero in una sorprendente raccolta di racconti fantastici”.

Un fantastico italiano che in pieno periodo di Verismo sa far uso d’un soprannaturale di salde radici folkloriche – quelle dei contadini delle rive d’Arno – pur se trattato con gusto e tocco squisitamente personali, concentrato nei racconti della collezione de Il Diavolo: Novelle Valdarnesi (1886) inclusi nella presente raccolta con “Il Diavolo”, “Il Libro del Comando”, “Lo Specchietto”, “La Strega” e “Fioraccio”, cui vanno ad aggiungersi “San Cerbone” e “Leonzio”.

Il volume viene introdotto da Danilo Arrigoni nel suo “Storie di un «Folaio» Toscano” per concludersi, in appendice, con l’introduzione di Henry Cochin alla edizione francese delle Novelle Valdarnesi (J. Magherini-Graziani, Le Diable: Moeur Toscanes, 1886) e una bibliografia dell’autore.

Informazioni presso il sito web dell’editore su www.hypnosweb.com.

All’ombra dell’Antico Nemico. Racconti del macabro e del fantastico
Giovanni Magherini Graziani
collana Impronte, Edizioni Hypnos, 2011
brossura, 176 pagine, €14.90
ISBN9788896952030

Andrea Bonazzi

martedì 28 giugno 2011

Dim-Remembered Stories: il primo studio critico su Robert H. Barlow

Dim-Remembered Stories: A Critical Study of R.H. Barlow, 2011, copertinaL’estate americana porta con sé l’attesa uscita, presso la solita e benemerita Hippocampus Press, del primo vero e importante studio critico su Robert H. Barlow in un saggio scritto in inglese dal nostro Massimo Berruti.

Preceduto da una prefazione di S.T. Joshi, Dim-Remembered Stories: A Critical Study of R.H. Barlow riempie una lacuna nella ricerca e il riconoscimento critico per un autore weird e poeta rimasto troppo nell’ombra della figura letteraria – e del mito personale – dell’amico Howard Phillips Lovecraft, sino ad affermarsi infine in Messico nella carriera di antropologo, un’autorità per la ricerca storica e linguistica nel paese.

Come riporta la nota editoriale, “la vita e l’opera di Robert Hayward Barlow (1918–1951) ha ricevuto pochissima attenzione da parte degli studiosi, che vedono in lui soltanto uno degli accoliti (nonché l'esecutore letterario) del grande autore americano del soprannaturale H.P. Lovecraft. Tuttavia, come dimostra questo lavoro pionieristico dell’esperto italiano Massimo Berruti, Barlow fi uno scrittore in sé distinto, autore di decine d’interessanti storie brevi horror e fantastiche e di alcuni volumi di poesia intellettualmente stimolanti. Berruti intraprende una vera e propria analisi strutturalista delle opere di Barlow, studiandone temi centrali quali il cosmicismo, il tempo, la natura e l’ironia, sottoponendo a penetrante analisi noti racconti come «A Dim-Remembered Story» e «The Night Ocean» per concludere il suo studio con perspicaci osservazioni su Barlow quale poeta in verso libero”.

Massimo Berruti insegna Semiotica della Narrativa e Semiotica Interpretativa presso l’Università di Helsinki, in Finlandia. Autore di saggi e articoli letterari e lovecraftiani apparsi su pubblicazioni come Lovecraft Studies, Studies in Fantasy Literature, Studi Lovecraftiani e Semiotica, ha pure tradotto diversi testi narrativi e di critica letteraria. Sue, per esempio, le versioni italiane di Lovecraft ne Il guardiano dei sogni (Bompiani, 2007) e nella selezione epistolare de L'orrore della realtà. La visione del mondo del rinnovatore della letteratura fantastica. Lettere 1915-1937 (Ed. Mediterranee, 2007).

Informazioni sul volume presso la pagina dedicata sul sito web dell’editore.

Dim-Remembered Stories: A Critical Study of R. H. Barlow
Massimo Berruti
Hippocampus Press, 2011
brossura, 400 pagine, $20.00
ISBN 9780984638635

Andrea Bonazzi

domenica 26 giugno 2011

Martin H. Greenberg, 1941-2011: scompare uno dei più noti antologisti del fantastico

Martin H. Greenberg, foto“L’editor Martin H. Greenberg (1941) è morto il 25 giugno scorso dopo una lunga battaglia contro il cancro. Greenberg ha lavorato per decenni come antologista, compilatore e curatore pubblicando antologie in collaborazione con decine di altri autori e colleghi fra i quali Isaac Asimov, Robert Silverberg, Esther Friesner, Gregory Benford, Jane Yolen, Mike Resnick e molti altri. Greenberg ha ricevuto il Prometheus Award nel 2005 ed è stato uno dei primi a ricevere il Solstice Award, nel 2009”.

Questo, reso in italiano, il primo comunicato diffuso dalle pagine web di SF Site. Premiato pure nell’ambito dell’horror nel 2003 con il Bram Stoker Award per la carriera, il settantenne americano Martin H. Greenberg – l’aggiunta dell’iniziale del secondo nome, Harry, nella firma gli venne suggerito per non confondersi con l’omonimo Martin Greenberg editore della Gnome Press – era ben noto anche in Italia per le innumerevoli antologie di genere curate fra il 1974 e il 2010, ben 127 insieme a Isaac Asimov ma anche con Charles G. Waugh e tanti altri nomi oltre a quelli citati in precedenza.

Gli amanti del weird horror ricorderanno fra i molti suoi volumi Lovecraft’s Legacy. A Centennial Celebration of H.P. Lovecraft, omaggio lovecraftiano curato insieme a Robert E. Weinberg nel 1990.

Collegamenti:
Obituary: Martin H. Greenberg su SF Site News.
Bibliografia su The Internet Speculative Fiction Database.

Andrea Bonazzi

sabato 25 giugno 2011

Altrimondi per IF – Insolito e Fantastico #6

Altrimondi. IF – Insolito e Fantastico #6, 2011, copertinaDisponibile Altrimondi, la sesta uscita di IF – Insolito e Fantastico, trimestrale di letteratura, cinema, arte e musica a esplorazione dei generi del fantastico, della fantascienza e del weird horror fino al giallo e il noir, pubblicato per le Edizioni Tabula Fati a cura di Carlo Bordoni che in questo numero fantascientifico ci ripropone la propria postfazione a Lotteria dello spazio di Philip K. Dick, mentre il romanzo Solaris di Stanislaw Lem è soggetto di analisi per Riccardo Gramantieri. Di Robert Sheckley, invece, si occupa Giuseppe Panella, con Renato Pestriniero e Annamaria Fassio a scrivere rispettivamente su Clifford D. Simak e Jack Vance, in un’ampia sezione di saggi che comprende scritti di Gianfranco de Turris su J.R.R. Tolkien, di Carlo Menzinger sui dinosauri e di Claudio Asciuti con un prezioso testo su Jorge Luis Borges quale creatore di “altri mondi”.

La parte narrativa presenta storie di Vincenzo Bosica, Giuseppe Magnarapa, Giuseppe Picciariello, Pierluigi Larotonda e Andrea Coco oltre allo scrittore uruguayano Ramiro Sanchiz, per quindi concludere sugli interventi e le recensioni con Walter Catalano a proposito “Del sublime immondo”, Maurizio Landini sulla fantascienza militare e, infine, l’intervista a Maurizio Cometto da parte di Renzo Montagnoli. In copertina, una splendida illustrazione di Franco Brambilla con una tavola per Delany City.

Nel frattempo, già si preannuncia in prospettiva un prossimo numero 7 dedicato al tema delle Distopie, arricchendosi della presenza di Romolo Runcini con un saggio su Aldous Huxley, un inedito di Bordoni su Margaret Atwood, un’intervista a Douglas Preston e ancora saggistica di Asciuti, de Turris, Gramantieri, Panella e Domenico Gallo.

La rivista è distribuita in abbonamento postale, o in alcune librerie fiduciarie indicate sulla pagina ufficiale di IF – Insolito e Fantastico, cui rimandiamo per ogni approfondimento. La campagna abbonamenti a IF per il 2011 è in corso a soli 30.00 Euro per quattro numeri. A chi sottoscrive o rinnova l’abbonamento è riservata una copia omaggio del romanzo In nome del padre di Carlo Bordoni (Baroni Editore, 2001). Per informazioni e richieste: rivistaif@yahoo.it.

Altrimondi
IF – Insolito e Fantastico #6
a cura di Carlo Bordoni
Edizioni Tabula Fati, 2011
brossura, illustrazioni in b/n, 128 pagine, €8.00

Andrea Bonazzi

giovedì 23 giugno 2011

Un Alfred Kubin “lovecraftiano”?

Dipinto di Alfred Kubin
Dipinto di Alfred Kubin
Dipinto di Alfred Kubin
Dipinto di Alfred Kubin

Ha illustrato il fantastico di Edgar Allan Poe ed E.T.A Hoffman, ma è alquanto improbabile che Alfred Kubin abbia mai avuto un pur tardivo accesso alla narrativa – allora pulp – di H.P. Lovecraft. Eppure, alcuni lavori figurativi del simbolista ed espressionista boemo parrebbero a volte quasi richiamare temi e atmosfere in comune con la più classica illustrazione lovecraftiana, fra i potenziali modelli di Pickman ben noti nel suo tratto grafico e alcune strane forme tentacolari, figure marine e proteiformi come gli esempi a olio e guazzo proposti in questa pagina... nonostante precedano anche di decenni gli scritti di HPL. Altrettanto improbabile che Lovecraft conoscesse l'opera, tantomeno quella pittorica, di Kubin, mai nemmeno nominato nei cinque volumi di Selected Letters.

Alfred Leopold Isidor Kubin (1877-1959) non dovrebbe aver bisogno di presentazioni nell’ambito dell’arte e della letteratura fantastica, autore fra l’altro del cupo e vagamente kafkiano L’altra parte. Un romanzo fantastico (Die andere Seite. Ein phantasticher Roman, 1909). Il suo autobiografico Demoni e visioni notturne è un libro da tempo in attesa di ulteriore ristampa in italiano.

Fra le numerose gallerie online, il sito principale in tedesco www.alfred-kubin.com, l’ampia selezione di tavole fantastiche su Monster Brains e le pagine dedicate in Art of the Beautiful~Grotesque.

Andrea Bonazzi

martedì 21 giugno 2011

Lovecraft e le ombre nei ricordi di Frank Belknap Long

Lovecraft e le ombre, 2011, copertinaEsce per il marchio editoriale di Profondo Rosso Lovecraft e le ombre, versione italiana del volume H.P. Lovecraft: Dreamer on the Nightside di Frank Belknap Long, scritto nel 1975 in memoria dell’amico Howard Phillips Lovecraft. Suoi singoli capitoli erano apparsi già fra il 2007 e il 2009 sulle pagine bimestrali di Mystero, materiale finalmente riunito nella sua versione integrale per la traduzione di Nicola Lombardi che pure firma l’introduzione del volume.

Il libro fu scritto in fretta e furia e pubblicato presso l’Arkham House come risposta all’uscita, solamente pochi mesi prima, del volume Lovecraft: a Biography, prima biografia di HPL scritta da un Lyon Sprague De Camp accusato di applicare scarsa obbiettività e simpatia personale, oltre a impietosi giudizi professionali, verso lo scomparso scrittore del New England. Long ne lesse in anticipo le bozze e decise di dare una risposta che rispecchiasse maggiormente la figura personale del gentiluomo di Providence.

Composto come una frettolosa e disordinata sequenza di non sempre precisi ricordi personali, Dreamer on the Nightside presenta tutti i difetti e pure gli innegabili pregi di un’opera del genere, dispersiva e priva del rigore sistematico di un saggio vero e proprio nella sua pretesa di confutare il ritratto proposto da De Camp, ma vivida nelle dirette memorie di un lungo e intimo rapporto di amicizia, pur se attraverso i filtri dell’età e della distanza temporale.

Nonostante le ovvie carenze strutturali, delle quali Long è peraltro consapevole, il saggio possiede un indubbio interesse per quanto riguarda il lato umano del maestro di Providence, costituendo, come rimarca ancora l’autore nella sua Introduzione, l’omaggio di una persona affezionata che ha intrattenuto con Lovecraft un rapporto di amicizia durato dodici anni, fatto di scambi di opinioni, lettere, condivisione di interessi e di conoscenze.

H.P. Lovecraft: Dreamer on the Nightside, 1975, copertinaSi citano personaggi importanti sia per Lovecraft che per Long, come W. Paul Cook considerato dal primo come [...] luce brillante fra i giornalisti amatoriali”, editore fra l’altro della prima raccolta di poesie di Belknap Long A Man from Genoa. Come si fa affettuosa menzione di personaggi quali Zealia Bishop i cui racconti, come “The Mound” (“Il tumulo”), furono “revisionati” da Lovecraft, scrittrice descritta da Long come [...] una donna di grande fascino, e di eccezionale bellezza”, per citarne solo alcuni. Nomi che all’interno di una biografia sistematica occuperebbero solo un posto di contorno.

D’altronde, come conclude Frank Belknap Long in sede introduttiva a proposito di una ideale descrizione “pittorica” dell’amico e maestro: “non ho compiuto deliberatamente alcuno sforzo, poi, per evitare che alcune delle seguenti pagine apparissero per quello che un pittore post-impressionista potrebbe pensare sia il modo migliore di rappresentare HPL, se non altro per il fatto che nessuna scuola pittorica precedente avrebbe saputo rendere giustizia alla sua tenebrosa genialità”.

L’edizione italiana si presenta per la cura di Luigi Cozzi riccamente illustrata in bianco e nero, con diverse fotografie e riproduzioni oltre a numerose illustrazioni nel testo (non sempre correttamente segnalate), dalle quattro tavole fra dipinti e incisioni di Francisco Goya ai disegni di Charlie McGill, Hannes Bok, Lawrence Sterne Stevens e Dan Adkins, fino alle sei elaborazioni fotografiche lovecraftiane di Andrea Bonazzi. In conclusione, una nota biografica sullo scrittore newyorkese scomparso nel 1994.

Informazioni presso la pagina web dell’editore.

Lovecraft e le ombre
Frank Belknap Long
Orizzonti del fantastico, Profondo Rosso, 2011
brossura, illustrazioni in b/n, 224 pagine, €24.00
ISBN 9788895294445

Mariano D’Anza

domenica 19 giugno 2011

Bram Stoker Awards 2010: premi per Peter Straub, Stephen King e Joe Lansdale

Il premio Bram Stoker, fotoAssegnati ieri sera – in diretta streaming per chi ne abbia seguito la cerimonia dalla Rete – i Bram Stoker Awards per il 2010, premi di categoria votati dal complesso degli iscritti alla Horror Writer’s Association che rappresentano un po’ la vetrina principale per l’orrore letterario pubblicato in lingua inglese, forse più orientata a riconoscere il prestigio dei nomi alla sua ribalta, al di là degli aspetti più strettamente critici, rispetto ad altre selezioni presiedute invece da giuria.

Vincono Peter Straub, Stephen King e Joe R. Lansdale rispettivamente per il romanzo, per la collezione personale e nel racconto breve, Ellen Datlow e Nick Mamatas si affermano per la splendida antologia curata insieme mentre la Dark Region Press si aggiudica il titolo come editore specializzato dell’anno. Solo buoni secondi Thomas Ligotti e Laird Barron nella categoria non narrativa e per la raccolta di racconti (eh sì... dobbiamo confessare che facevamo il tifo per loro!).

Qui sotto l’elenco di premiati e finalisti, estratto dal comunicato apparso sulle pagine di Tor.com.

Winner: A Dark Matter – Peter Straub
Rot and Run – Jonathan Maberry
Dead Love – Linda Watanabe McFerrin
Apocalypse of the Dead – Joe McKinney
Dweller – Jeff Strand

Superior Achievement in a First Novel (tie)
Winner:
Black and Orange – Benjamin Kane Ethridge
Winner:
Castle of Los Angeles – Lisa Morton
A Books of Tongues – Gemma Files
Spellbent – Lucy Snyder

Superior Achievement in Long Fiction
Winner: Invisible Fences – Norman Prentiss
The Painted Darkness – Brian James Freeman
Dissolution – Lisa Mannetti
Monsters Among Us – Kirstyn McDermott
The Samhanach – Lisa Morton

Superior Achievement in Short Fiction
Winner:
The Folding Man – Joe R. Lansdale
Return to Mariabronn – Gary Braunbeck
1925: A Fall River Halloween – Lisa Mannetti
In the Middle of the Poplar Street – Nate Southard
Final Draft – Mark W. Worthen

Superior Achievement in an Anthology
Winner: Haunted Legends – a cura di Ellen Datlow e Nick Mamatas
Dark Faith – a cura di Maurice Broaddus e Jerry Gordon
Horror Library IV – a cura di R.J. Cavender e Boyd E. Harris
Macabre: A Journey Through Australia’s Darkest Fears – a cura di Angela Challis e Marty Young
The New Dead – a cura di Christopher Golden

Superior Achievement in a Collection
Winner: Full Dark, No Stars – Stephen King
Occulation – Laird Barron
Blood and Gristle – Michael Louis Calvillo
The Ones that Got Away – Stephen Graham Jones
A Host of Shadows – Harry Shannon

Superior Achievement in Nonfiction
Winner: To Each Their Darkness – Gary A. Braunbeck
The Conspiracy Against the Human Race – Thomas Ligotti
Wanted Undead of Alive – Jonathan Maberry e Janice Gable Bashman
Listen to the Echoes: The Ray Bradbury Interviews – Sam Weller

Superior Achievement in a Poetry Collection
Winner: Dark Matters – Bruce Boston
Wild Hunt of the Stars – Ann K. Schwader
Diary of a Gentleman Diabolist – Robin Spriggs
Vicious Romantic – Wrath James White

HWA Specialty Press Award
: Dark Regions Press

HWA Silver Hammer Award: Angel Leigh McCoy

HWA Richard Laymon Award: Michael Colangelo

Andrea Bonazzi

venerdì 17 giugno 2011

Hypnos #8 con Stefan Grabiński e Shirley Jackson

Hypnos #8, 2011, copertinaÈ una primavera succulenta quella che ci propone l’ottava uscita di Hypnos, la Rivista di Letteratura e Fantastico come sempre curata dal lungimirante Andrea Giusto.

Il numero si apre con “L’area” e “Nello scompartimento”, due racconti di Stefan Grabiński, il “Poe polacco”, autore che possiamo leggere di nuovo in italiano grazie alla magistrale (e provvidenziale!) traduzione curata dal nostro Andrea Bonazzi.

Le prime traduzioni di Grabiński, scrittore oggi quasi sconosciuto in Italia, si ebbero proprio qui nel nostro Bel Paese intorno agli anni 20. Grabiński, scomparso nel 1936 e dimenticato anche in patria dopo un certo effimero successo legato a un solo libro, fu autore di straordinari racconti fantastici nei quali forze terribili e misteriose ribollono sotto la patina della quotidianità. Andrea Bonazzi, inoltre, è l’autore del godibilissimo e al tempo stesso dettagliato saggio “Stefan Grabiński. Lunga amnesia italiana per un grande autore del fantastico”, in cui si affaccia anche una proposta di analisi comparativa con i grandi Maestri del Weird, Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft.

E ancora sono presentati i racconti “Bollettino” e “L’autobus” di Shirley Jackson, ispiratrice di Stephen King e Richard Matheson con le sue moderne storie di inquietudine, qui introdotta da Andrea Giusto per la traduzione di “Federicus”, e Frank Roger con “L’implosione di un gastrocrate: esperimento di autofagia” nella versione italiana di Dyane Alexander. L’illustratore Gino Carosini, veterano del Fandom italiano e autore anche dello splendido disegno in copertina, ci racconta con parole e immagini “Lorenzo Stecchetti”, pseudonimo della poliedrica personalità di Olindo Guerrini.

Informazioni e contatti su www.hypnosweb.com. Qui sotto riportiamo i contenuti del fascicolo, che può essere acquistato al prezzo di tre Euro direttamente in rete tramite le pagine del DelosStore.

Editoriale: Metamorfosi – Andrea Giusto
L’area (Dziedzina / The Area) – Stefan Grabiński
Nello scompartimento (W przedziale / In the Compartment) – Stefan Grabiński
Stefan Grabiński. Lunga amnesia italiana per un grande autore del fantastico – Andrea Bonazzi
Olindo Guerrini, in arte… – Gino Carosini
Il canto dell’odio – Olindo Guerrini [Lorenzo Stecchetti]
L’implosione di un gastrocrate: esperimento di autofagia (De implosie van een gastrocraat: een experiment in autofagie / The Implosion of a Gastrocraft. An Experiment in Autophagy) – Frank Roger
La signora dell’orrore – Andrea Giusto
Comunicato (The Bullettin) – Shirley Jackson
L’autobus (The Bus) – Shirley Jackson


Hypnos #8
a cura di Andrea Giusto
Hypnos Edizioni, primavera 2011
fascicolo, illustrazioni in b/n, 60 pagine, €3.00

Tatiana Martino

mercoledì 15 giugno 2011

Supernatural Noir

Supernatural Noir, 2011, copertinaLa narrativa noir e hard-boiled si incrocia con i temi del soprannaturale e dell’orrore in Supernatural Noir, l’ultima antologia tematica curata da Ellen Datlow in uscita negli Stati Uniti per la Dark Horse.

Un sicario che uccide con le coincidenze; un investigatore invischiato in una guerra fra due mondi; un uomo i cui terribili appetiti nascondono segreti ancor più oscuri… Sedici racconti che sposano la crime-story col fantastico in una selezione di storie originali a firma di Joe R. Lansdale, Caitlin R. Kiernan, Laird Barron, John Langan, Nick Mamatas, Tom Piccirilli, Lucius Shepard e altri nomi prestigiosi ed emergenti fra suspence e weird horror.

“Sono una grande fan del racconto noir, la dura e spigolosa crime-fiction del dopoguerra scritta da Jim Thompson, Raymond Chandler, Dashiell Hammett e Horace McCoy,” scrive Ellen Datlow sul blog della Dark Horse. “In genere, c’era un tipo alla «prova solo a toccarmi» o con qualche altro fardello emotivo, un donna dal misterioso e forse sgradevole (o almeno infido) passato, e un sacco di tradimenti. Sì, e spesso (ma non sempre) un mistero. Sono anche una lettrice e curatrice di narrativa soprannaturale: più è tenebrosa e meglio è. Così, quando Rachel Edidin, l’editor della Dark Horse che ha lavorato con me sull’antologia Lovecraft Unbound, suggerì che avrei potuto voler prendere il “noir soprannaturale” come prossimo tema per una delle mie antologie, ho colto al volo l’opportunità. Cosa poteva esserci di più divertente che combinare due passioni in una per l’intrattenimento dei lettori?”

Informazioni presso la pagina dedicata sul sito web dell’editore, mentre un’anteprima con le iniziali pagine del libro è disponibile attraverso il LookInside! di amazon.com. Qui a seguito, l’indice dei contenuti:

Introduction – Ellen Datlow
The Dingus – Gregory Frost
The Getaway – Paul G. Tremblay
Mortal Bait – Richard Bowes
Little Shit – Melanie Tem
Ditch Witch – Lucius Shepard
The Last Triangle – Jeffrey Ford
The Carrion Gods in Their Heaven – Laird Barron
The Romance – Elizabeth Bear
Dead Sister – Joe R. Lansdale
Comfortable in Her Skin – Lee Thomas
But For Scars – Tom Piccirilli
The Blisters on My Heart – Nate Southard
The Absent Eye – Brian Evenson
The Maltese Unicorn – Caitlín R. Kiernan
Dreamer of the Day – Nick Mamatas
In Paris, In the Mouth of Kronos – John Langan


Supernatural Noir
a cura di Ellen Datlow
Dark Horse, 2011
brossura, 336 pagine, $19.99
ISBN 9781595825469

Andrea Bonazzi

lunedì 13 giugno 2011

Sogni a occhi aperti per Fitz-James O'Brien

Sogni a occhi aperti, 2001, copertinaA diciannove anni di distanza dall’uscita dell’unica precedente collezione italiana di Fitz-James O’Brien (La lente di diamante, 1992), dalla “Biblioteca dell’immaginario” di Edizioni Hypnos arriva Sogni a occhi aperti. Tutti i racconti fantastici. Vol. 1, il primo di due volumi che intendono raccogliere i poco noti Supernatural Tales dello scrittore, poeta e giornalista statunitense d’origine irlandese scomparso appena trentaquattrenne, nel 1862, per le conseguenze di una ferita nel corso della guerra di secessione americana.

“Fitz-James O’Brien (1828-1862) può essere considerato a giusta ragione uno degli scrittori più importanti della storia della letteratura fantastica…Sogni e incubi, fantasmi sghignazzanti e creature invisibili, mondi microscopici, stanze perse nelle dimensioni, robot ante litteram e aspiranti alchimisti… l’opera di Fitz-James O’Brien porta in scena i grandi temi classici della letteratura fantastica; il suo universo macabro e meraviglioso ha segnato non solo la storia della letteratura immaginifica, ma ha ispirato anche i più grandi autori del genere: da Ambrose Bierce a H. P. Lovecraft, da Herbert George Wells a Francis Marion Crawford, Abraham Merritt, e persino Maupassant”.

Per la traduzione di Silvia Castoldi, Elena Tomei e Francesco Lato, la raccolta si presenta con una introduzione di Pietro Guarriello dal titolo “Fitz-James O'Brien il forgiatore di meraviglie”, le cui parti iniziali sono disponibili in una lettura d’anteprima sulle pagine di FantasyMagazine.

Informazioni sul sito web dell’editore www.hypnosweb.com, o sulla relativa scheda commerciale presso il DelosStore. Ecco il sommario dei racconti:

Un incubo arabo
La leggenda della grotta di Barlagh
Le meravigliose avventure di Mr. Papplewick
L’uomo senza un’ombra
Un viaggio nel mio letto
Il re di Pisolandia e il suo nano
L’altra notte
Un segreto mortale
Il boemo
Il vaso di tulipani
Il dente del drago del mago Piou-Lu
Una notte terribile
La campana di cristallo
Sogno a occhi aperti
Io e la cometa
Vedere il mondo


Sogni a occhi aperti. Tutti i racconti fantastici. Vol. 1
Fitz-James O'Brien
Biblioteca dell’immaginario, Edizioni Hypnos, 2011
brossura, 376 pagine, €25.00
ISBN 9788896952023

Andrea Bonazzi

sabato 11 giugno 2011

Fungi #20: un quarto di secolo di fantasy e weird fiction

Fungi #20, 2011, copertinaPubblicato negli Stati Uniti a partire dal 1984, in uscite decisamente irregolari e intermittenti con lunghe pause fra una sospensione e l’altra, il “magazine di fantasy e weird fictionFungi torna alle stampe con un corposo numero 20 a festeggiare il superamento del proprio venticinquennale, e a ben dieci anni di distanza dalla sua ultima, precedente apparizione. Il ritorno della rivista, curata da Pierre V. Comtois sotto il marchio della Fungoid Press, avviene grazie alle moderne tecniche di stampa e distribuzione on demand, che consentono maggiore diffusione per mezzo delle grandi catene librarie online con l’edizione di una ricca brossura in oltre 180 pagine d’ampio formato.

Fra i contenuti, l’omaggio ai 90 anni del venerabile Ray Bradbury e tanta nuova e vecchia narrativa weird, horror, fantasy e di fantascienza fra nuove nuovi e classiche riproposte da R.H. Benson a C.A. Smith, da H.P. Lovecraft a Frank Belknap Long sino a Thomas Ligotti. Oltre ai racconti di Richard A. Lupoff, E.P. Berglund e tanti altri, Robert M. Price ci propone una nuova avventura del barbaro Thongor di Lemuria creato a suo tempo da Lin Carter, mentre uno speciale è dedicato a Ramsey Campbell con la ristampa di un paio di sue rare storie.

A completare il tutto le sezioni di poesia fantastica, interventi critici su C.S Lewis e sull’illustratore Robert Logrippo, in copertina con la sua tavola per l’edizione 1971 del romanzo The Boat of the Glen Carrig di Hodgson. Numerose le illustrazioni in bianco e nero a ospitare i disegni di Theodore Kittleson, Marie Melechinsky, Steve Lines e Toren Atkinson.

Informazioni presso la pagina web del curatore su pierrevcomtois.com. Qui a seguito, il lungo indice dei materiali presentati in questo numero.

Fiction:
Locust Time – Dale Phillips
Forced Conclusion – Pierre V. Comtois
Walking in Longnight – Colleen Drippe
The Tree – H.P. Lovecraft
A Future Odissey – RonHilger
A Good Service – Adam Walter
The Eye Above the Mantle – Frank Belknap Long
Moss Covered Stones – Colleen Drippe
Sergeant Ghost – Richard A. Lupoff
Witch Queen of Lemuria – Robert M. Price
Living the Good Lives – E.P. Berglund
Stacks – Joshua Shapiro
Hounded by Night – Andrew M. Seddon
The Watcher – R.H. Benson
The Hollow Man – Don Webb
Annabel Lee – Glynn Barrass
Sect of the Idiot – Thomas Ligotti
Full Circle – Leah M. Cyr
Novelette:
A Kaleidoscope of Shadows – August Jacobs
How the Universe Got Even With Me, or I Kicked a Crab – C. George Porter
Midnight Corridor – R.J. Zimmerman

Special Ramsey Campbell section:
The Sentinels – Ramsey Campbell
The Hollow in the Woods – Ramsey Campbell

Special Spotlight on David Daniel:
In the Spotlight: David Daniel – Pierre V. Comtois
David Daniel and the Spiral of Time – Ed Ford
Antipodes – David Daniel
Adonis Days – David Daniel
Fallen World – David Daniel

Ray Bradbury Tribute:
Ray Bradbury at 90: A Literary Legend Commences His Tenth Decade – James E. Person, Jr.
What Age Is This? – Ray Bradbury
Bradbury’s Credo – Gregorio Montejo
Ray – Henry J. Vester III

Non Fiction:
Bob Logrippo: Nightmare Scenarist – Pierre V. Comtois
C.S. Lewis and American Pulp Science Fiction – Dale Nelson

Poetry:
The Graveyard Tree – John Grey
Finding the Old Man in the House – John Grey
The Corpse and the Skeleton – Clark Ashton Smith
Frankenstein – John Grey
The Black Lake/A Phantasy – Clark Ashton Smith


Fungi #20
a cura di Pierre V. Comtois
Fungoid Press, spring 2011
brossura, illustrazioni in b/n, 186 pagine, $15.00
ISBN 9781602647589

Andrea Bonazzi

mercoledì 8 giugno 2011

Lovecraft Black & White a Imperia

Lovecraft Black & White, immagine
Presentazione del libro Lovecraft Black & White sabato 11 giugno alle 21.00 presso la Libreria Ragazzi di Imperia, in Via Vieusseux 14/1, intitolata al fotografo emiliano Giuseppe Ragazzi che operò a Oneglia fra il 1908 e il 1940 e proprio qui ebbe il suo laboratorio.

Il volume presentato è un omaggio al genio di Howard Phillips Lovecraft, il maestro del genere fantasy e horror creatore di capolavori quali “La maschera di Innsmouth”, “L’ombra venuta dal tempo” e “Le montagne della follia”. L’opera, curata da Umberto Sisia e pubblicata per la Dagon Press, è una raccolta di illustrazioni originali realizzate da disegnatori italiani e guests internazionali, tutti uniti per omaggiare le seminali creazioni letterarie del gentiluomo di Providence.

Oltre allo stesso curatore, saranno presenti i fumettisti Giulia Pellegrini e Frederic Volante, a spiegare le tecniche di disegno tramite esempi grafici.

La serata si svolge nell’ambito della locale manifestazione “Decoupage (e non solo)...”, informazioni presso la pagina Facebook dell’evento o su www.libreriaragazzi.com.

Andrea Bonazzi

martedì 7 giugno 2011

William Hope Hodgson: La terra dell’eterna notte

Articolo in tre parti. Vedi parte precedente.

William Hope Hodgson, 1915-18, fotoMa l’ansia classificatoria di William Hope Hodgson risponde altresì a un piano immaginifico ben preciso che trova compiutezza nel vero capolavoro visionario del Nostro. The Night Land, a Love Tale (La terra dell'eterna notte) vede le stampe nel 1912 e viene, alcuni decenni dopo, entusiasticamente recensito da Clark Ashton Smith che lo presenterà con queste parole al pubblico statunitense:

“In tutto l’Universo della Letteratura esistono poche opere che siano altrettanto eccelse, altrettanto puramente creative, come The Night Land. Per molti errori formali che possono enumerarsi in questo libro, per quanto eccessiva possa apparire la sua lunghezza, questa è la Grande Opera del cosmo agonizzante, la Grande Opera epica di un mondo assediato dalla Notte Eterna e dagli artigli dell’oscurità. Solo un grande poeta avrebbe potuto concepire e creare questa storia”.

Gli “Errori formali” ai quali Clark Ashton Smith fa riferimento sono probabilmente costituiti da una certa qual compostezza di matrice vittoriana, peraltro assente dai racconti di Hodgson laddove il genio e l’intuizione del Nostro sono più liberi di esprimersi in azione immediata e travolgente.

Le stampelle di tipo vittoriano di cui Hodgson si avvale in questo romanzo rallentano invece troppo spesso il ritmo dell’azione, mentre H.P. Lovecraft appare più infastidito dalla componente romantico-sentimentale del romanzo vedendola, da bravo materialista scientifico qual era, null’altro che una sublimazione esasperata del concetto vittoriano di fedeltà coniugale. Ma quella di Hodgson è un’opera compiuta, non un tentativo né tantomeno un esperimento letterario. La potenza evocativa delle immagini è degna di figurare accanto a romanzi-fiume quali Il Signore degli Anelli e a livello di contenuti gli è forse addirittura superiore.

The Night Land, a Love Tale è la “Summa Theologica” di Hodgson, vi si ritrovano compiutamente tutti i suoi temi e le sue intuizioni ma trasfigurate in una luce nuova e in una “teleologia della salvezza” attraverso l’orrore del Male e il Sacrificio. Contrariamente alla retorica vittoriana del tempo, l’amore che lega il protagonista all’eroina del romanzo è solo un pretesto, la promessa di un incontro più che la sua realizzazione, raggiunta peraltro a prezzo di sforzi sovrumani, come vedremo. Bisogna solo superare le prime pagine di amore romantico, nonché alcune parti peculiarmente pesanti del secondo volume (come il capitolo “In the Island”).

Il protagonista si innamora di una giovane e bella ragazza ma è forse l’intensità del desiderio provato a impedirgli di essere più esplicito. La donna combina con un altro uomo. Dopo una serie di vicissitudini tipicamente vittoriane, i due riescono alfine a coronare il loro sogno d’amore, ma il destino è in agguato: dopo poco infatti, ella muore. Distrutto dal dolore il protagonista viene una notte proiettato, durante il sonno, in un altro tempo migliaia di anni avanti nel futuro, secondo un copione che abbiamo già visto all’opera in The House on the Borderland (La casa sull'abisso).

The Night Land, 1921, copertinaIl futuro che Hodgson ricrea è ben lontano da quanto ci si aspetterebbe. Ben presto quello che all’inizio sembrava come un semplice pretesto studiato per fare da cornice a una situazione romantica, diviene uno dei più grandiosi affreschi della Letteratura fantastica mai concepito. Migliaia di anni avanti, nel nostro futuro, la Terra, attraverso metamorfosi mostruose, è stata definitivamente annichilita in un Universo di tenebra e Terrore. Le alterazioni progressive operate a danno delle leggi naturali imposte dall’uomo a ritmi millenari, unitamente a rivoluzioni cosmiche non previste, hanno causato catastrofi irreversibili. Il sole si è oscurato e spento, la Terra si è vista spopolata da tutte le specie prima conosciute per vedersi invasa da creature da incubo uscite dal Caos e dal buio perenne. Gli ultimi sparuti milioni di esseri umani vivono all’interno di una gigantesca piramide chiamata “Il Grande Rifugio”, dove alcuni saggi scienziati, sfruttando ciò che resta di una potente forza chiamata “Corrente Terracquea” hanno riprodotto una certa forma di luce e di energia, oltre a elaborare una serie di apparati e dispositivi di difesa e avvistamento per difendere ciò che resta della razza umana dalle insidie di creature potentissime e maligne.

Hodgson non si cimentò mai nell’opera di tracciare una mappa della Terra Notturna, ma se l’avesse fatto avrebbe suscitato l’invidia di J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis. Su di un lungo cammino verso nord, chiamato dai superstiti “La strada di Coloro che stanno in silenzio”, vagano entità il cui abominio può solo essere immaginato, mentre il punto cardinale del nord è occupato da un luogo chiamato “La Casa del Silenzio”, dimora di orrori senza fine. “La Cosa che fa segnali”, Entità gigantesca e mostruosa, occupa invece un punto imprecisato a ovest, mentre nel mezzo si stendono le Fosse dei Giganti, fornaci di lava dove creature urlanti, che paiono uscite direttamente dalle incisioni di William Blake, si producono in strane attività. “La Piana dei Mastini” viene percorsa da bestie a quattro zampe della stazza di tori di grandi dimensioni, mentre dall’Ovest si ode l’eco di una perenne risata. In questo mondo da incubo, percorso da Giganti famelici dalla testa simile a quella di un granchio e da tempeste maligne che causano la perdita dell’anima oltre a quella delle facoltà vitali, gli abitanti della piramide sono costretti a vivere senza mai poter uscire dal loro rifugio. Città intere occupano i vari piani della piramide, mentre scienziati particolari, adibiti all’osservazione delle attività e dei movimenti delle orribili creature, scrutano la notte con potentissimi apparati ottici, alimentati dalla “Corrente Terracquea”, e danno vita a un poderoso campo magnetico che circonda il rifugio, unico baluardo in grado di tenere a bada le orribili entità.

Il protagonista si trova reincarnato nella figura di un giovane scienziato, l’unico in grado di “sentire la Notte” e distinguere i messaggi lanciati attraverso l’etere dalle varie entità che la abitano, secondo un leitmotiv di viaggio in altre dimensioni che verrà plurisfruttato da Erick Rucker Eddison in Zimiamvia, passando per The Time Machine (La macchina del tempo) di H.G. Wells per approdare in Edgar Rice Burroughs con il suo “Ciclo di Marte” e, conseguentemente, nell’Almuric di Robert E. Howard.

Il Grande Rifugio, illustrazioneUna notte in particolare il protagonista ode una voce, è quella di una fanciulla di nome Naani che altro non è se non la bella Mirdath perduta ere addietro nello spazio e nel tempo, che pare rivelare l’esistenza di un rifugio minore e meno potente, in procinto di soccombere all’assalto delle forze delle tenebre. Dopo la sfortunata spedizione di cinquecento giovani ardimentosi ma ignari dei pericoli delle terre notturne, il protagonista decide di partire da solo. Comincia da qui il lungo, terribile viaggio attraverso le lande della Notte. Hodgson racchiude in questo romanzo tutto l’orrore della prima guerra mondiale, le trincee di Ypres e della Somme, lo sgomento, la disperazione, l’annientamento fisico e spirituale.

Tolkien profuse nel Il Signore degli Anelli uno sdegno metafisico nei confronti di un regime oscuro e disumano, quello di Sauron-Hitler; Hodgson, invece, consegna l’umanità alle forze delle Tenebre attraverso un’operazione tesa a ritrovare la speranza dopo la catastrofe. Con le sue lunghe esplorazioni degli abissi umani, il Nostro ha compreso una verità essenziale, e cioè che l’uomo, lasciato in balia dell’Oscurità che alberga dentro di lui, è schiavo delle Potenze bestiali dell’Inconscio. Esse, alla fine, prenderanno il sopravvento e causeranno il suo esilio, relegandolo ai margini della ragione imperante, ai margini dello stesso concetto di Civiltà, “Ultimo Rifugio” assediato dai mostri delle pulsioni e della spinta al progresso forzato e inumano.

È quello che accadrà nelle trincee della Grande Guerra, una lunga, estenuante spirale verso le Tenebre della barbarie, purtroppo soltanto all’inizio del suo tragico snodarsi nella Storia. Nel romanzo, inoltre, egli stabilisce un occulto, sottile legame fra gli orrori dell’oscurità e le potenze della luce. Nelle antiche cronache di questo Mondo si narra infatti di un’oscura alleanza, stabilita in ere antiche, fra esseri umani e creature da incubo, mutanti che abitano in forre e crepacci e dotati di oscuri poteri, alleanza stabilita per ottenere il controllo delle risorse planetarie superstiti alla Catastrofe. Alleanza terminata in una guerra che ha condotto alla creazione della Piramide.

Dopo innumerevoli rivolgimenti gli uomini del “Grande Rifugio” hanno abolito l’uso di armi a distanza, come fucili o mitragliatrici, in quanto: “Sarebbero risultate pregiudizievoli per la pace in altre circostanze giacché irritavano senza necessità le forze di quella terra, assassinando barbaramente mostri che non facevano altra cosa che girare a distanza dal grande rifugio”. Gli uomini validi utilizzano invece fantastici strumenti chiamati “Diskos”, a metà fra spade e lame rotanti per combattere; armi per il corpo a corpo alimentate dall’onnipresente, anche se flebile, Corrente Terracquea; armi “personalizzate” che possono anche mutilare colui che le brandisca senza esserne il legittimo proprietario.

The Night Land vol. II, 1972, copertinaNell’ultima umanità alberga altresì un profondo rispetto per i morti, che vengono inumati in giardini immensi e fra ridenti colline coperte da serre immani, sotto le quali risuonano canne d’organo che emettono suoni dolci e malinconici. Sull’orlo dell’estinzione, la razza umana ha finalmente riscoperto un nuovo concetto della dignità e della fratellanza universale, dopo l’ennesima catastrofe sociale e climatica che vide orrendi connubi con creature oscure, connubi che terminarono con l’umanità vista come “organismo ospite”, vestigia di quella dominante un tempo e con i Mostri come veri “Padroni di Casa”. Dopo aver ricacciato i “mutanti” frutto di questi connubi, i superstiti edificarono la piramide che il protagonista si appresta ad abbandonare per inseguire il fantasma di un amore e, forse, la speranza.

Molte idee vengono chiaramente delineate, molte altre risultano potenti anche se accennate. Purtroppo il lettore incappa sovente in capitoli di estenuante lentezza, causata da una prosa ridondante, barocca e antiquata. Conviene affidarsi alla versione “depurata” del compianto Lin Carter, 400 pagine rispetto alle 500 e passa dell’originale, per apprezzare appieno la forza visionaria di questo bellissimo romanzo. Sicuramente l’idea principale ha avuto una vasta eco successiva, dando vita a tutto il filone “mutante” della Fantascienza, né và dimenticato l’impatto che l’opera di Hodgson ha avuto sulle arti grafiche e il fumetto in generale. Il disegnatore mainstream Richard Corben (meritevole di aver dato vita anche a un ottima riduzione di “The Valley of the Worm” di R.E. Howard con il suo Bloodstar) unitamente agli sceneggiatori Simon Revelstroke e Jan Strnad, creerà l’evocativo Mutant World basato in parte sulle idee di The Night Land, mentre in tempi più recenti il duo Revelstroke-Corben darà vita anche a una interessante riduzione di The House on the Borderland.

Hodgson partirà davvero per trincee i cui orrori con tanta intuizione descrisse. Si distinse ivi per il suo coraggio, incappò in una bomba, sopravvisse, fu decorato e congedato ma uno spirito inquieto come il suo, che tanto aveva scritto sulle forze visibili e invisibili che fungono da sprone alla macchina del corpo e della volontà, non poteva riposare a lungo. Ritornerà a combattere a Ypres, ancora viandante solitario fra le lande della Notte, cosciente di dover effettuare un ulteriore sacrificio inseguendo ancora, come il protagonista del suo capolavoro, una speranza per l’uomo in balìa della propria oscurità fra gli abomini e i fuochi della Morte e lì infine, l’eroico, infaticabile, coraggioso Hodgson, dopo un attimo di tenebra causato dall’ultima esplosione di una mina, andò a visitare di persona quei mondi ignoti di meraviglie di cui tanto era andato in cerca da vivo.

Bibliografia parziale in italiano di W.H. Hodgson:
Naufragio nell'ignoto, Fanucci, 1974, ristampa 1989
Carnacki, cacciatore di spettri, SIAD Edizioni, 1978
"Al largo" ("The Voice in the Night") in Horroriana, Mondadori, 1979
La casa sull'abisso, Fanucci, 1985
I pirati fantasma, Fanucci Editore, 1986, ristampa 1994
L'orrore del mare, Newton & Compton, 1993
La casa sull'abisso, Compagnia del Fantastico. Gruppo Newton, 1994
I pirati fantasma, Compagnia del Fantastico. Gruppo Newton, 1994
La terra dell'eterna notte, Fanucci, 1996
La casa sull'abisso e altre storie del terrore, Classici Urania, Mondadori 1996
La casa sull'abisso, Gruppo Editoriale Newton, 2003

Mariano D’Anza

domenica 5 giugno 2011

William Hope Hodgson sulla terraferma: investigatori dell’occulto e altri orrori

Articolo in tre parti. Vedi parte precedente.

William Hope Hodgson, fotoUna volta abbandonato il mare William Hope Hodgson, memore delle sue passate disavventure, deciderà di migliorare il proprio fisico rendendolo duro e scattante. Non contento, scriverà un manuale di cultura fisica e fonderà addirittura una palestra “per allenare lo spirito e i corpo”. Più avanti nel tempo e in un altro continente, uno smilzo, angariato e malaticcio Robert E. Howard deciderà di trasformare il proprio corpo in quello di uno dei suoi barbarici eroi d’età antidiluviana, come Conan e Kull di Valusia, e praticherà il pugilato. Destini simili, diverse fortune. Altre coincidenze? Hodgson moltiplica le sue prodezze atletiche tanto da meritarsi alcune pagine di ammirazione da parte del giornale locale, la sua palestra è piena, ma non basta, così il Nostro si improvvisa fotografo amatoriale. Non basta ancora: nella prima maturità, infine, decide di creare quei capolavori per i quali H.P. Lovecraft si dimostrerà entusiasta.

Sono gli anni della “Trilogia dell’Abisso”; due romanzi di cui abbiamo già parlato: The Boats of the Glen Carrig (Naufragio nell’ingoto) e The Ghost Pirates (I pirati fantasma), più uno ambientato sulla terraferma (per modo di dire), ovvero The House on the Borderland (La casa sull’abisso). In quest’ultimo, Hodgson sviluppa l’intuizione principale che sta alla base dei primi due, ma con potenza simbolica, se possibile, ancora maggiore. L’essere umano è come un edificio pieno di stanze, alcune luminose, altre avvolte dalle ombre, il cui tetto aspira alle altezze celesti ma le cui fondamenta sprofondano negli inferi, laddove attendono in agguato creature mostruose e brutali.

Fotografo istintivo e abile per inclinazione, Hodgson con questo romanzo immortala in alcune potenti immagini tutta la psicologia di Freud e Jung di là a venire. Il protagonista di questo lungo incubo abita con la sorella in una casa che esiste contemporaneamente in più dimensioni (“on the borderland” appunto, sul confine fra questo e altri mondi). Un giorno la sorella viene aggredita da alcune ributtanti creature porcine che paiono sorgere dagli immensi sotterranei della casa (un simbolo degli istinti primordiali repressi e deformati dalla ragione?) e i due sono costretti a difendersi con ogni mezzo dagli assalti di queste creature.

The House on the Borderland, versione a fumetti di Richard CorbenNelle pagine successive, l’incubo si tinge di metafisica. Il protagonista, mentre si ritrova al suo scrittoio a riordinare gli orribili fatti occorsi in tempi recenti, attraversa il tempo e lo spazio in quello che potrebbe essere definito uno stadio mistico-contemplativo indotto dalla natura della casa. Il tempo comincia a scorrere nelle due direzioni (passato e futuro) alternativamente. Al termine di questo viaggio, egli si ritrova all’interno di un’enorme arena circondata da statue mostruose, fra le quali campeggia una in particolare che ricorda ominosamente gli orribili esseri porcini contro i quali ha combattuto.

Infine, viene proiettato nello spazio profondo, laddove il potenziale di tutte le cose a venire è contenuto in sfere luminose “sulle quali si alternano facce orribili”. Lovecraft riprende queste e consimili visioni nel suo “The Dreams in the Witch House” (“I sogni nella casa stregata”), laddove la meditazione su alcune “geometrie non-euclidee” conduce il protagonista all’interno di una città aliena dalle forme folli e incomprensibili.

Ma c’è di più: Hodgson rivela in questi squarci visionari una non comune preparazione in dottrine occulte. La meditazione con conseguente viaggio astrale del protagonista ricorda molto da vicino certe pratiche magiche in uso nei circoli occultistici dell’epoca, mentre la visione delle sfere rimanda alle strutture occulte della Cabala ebraica. Era convinzione comune, fra gli occultisti occidentali e fin dal medioevo, che il processo attraverso il quale Dio ha creato il mondo potesse essere riassunto e schematizzato mediante la raffigurazione di un numero variabile di sfere (da dodici a diciannove) rappresentanti ciascuna una “Potestà” o un attributo della divinità. Tali sfere venivano chiamate nell’occultismo ebraico “Sephiroth” (probabilmente una contrazione spuria dal greco “sphairos”, sfera appunto).

The House on the Borderland, 1921, copertinaD’altro canto, ciascuna di queste sfere o potestà includeva un suo opposto speculare, una “sfera d’ombra” racchiudente le scorie della creazione, gli esperimenti scartati da Dio al momento di creare il mondo oppure, in linguaggio psicologico, il “rimosso” freudiano. Tali sfere speculari venivano denominate invece “Qlippoth” o “Quelippoth”, in aramaico “sudiciume”. Al tempo di Hodgson, alcuni occultisti (fra i quali l’onnipresente Aleister Crowley) ritenevano che così come si potesse “salire” attraverso le Sephiroth all’intelligenza “Prima” di Dio, giungendo a entrare in comunicazione con la mente stessa del Creatore, allo stesso modo fosse possibile “regredire” o “discendere” verso il “ventre” di Dio, passando attraverso le sue feci ossia “Quelippoth”, le sfere demoniache rappresentanti l’ombra della creazione.

Non è provata né documentabile l’affiliazione di Hodgson a suddetti circoli massonico-occultistici quali, per esempio, la Golden Dawn di S.L. MacGregor Mathers o la “Societas Rosicruciana in Anglia” di A.E. Waite, fatto sta che il Nostro, all’interno di The House on the Borderland, sta evidentemente sviluppando in maniera creativa suddette teorie. Il suo è un racconto di “regressione” all’“Ombra” Junghiana, molto prima che il pensiero dello psicologo svizzero coniasse il termine specifico per la disciplina in questione, regressione verso il rimosso o l’istinto bestiale primordiale che avviene prima per l’essere umano in particolare, tipizzato dal protagonista, poi illustrato per l’intera Creazione attraverso i gusci “pieni di infamia” delle Quelippoth. Così come il futuro fa un balzo in avanti nella mente di Dio, allo stesso modo il passato regredisce alla bestia immonda che soggiace a qualsiasi sforzo civilizzatore. Sotto la luce dei “piani alti” sta la tenebra delle fondamenta, dove le creature porcine stanno in agguato.

Occorrerà riportare che il tema della regressione allo stato bestiale percorre tutta la letteratura inglese più originale del periodo; da The Time Machine (La macchina del tempo) di Herbert George Wells, con la sua suddivisione sociale in evoluti “Eloi” (termine che ricorda gli “Elohim”, angeli della tradizione ebraica) e bestiali “Morlocks”, passando attraverso il Dr. Jekill and Mr. Hyde di R.L. Stevenson per sfociare in “The Great God Pan” (“Il grande dio Pan”) di Arthur Machen. Tuttavia va a Hodgson il merito di aver esteso su scala cosmica il tema della regressione, lezione che Lovecraft non dimenticherà.

Carnacki the Ghost Finder, 1920, copertinaDopo la stesura di The House on the Borderland l’Occulto non cessa di affascinare Hodgson, né deve stupire trattandosi di una personalità come la sua, attratta dal fascino dell’Ignoto e per di più talmente eclettica da essere capace di spaziare dalla marineria alla fotografia. Le avventure di Carnacki the Ghost Finder (Carnacki, cacciatore di spettri) riprendono e sviluppano tali interessi, inserendosi nel solco delle avventure “poliziesche” e di investigazione del ben più famoso Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Il Carnacki di Hodgson è uno dei suoi tanti alter ego letterari, una simpatica figura di “Investigatore dell’Occulto” che affronta demoni e creature dell’Altrove armato di profonde conoscenze esoteriche e di un robusto apparato scientifico al passo coi tempi. Nel racconto “The Hog” (“Il verro”) Carnacki si oppone ai tormenti inflitti a un suo cliente da un demone dalle ennesime fattezze porcine, “isolando” la sua malefica manifestazione all’interno di un pentacolo elettrico a vari colori anticipando, forse, i venturi esperimenti con la luce al neon.

Le suddivisioni che Hodgson-Carnacki opera fra Entità “Aeiirii”, meno pericolose, ed Entità “Saiitii” estremamente letali costituisce una strizzata d’occhio al gergo occulto di certe conventicole esoteriche, punte di humor che Lovecraft applicherà puntualmente nei suoi racconti, né va ignorata la fortuna che certe commistioni fra scienza empirica e soprannaturale avranno nella letteratura successiva di genere, basti pensare al già citato “The Dreams in the Witch House”.

[Continua]

Mariano D’Anza

venerdì 3 giugno 2011

William Hope Hodgson: un mozzo nel mare senza maree

Articolo in tre parti.

William Hope Hodgson, fotoLa letteratura marinaresca possiede da sempre i suoi eroi e i suoi martiri. Dal metafisico Hermann Melville all’immenso Joseph Conrad l’animo umano con le sue tormente e i suoi mostri marini si rispecchia, si moltiplica e fa naufragio sulle barriere coralline dell’ignoto e del meraviglioso. Il viaggio sulla nave come viaggio dell’anima sui vascelli del fato, della morte o della visione salvifica è un tema antico quanto il mondo; parte con i famosi Nòstoy (ritorni) degli eroi Achei di volta dal saccheggio di Troia, di cui solo uno, quello di Ulisse, Omero ci ha cantato, e approda con lo shakespeariano Moby Dick nel gorgo della coscienza occidentale.

Fra tutte queste voci di naufraghi, non debole fu quella di William Hope Hodgson, la cui opera fu forse eccessivamente legata a quelle entusiastiche ma attente pagine che H.P. Lovecraft gli dedicò nel saggio “Supernatural Horror in Literature”, sicuramente ignorato dalla “Grande” critica, a torto, dato che per potenza visionaria molte delle sue pagine si possono tranquillamente avvicinare alle profezie di Blake. Hodgson entra di fatto e a pieno diritto nella “famiglia” dei narratori “di razza”. Nasce nel 1875 a Blackburn, Inghilterra, ed è secondo di tredici fratelli (tre moriranno in giovanissima età). Rampollo di famiglia medio-piccolo borghese (il padre fu pastore anglicano), contro il consentimento del Genitore decide di imbarcarsi a quattordici anni, come Conrad, come Melville, come molti altri giovani inglesi e americani, in preda all’inquietudine di una Civiltà avanzata ma ancora fortemente attratta, al contrario di quella attuale, da quella sete di esplorazioni e di ignoto propria di una Mondo le cui ombre sono uguali per numero, se non superiori, alle luci.

Melville dedica alcune ispirate pagine del suo Moby Dick a quella categoria di marinai “intellettuali” giovani, inesperti, con la mente ancora piena di immagini auliche di paesaggi marini, i quali di vedetta sul pennone di maestra d’un brigantino o di una baleniera cadono nel vuoto rapiti dal vento di maestrale mentre, romantici, speculano su di un tramonto scarlatto. La caduta di Hodgson, giovane avventuriero anche lui, non fu di ordine fisico, ma etico, morale e psicologico. Imbarcatosi come mozzo su di un brigantino, fu fatto oggetto di scherno dai marinai più vecchi, picchiato, umiliato e infine violentato dal sadico capitano, vittima volontaria di un mondo duro, selvaggio e crudele di cui la sua precoce erudizione non lo aveva sufficientemente informato.

Men of the Deep Waters, 1921, copertinaDopo il primo, umiliante contatto con quel Mondo, il non più giovanissimo Hodgson si reimbarca per altri due anni, per poi infine abbandonare i mari. Ma quell’esperienza resta con lui per mai più abbandonarlo. Contrariamente a quanto si possa pensare, Hodgson non spende che poche parole accidentali per le dure, umilianti condizioni di quanti si guadagnino da vivere con nient’altro se non la tavola di legno di una tolda a separarli dall’Abisso, vi è ben poco in lui dello sdegno di un Jack London o dell’ansia di rivalsa sociale di un Melville. I suoi protagonisti sono praticamente tutti giovani marinai semplici, la cui erudizione, cultura e preparazione potrebbe benissimo garantire loro una carriera da ufficiali, ma che alcune sconosciute “coincidenze” o “disgrazie” hanno relegato nel faticoso mondo della umile manovalanza ed è a quel mondo che Hodgson rimane legato. Gli orrori che egli descrive non sono quelli della natura non domata, né quelli dell’ingiustizia di classe che separa gli Ufficiali dalla ciurma, ma quelli del cuore e della mente, della visione e della percezione che scardina le differenze sociali, le appiana, le “affratella” in una corale alleanza contro le unanimi e universali potenze del Caos e della Follia. In lui vi è l’aristocratico sdegno (che diverrà ben presto borghese) del “signorotto” che si rifugia in un fittizio mondo di orrori per non essere travolto dall’Orrore reale e prosaico, ma al tempo stesso la sua profonda sensibilità lo rende lucido e attento alle “infiltrazioni” del Fantastico interiore nel mondo “esteriore”. Forse è stata questa componente “romantica” interiore di Hodgson a causare l’ablazione della sua opera da parte della critica “ufficiale”, ma ciò che non si comprende pienamente di Hodgson è proprio l’originalità del suo approccio narrativo, che ha avuto l’innegabile merito di “innestare” il genere gotico direttamente in quello di avventure marinaresche, per operare la generazione di una pianta che, come vedremo, ha dato strani frutti.

Il romanzo The Boats of the Glen Carrig (Naufragio nell’ignoto) inizia con poche descrizioni, anche in questo Hodgson si dimostra narratore estremamente equilibrato. Due barche di naufraghi solcano il mare in tempesta, in lontananza un’isola: promessa di salvezza o fonte di nuovi orrori? Capiamo da subito di stare leggendo un romanzo d’avventura e di quelli buoni. Le barche si immettono ben presto in una laguna e circumnavigano le sue strane coste, dove si infittisce una vegetazione esotica che non assomiglia a nulla di quanto visto in precedenza dagli esausti uomini di mare. Infine il relitto di una nave si profila in lontananza, i naufraghi attraccano. Segue l’esplorazione del relitto, la ricerca spasmodica di provviste. Il classico diario di bordo fa la sua apparizione in un cassone, parla di orrori senza nome, di una strenua resistenza, di un’inevitabile sconfitta. Cala la notte e comincia l’Orrore. Termina il racconto di mare e si inserisce la Ghost Story, ma capiamo da subito che si tratta di un Soprannaturale diverso da quello cui siamo abituati. Qui non vi sono Spettri di trapassati, malvagi in vita e in morte ma pur sempre umani: qui siamo naufraghi in isole senza nome, viaggiatori sperduti su lidi che non hanno mai conosciuto presenza umana alcuna e sicuramente non desiderano conoscerla.

The Boats of the Glen Carrig, 1920, copertinaUn pianto straziante si fa udire dalla costa, mentre una presenza enorme e invisibile percorre famelica i corridoi del relitto. Le assi scricchiolano nello sforzo di sopportare un peso immane, si odono risucchi e fantasmi uditivi di suoni indescrivibili, sono notti di orrore e di angoscia. Infine i naufraghi riescono a caricare sulle scialuppe le provviste superstiti e a riguadagnare il mare, ma non prima di aver assistito all’ultimo orrore; il lamento che si ode dalla riva proviene da esseri umani convertiti in piante per opera di una abominevole metamorfosi, della quale pare essere confusamente responsabile l’orribile creatura che ogni notte percorre, famelica, il relitto. Il resto del romanzo è un susseguirsi di avventure che mantengono fino alla fine il sottile equilibrio narrativo introdotto da questo primo episodio; tentacoli immondi sorgono dalle acque per ghermire esseri umani, strani incroci fra uomini e seppie si avvicinano a bivacchi notturni accesi con sterpi e alghe putrefatte, albe infuocate precedono terribili uragani…

Le peripezie dei naufraghi di Hodgson sono peregrinazioni del lato oscuro e ancestrale del cervello umano, quello che ancora ricorda, sotto forma di terrori ignoti, le grida delle bestie feroci nel buio senza fine dei luoghi desolati, suoni agghiaccianti dell’inconscio senza forma, che sottoposto alle pressioni dell’ignoto, della fatica e della solitudine genera mostri, figure spaventose che vivono all’interno e alla periferia di ciò che pensiamo di conoscere e dominare. L’approdo all’isola dei lamenti pare uscire direttamente dalle pagine dell’Eneide di Virgilio, laddove Enea fa sgorgare sangue umano da ciò che credeva essere null’altro che un semplice arbusto. L’Ignoto è una perversione totale di ciò che è umano e vegetale, o umano e animale (gli uomini-seppia), una mescolanza di generi e una loro totale e bruta depravazione, come “i fiori che cantano” di Arthur Machen, “Sacramenti del Male” che vengono operati al di fuori delle rotte conosciute.

Laddove le carte nautiche tacciono, “Hic sunt Leones”. L’idea di una trasmutazione pervasivamente antinaturale si incontra meglio sviluppata in quello che è forse il racconto più riuscito di Hodgson e che viene a ragione inserito dal critico Mike Ashley fra i dieci racconti del terrore più agghiaccianti di tutti i tempi, “A voice in the night” (“Una voce nella notte”). Un Brigantino incappa all’imbrunire in un’isola la cui unica forma di vegetazione pare essere costituita da null’altro se non grigie escrescenze fungoidi. L’ora tarda unita allo sfinimento della ciurma congiurano affinché la nave non possa attraccare. La notte trascorre in maniera apparentemente tranquilla, poi, nel cuore della notte, uno sciacquio di remi unito al rumore di una voce lontana e stranamente innaturale allarma l’equipaggio. Si tratta di un naufrago proveniente dalla strana isola, che non vuole essere visto e non vuole avvicinarsi troppo alla ciurma. Cerca provviste e offre, in cambio, una storia allucinante. Parla di un viaggio in mare in compagnia della giovane sposa, dell’ennesimo naufragio, di un isola (quella) ricoperta da una strana vegetazione. Le provviste terminano e l’unica forma di alimento è costituita da quegli strani, enormi funghi. I due sposi novelli cercano di tenersene lontani avvertendo la promessa di un orrore incombente, poi infine la donna cede e mangia di quel “frutto”.

The Ghost Pirates and Other Revenants of the Sea, 2005, copertinaÈ l’inizio dell’incubo. La struttura corporea della donna cambia, la voce si fa fonda e cavernosa, la carne gelatinosa, grigiastra ed elastica. Un raggio di sole all’alba illumina una cosa grigiastra che non è né completamente umana né totalmente vegetale, mentre infine il naufrago rema verso l’isola dei funghi, dando le spalle alla nave e togliendo così all’attonito equipaggio qualsiasi voglia di sondare ulteriormente il mistero dell’isola grigia. Le vicissitudini del protagonista narrante di “A voice in the night” chiarificano anche alcuni punti oscuri dell’avventura iniziale di The Boats of the Glen Carrig: l’orrore reale, così come in Machen, risiede nella trasmutazione che il Male opera sulla natura umana, vegetale o animale. Non è tanto l’orrore dell’Insolito, che pure è presente, quanto quello della “contaminazione”.

In “Lamie” (“Middle Islet”), creature mostruose metà donne e metà pesci, che gettano una luce inquietante sul mito universale delle sirene, assediano l’equipaggio di una nave finita fuori dalla sua rotta; condividono con i pesci l’assoluta sconfitta di qualsiasi umana pietà, subordinata al semplice bisogno di nutrizione, fisica o spirituale che sia. Nel racconto “Il Mostro” (“A Tropical Horror”) un marinaio si sveglia per trovare la nave invasa dalla presenza di un orribile e gigantesco serpente marino apparentemente indistruttibile, che divora a uno a uno i membri dell’equipaggio. In Hodgson, anche quando la natura pare costituire l’unica spiegazione possibile all’orrore è sempre una natura ambigua, mutante, oscena. La carta nautica del Mondo rivela punti oscuri, maree immobili e innaturali come il Mar dei Sargassi, palude oceanica di relitti abitata da mostri e morti viventi, dove l’Ignoto si apre in squarci oscuri, all’interno e all’esterno dei quali dormono i terrori ancestrali dell’umanità, il limo originale della Creazione, quando il futuro DNA dell’“Homo sapiens” si combinava a quello dei rettili preistorici, dei pesci abissali e delle fameliche e cieche creature senza nome.

Hodgson impartisce a Lovecraft la prima vera lezione sul “Nuovo Orrore in Letteratura”, il raccapriccio “uditivo”. Le Creature abissali di Hodgson annunciano la loro presenza con tonfi, risucchi, urla innaturali, stridii che conducono alla pazzia e al crollo della percezione, come nel racconto “Il Mostro”. Il disgusto “olfattivo” e “tattile-gustativo” interviene subito dopo. Nel leggere delle vicissitudini occorse alla sfortunata coppia di “A voice in the night” avvertiamo uno strano sapore in bocca, gommoso e con un retrogusto di terra e putrefazione, fantasma gustativo di una ributtante metamorfosi, promessa di una regressione all’organismo procariotico e monocellulare molto simile a quella subita dal protagonista macheniano di “The Novel of the White Powder” (“La polvere bianca”).

Il Mare di Hodgson è in realtà la più fedele e intelligente rappresentazione dell’Inconscio collettivo “Ante Litteram” mai concepita da un autore di letteratura fantastica. L’Oceano è il luogo dove l’orrore interno del rimosso si combina con l’orrore esterno dell’ignoto, con la paura dell’abisso: anche solo per questo Andrè Breton avrebbe dovuto includere l’opera di Hodgson all’interno delle letture “ispiratrici” del movimento surrealista. Sarà invece l’intelligente e acuto Michel Bernanos, ottimo scrittore storico del movimento surrealista, a omaggiare le implicazioni psicologiche, metafisiche e organiche di Hodgson nel bellissimo romanzo di mare La montagne mort de la vie (La montagna morta della vita), a ulteriore testimonianza del fatto che se la critica cosiddetta “ufficiale” dorme, molti intelletti fortunatamente svegli “pigliano pesci”…

The Ghost Pirates, 1981, copertinaL’Intuizione che Hodgson ebbe sull’Inconscio collettivo si sviluppa, con conseguenze ancor più agghiaccianti a livello di struttura nel bellissimo romanzo The Ghost Pirates (I pirati fantasma). Dal diario di bordo dell’ennesimo “alter-ego” di Hodgson, assistiamo alle peripezie di un brigantino che nel seguire la sua rotta semplicemente “scompare”, entrando in un’altra dimensione, laddove viene perseguitata da una nave sottomarina. La nave fantasma si rivela ben presto abitata da creature umbratili e malvagie, di cui Hodgson non chiarisce la natura definendoli “pirati” per le loro azioni predatrici, ma solo una volta e solamente nel titolo. Le creature, infatti, si dedicano a rapire a uno a uno i membri dell’equipaggio. Per citare Jung, ci limiteremo a dire incidentalmente, che Il mito della nave “risucchiata” da un’altra dimensione conobbe un’incredibile fortuna negli anni 70-80 con il famoso “Triangolo delle Bermude”, zona maledetta del Globo terracqueo, dove scompaiono navi e aerei e dove gli apparecchi elettronici tacciono le normali comunicazioni emettendo in loro vece rumori non identificabili. Frutto di quello strano fenomeno che lo psicologo e “Guru” svizzero includeva nella categoria delle “Coincidenze”? Ovvero quei misteriosi processi attraverso i quali l’Inconscio collettivo chiarifica le proprie inquietudini creando Miti le cui origini sono difficilmente rintracciabili? Fatto sta che Hodgson, pur se è dubbio che avesse in mente un luogo reale al momento della stesura di questo Romanzo eccezionale, fa un uso eccellente di tale espediente letterario.

Il momento in cui il brigantino dove si trova il protagonista, sorta di allucinato Ismaele, incrocia una nave che gli viene addosso e lo attraversa in quanto oramai “non fa più parte di questa dimensione” è semplicemente magistrale. La tensione romanzesca si taglia col coltello. Occhi allucinati assistono all’emergere dagli abissi dell’Ombra di un vascello fantasma, sui cui ponti ribolle una strana attività. I marinai salgono sui pennoni e vengono assaliti da ombre implacabili che scivolano sulle tolde umide di acqua marina preparando il massacro finale… Neppure una volta in tutto il racconto ci viene detto che tipo di entità sono quelle ombre oblunghe e dai baluginanti occhi verdastri e maligni che trascinano le navi in altre dimensioni e rapiscono i loro equipaggi in un mondo di tenebra che è uno specchio oscuro della nostra realtà. Possiamo solo inferire una confusa visione d’insieme a partire dai dettagli che Hodgson ci offre. L’ombra della nave fantasma emerge da “sotto” la superficie del Mare, il Mare è dunque uno specchio, attraverso il quale il protagonista, che è anche una versione maschile della Alice di Carrol, entra in contatto con la parte oscura e caotica dell’Universo. L’immagine è talmente potente da ispirare, più avanti negli anni, il racconto “Le psaultier de Mayence” (“Il salterio di Mayence”) di quell’altra figura di marinaio-scrittore (o estroso truffatore) che fu Jean Ray.

[Continua]

Mariano D’Anza