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mercoledì 26 gennaio 2011

Arthur Machen, Algernon Blackwood e la Golden Dawn...

Arthur Machen, 1901, fotoConsiderazione en passant sorta a seguito della rilettura di diversi articoli in rete, ma valida a proposito di una gran parte della saggistica breve e delle note editoriali, critiche o biografiche – italiane e non – su Arthur Machen e altri autori fantastici d’area britannica e suoi contemporanei. Tutti interventi in cui si esalta, come fattore di primaria importanza, l’appartenenza all’ormai famoso “Ordine Ermetico dell’Alba Dorata”.

Tra gli avvenimenti principali nella vita dello scrittore gallese, massimo risalto viene usualmente dato al suo ingresso, nella società esoterica The Hermetic Order of the Golden Dawn, cui si associano invariabilmente i nomi di Bram Stoker, Algernon Blackwood, Lord Dunsany, Dion Fortune, Sax Rohmer e tanti altri scrittori weird e del mistero, oltre a William Butler Yeats e al celeberrimo Aleister Crowley che ne prese a un certo punto il controllo.

Tanto particolare entusiasmo per la Golden Dawn, da parte degli scrittori del periodo, appare in verità ampiamente mitizzato, spesso basato su informazioni parziali, datate o palesemente “di parte” che continuano tuttavia a restare fra le più diffuse, un po’ come accade per le leggende attorno a Lovecraft, complice l’estrema diffusione via Internet. I più documentati citano a supporto testi e pubblicazioni che, a ben vedere, non si rivelano a loro volta così limpidi circa le proprie fonti. Per esempio, l’affiliazione di Stoker risulta oggi indimostrabile benché avesse amici nell’Ordine (in italiano, vedasi anche The Dark Screen di Pezzini e Tintori, Gargoyle Books, 2008). Lo stesso si può tranquillamente affermare per il pragmatico Dunsany, mentre appare improbabile un’adesione formale di Rhomer, nonostante il suo interesse per l’occulto e i probabili contatti personali con membri riconosciuti, come lo furono Yeats e Lady Wilde (la madre di Oscar), oltre a Dion Fortune (Violet Mary Firth), Fiona MacLeod (William Sharp), Edith Nesbit o ancora Charles Williams.

Aderire a una massoneria o una società esoterica, nell’Inghilterra tra fine Ottocento e primi Novecento, per molti non era poi troppo diverso dall’iscriversi a un circolo sociale elitario, con una partecipazione personale non di rado minima o superficiale. E in quanto a Machen – ma non solo lui, vedremo – l’importanza del suo rapporto con l’“Alba Dorata” non è tanto individuabile nelle pretese conoscenze occulte che avrebbe dovuto trasporre in narrativa, come non pochi amano pensare, quanto nella profonda disillusione verso tali società esoteriche, documentata nei suoi scritti.

Poco dopo la morte della moglie, Arthur Machen aderisce alla Golden Dawn su invito dell’amico Arthur Edward Waite, risultandone iniziato nel novembre del 1899. Ma non si lascia coinvolgere più di tanto da un gruppo nel quale non ritrova un congeniale ambiente spirituale, e non andrà oltre il grado di “Praticus” , il terzo nell’Ordine più esterno. Da cattolico, se ne stuferà per meglio sviluppare più tardi una propria forma di cristianesimo basata sulla tradizione celtica.

Algernon Blackwood, fotoAlgernon Blackwood, altro nome ricorrente associato alla Golden Dawn, vi entra un anno più tardi, nell’ottobre del 1900. Ne sarà un poco più coinvolto approfondendo in tale ambiente le aree di suo maggiore interesse, ma lui pure si fermerà presto: raggiunto il grado massimo del primo Ordine, non prosegue oltre scegliendo di non diventare un adepto. Starlight Man: The Extraordinary Life of Algernon Blackwood, la biografia apparsa nel 2001 a firma di Mike Ashley, fornisce preziosi particolari sull’intero argomento.

Sia Machen che Blackwood seguono Waite quando ricostituisce la Golden Dawn nel 1903, dopo che si era spezzata in due fazioni, ma entrambi già perdevano interesse. Blackwood la considerava non più che una sorta di “club esclusivo” e scriverà più avanti, sulla rivista Time and Tide del 16 marzo 1923, di condividere il giudizio tutt’altro che lusinghiero espresso da Machen nel decimo capitolo del volume autobiografico Things Near and Far, pubblicato nel 1923:

“But as for anything vital in the secret order, or anything that mattered two straws to any reasonable being, there was nothing of it, and less than nothing. Among the members there were, indeed, persons of very high attainments, who, in my opinion, ought to have known better after a year’s membership or less; but the society as a society was pure foolishness concerned with impotent and imbecile Abracadabras. It knew nothing about anything and concealed the fact under an impressive ritual and a sonorous phraseology. It had no wisdom, even of the inferior or lower kind, in its leadership; [...]”

“Ma in quanto ad alcunché di vitale nell’Ordine segreto, o qualunque cosa che importasse un fico ad alcun essere ragionevole, di questo non c’era nulla, e men che nulla. Fra i membri v’erano, in effetti, persone d’alta cultura le quali, a mio giudizio, dopo un anno o meno d’affiliazione avrebbero dovuto avere più buonsenso; ma la società quanto a società era pura sciocchezza incentrata su inutili e imbecilli “Abracadabra.” Essa non sapeva niente di niente, e nascondeva la cosa sotto a un rituale di grand’effetto e una fraseologia altisonante. Non aveva saggezza, nella sua guida, nemmeno dell’inferiore o del più basso genere; [...]”

La traduzione è mia, restando l’originale inedito in Italia. L’autore gallese si riferisce all’Ordine in tutta trasparenza come Order of the Twilight Star, proseguendo le invettive, non senza caustico umorismo, ben oltre il brano estratto in precedenza.

Per approfondire, sui rapporti fra autori del fantastico e Golden Dawn si può leggere in inglese l’articolo di Leigh Blackmore Hermetic Horrors. Weird Fiction Writers and the Order of the Golden Dawn, disponibile negli archivi web di Scribd.

Andrea Bonazzi

mercoledì 12 gennaio 2011

A Means to Freedom: le lettere di H.P. Lovecraft e Robert E. Howard

A Means to Freedom: The Letters of H.P. Lovecraft and Robert E. Howard (Volume 1: 1930-1932), 2009-2011, copertina
A Means to Freedom: The Letters of H.P. Lovecraft and Robert E. Howard (Volume 2: 1933-1936), 2009-2011, copertina

Pubblicato nel 2009 da Hippocampus Press in una edizione limitata a soli 300 set di copie, A Means to Freedom: The Letters of H.P. Lovecraft and Robert E. Howard raccoglie in doppio volume tutto lo scambio epistolare oggi disponibile tra Howard Phillips Lovecraft e Robert Ervin Howard, con le lettere di entrambi gli autori dal 1930 fino alla morte, nel 1936, del creatore di Conan e della heroic fantasy moderna. Un’edizione particolarmente ambita – se non “indispensabile” – per l’agguerrito e vasto fandom di entrambi gli scrittori, rapidamente esaurita e ormai quasi introvabile, proposta a prezzi demenziali sul mercato del collezionismo di settore. Di qui la richiesta di una sua ristampa più economica e maggiormente accessibile ai lettori: una versione questa volta in paperback che la Hippocampus annuncia prossima in uscita, finalmente, a marzo.

In più di mille pagine a cura degli esperti Rusty Burke, S.T. Joshi e David E. Schultz, quello con R.E. Howard è fra i più interessanti degli scambi epistolari di H.P. Lovecraft. Ricco di confronti sul piano personale, storico e letterario, ma soprattutto su posizioni diametralmente opposte: l’esaltazione del barbarismo come stato naturale dell’umanità, sostenuta dal texano, contro la strenua difesa della civiltà occidentale da parte del Gentiluomo di Providence. Il quale, per una volta tanto, trova degno antagonista alle sue tesi.

Dall’ammirazione reciproca alla critica sulle rispettive opere, la discussione di nuove storie, le opinioni letterarie, le esperienze e i viaggi, si passa ai temi storici: attraverso la mediazione di Weird Tales, infatti, Howard contattò Lovecraft proprio a proposito di una frase in gaelico al termine de “I topi nel muro”, pensando che quest’ultimo intendesse sostenere una particolare tesi sull’insediamento dei celti nelle Isole Britanniche, mentre la citazione era semplicemente tratta, come aggiuntiva nota di colore, da un’annotazione al racconto “The Sin-Eater” di Fiona Macleod.

Dalle migrazioni celtiche e l’espansione romana, che li trovava partigiani sui due fronti, all’epoca contemporanea in un intenso scambio di approfondimenti, racconti e personalissime visioni sulla civilizzazione e la storia, non ultima quella locale, dal New England dell’uno alla vita di frontiera dell’altro con le vivide, potenti rievocazioni narrative di Bob Howard che tanto impressionarono il suo corrispondente.

Di grande interesse anche i netti attriti sul piano delle personalità, decisamente inusuali nell’ampio epistolario lovecraftiano, accesi dal giovane del Texas, talvolta umorale, guardingo e permaloso, o riattizzati dal sotterraneo sarcasmo e dalle pose enciclopediche del più anziano gentleman del Rhode Island, forse fin lì troppo abituato ad aver facile ragione dei suoi interlocutori. Incomprensioni e piccoli scontri di carattere sempre e comunque ricomposti, fra i due, nella massima stima e considerazione.

Inalterata la grafica delle due copertine, illustrate da David C. Verba su scorci della cattedrale di St. John a Providence e della Main Street di Cross Plains, la riedizione è disponibile in una tiratura di mille doppie brossure al costo di 55 dollari, contro i 100 degli originali a copertina rigida.

Una descrizione dell’opera, con indice dei contenuti, è reperibile sul sito di The H.P. Lovecraft Archives. Informazioni e ordini presso la pagina web dedicata su www.hippocampuspress.com.

A Means to Freedom: The Letters of H.P. Lovecraft and Robert E. Howard
Volume 1: 1930-1932 / Volume 2: 1933-1936
a cura di Rusty Burke, S.T. Joshi e David E. Schultz
Hippocampus Press, 2011
brossura, 2 volumi, 1004 pagine, $55.00
ISBN 9780984480296

Andrea Bonazzi