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mercoledì 10 ottobre 2012

Con Robert Aickman lungo Sentieri oscuri. Tutti i racconti fantastici vol. 1

Sentieri oscuri, 2012, copertinaL’inglese Robert Aickman (1914-1981) è ancora poco conosciuto qui in Italia. Della sua narrativa breve, non sono molti gli esempi apparsi nelle antologie di genere e l’unica sua raccolta tradotta nella nostra lingua è stata Suspense (Cold Hand in Mine, 1975), pubblicata nel 1990 per gli Oscar Horror della Mondadori.

Passati oltre vent’anni, sono le Edizioni Hypnos di Milano a riproporre oggi in italiano il singolare autore che definiva come “strange stories” i propri racconti del soprannaturale, “strane storie” in uno stile sofisticato e molto personale per un fantastico sottilmente scavato, quasi in chiave onirica, nel profondo della psicologia dei personaggi. Il tutto in qualche analogia, se non diretta influenza letteraria, con i lavori di M.R. James e Walter de la Mare, come scrive S.T. Joshi nel suo saggio The Modern Weird Tale del 2001, “benché superi il primo per la ricchezza e varietà strutturale, e il secondo nell’intensità sostenuta in tutta la propria narrativa”.

Per la traduzione di Francesco Lato, Sentieri oscuri. Tutti i racconti fantastici vol. 1 è il primo in una serie di ben sei volumi intesi a presentare, nel corso degli anni, l’intera opera fantastica di Aickman.

“Robert Aickman è considerato tra i più importanti autori del fantastico del Novecento. «Metereologo dell’inconscio», come lo ha definito Fritz Leiber, lontano dal racconto weird americano, influenzato da Shakespeare, Freud e dai surrealisti, Aickman risulta uno scrittore atipico nel panorama letterario del fantastico, ma al contempo un prodotto tipico del ventesimo secolo. Il mondo descritto da Aickman è abitato da «ectoplasmi di carta» (come li ha definiti Giuseppe Lippi), personaggi persi in un cosmo sempre più alieno, estraneo all’essere umano, alla ricerca di un disegno che sbiadisce progressivamente sino a una tragica e definitiva scomparsa. Sentieri Oscuri contiene nove tra racconti e romanzi brevi: «La ferrovia», «Una risposta inadeguata», «Il panorama», «La compagna di scuola», «Il richiamo delle campane», «La scelta delle armi», «La sala d’attesa», «Legati i capelli», «Solo una canzone al tramonto»”.

In più di quattrocento pagine, Sentieri oscuri esce nella collana “Biblioteca dell’Immaginario” con una introduzione di Andrea Vaccaro e una presentazione d’eccezione, quella di David Tibet, leader dei Current 93, che ci confessa: “i piaceri e le paure che si scoprono nei testi di Aickman sono così sottilmente inquietanti che nulla di quanto avevo letto in precedenza mi aveva preparato alle loro delizie e angosce”.

Informazioni e vendita in rete sul sito delle Edizioni Hypnos, o sulle pagine del Delos Store.

Sentieri oscuri. Tutti i racconti fantastici vol. 1
Robert Aickman
Biblioteca dell’Immaginario, Edizioni Hypnos, 2012
brossura, 416 pagine, €27.90
ISBN 9788896952078
Tatiana Martino

venerdì 1 aprile 2011

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft, 2007, copertina“Una appassionante selezione dall’epistolario e dalle più recondite testimonianze: tutta la verità sui conti e le spese dal droghiere, i ricambi e la manutenzione di sartoria, il riciclo di ogni pezzo di carta e l’eterno dispendio in francobolli. In appendice, spesa e vicissitudini presso i negozi di New York per sostituire gli abiti rubati. Una vita al risparmio, fino all’ultimo cent!”

Imminente ristampa, a quanto pare, per un titolo fra i più alimentari e indispensabili nel sempre più ampio panorama della saggistica su H.P. Lovecraft.

Apparso nel 2007 per i bei tipi delle Edizioni Stiqaatsi, Le liste della spesa di H.P. Lovecraft non asseconda di certo alcuna speculazione commerciale sul nome dello scrittore americano, piuttosto esplorandone una delle poche aree trascurate – o mai sfruttate a dovere – dall’altrimenti documentatissima ricerca lovecraftiana. Uno dei meno sondati e pur non meno influenti aspetti nel quotidiano della sua bio-bibliografia: far quadrare i conti.

Informazioni sul volume presso la pagina dedicata nel canale web librario de La Tela Nera.

Le liste della spesa di H.P. Lovecraft
a cura di Andrea Bonazzi
collana Saggi, Edizioni Stiqaatsi, 2007
brossura, 120 pagine, €8.00
ISBN 9788889084038



Nota supplementare:

La data di pubblicazione del post non può davvero passare inosservata, e il titolo qui “presentato” è pure cosa vecchia. Pochi secondi di sospensione dell’incredulità sarebbero già un gran risultato… anche se, vi assicuro, qualcuno anni fa incluse questo libro fra le novità editoriali nell’articolo di un noto portale horror italiano, rimediando solo dietro mia rettifica.

“Qualunque cosa, purché ci sia Lovecraft in copertina”. Eppure, l’idea di arrivare a pubblicare persino i suoi conti del droghiere non sarebbe in fondo neanche troppo assurda. Volendo compilare un qualcosa del genere, il materiale nemmeno occorre inventarselo: basta andare a frugare tra le migliaia di pagine dell’epistolario.

In particolare, una sorta di “lista delle spesa” c’è davvero in una lettera del 20 dicembre 1936 scritta a Jonquil Stephens, la prima moglie di Fritz Leiber. Sia lei che il marito corrisposero con Howard Phillips Lovecraft nel corso dei suoi ultimi sei mesi di vita, e proprio Jonquil si dimostrò preoccupata per la salute del gentiluomo di Providence e l’estrema povertà della sua dieta.

La risposta di Lovecraft si trova nella parte centrale della lettera, tratta da Selected Letters vol. V, 1934-1937, Arkham House, 1976 (n. 912, pag. 379), ancora inedita in Italia:

“Parlando di questioni economico-industriali — mi lasci assicurarle che un programma dietetico da 2 o 3 dollari a settimana non implica nemmeno una particola di malnutrizione o sgradevolezza al palato, sempre che uno sappia che cosa prendere e dove procurarselo. Le scatolette e i delicatessen celano possibilità meravigliose! Porridge? Mehercule! Al contrario, i miei gusti reclamano i più piccanti e speziati ingredienti concepibili, e dessert che siano prossimi quanto possibile al 100% di C12H22O11. In effetti, di quest’ultimo articolo non ne consumo mai meno di quattro cucchiaini in una normale tazza di caffè. Pietanze preferite — spaghetti italiani, chili con carne, goulash ungherese (salvo quando posso avere carne bianca di tacchino in salsa piccante). Se questo è ascetismo, sfruttiamolo a pieno! Quanto agli elementi di spesa — per cominciare, mangio due volte sole al giorno per scelta… o piuttosto, per opportunità digestiva. Avevo adottato tale programma di due pasti molto prima di dover fare economia. Il resto è meramente questione di giudizio e lungi da una scelta di auto-privazione. Andiamo a investigare le razioni di una giornata tipica.

(a) Colazione (che io la mangi prima o dopo essermi ritirato, dipende se mi ritiro alle 2 a.m. o alle 9 a.m. o in qualche altra ora. Il mio programma di sonno e veglia è molto flessibile.)
    Ciambella dello Weyhasset Pure Food Market . . . 0.015
    Formaggio York State Medium (per amor delle cifre tonde) . . . 0.060
    Caffé + latte condensato Challenge Brand + C12H22O11 . . . 0.025
    ___________________
    Totale Colazione . . . 0.100

(b) Cena (che ha luogo vagamente tra le 6 e le 9 o 10 p.m.)
    1 scatoletta Rath di chili con carne * . . . 0.100
    2 fette di pane Bon Bread . . . 0.025
    Caffè (con accessori come sopra) . . . 0.025
    Fetta di torta oppure quarto (od ottavo) di crostata . . . 0.050
    ___________________
    Totale Cena . . . 0.200
    ___________________
    Totale Complessivo per Giorno Intero . . . 0.30
    7
    ___________________
    Totale Medio per Settimana . . . 2.10

( * oppure pasticcio di manzo in scatola Armour o fagioli pronti dal delic., o salsiccia di Francoforte Armour o spaghetti con polpette di carne Boiardi, o chop suey dal delicatessen o zuppa di verdure Campbell, etc., etc., etc. )

Talvolta, ovviamente, ci sono esorbitanti aggiunte — come frutta a colazione, o formaggio e torta a cena, oppure una barretta di cioccolato o un gelato fuori orario, o una pietanza di carne che costi più di 10 centesimi, o altri sibaritici lussi. Ma perfino le più luculliane indulgenze raramente toccano un settimanale di 3 dollari. E di questo il Vecchio ancora vive — in un discreto vigore e stato di salute! Abbastanza stranamente, ero un semi-invalido nei vecchi giorni quando non facevo economia. Porridge? Non per il Nonno!......”


A titolo di nota, facendo finta che già tutti lo sapessimo: “Mehercule!” è un’esclamazione volgare latina; con delicatessen s’intendono anche i cibi pronti del negozio; C12H22O11 è formula chimica dello zucchero e il chop suey è un piatto della cucina cinese americana. Il testo integrale della lettera si può leggere in lingua originale sulle pagine di NehwoN, sito web francese dedicato a Fritz Leiber.

Andrea Bonazzi

giovedì 10 marzo 2011

Lovecraft: Teoria dell’Orrore, una recensione

“I rapporti fra uomini non stimolano la mia fantasia. Semmai è il rapporto dell’uomo con il cosmo, con l’ignoto, che solo riesce ad accendere in me la scintilla dell’immaginazione creatrice. Il punto di vista antropocentrico mi riesce insopportabile, perché non posso condividerne la primitiva miopia che esalta il mondo trascurando ciò che vi sta dietro. Il mio piacere è la meraviglia, l’inesplorato, l’inaspettato, ciò che è nascosto e quell’alcunchè d’immutabile che si cela dietro l’apparente mutevolezza delle cose. Rintracciare quel ch’è remoto nel vicino; l’eterno nell’effimero; il passato nel presente; l’infinito nel finito; queste sono le fonti del mio piacere e di ciò che io chiamo bellezza”. (H.P. Lovecraft, “In Difesa di Dagon”, 1921)

Howard Phillips Lovecraft, fotoNelle vesti di critico e di teorico letterario, non meno che in quelle di straordinario narratore dell’orrore, H.P. Lovecraft non sarà mai lodato abbastanza. Basti citare il suo fondamentale “Supernatural Horror in Literature”, il primo vero studio sulla narrativa dell’horror e del mistero che sia mai stato scritto – ancora oggi una pietra miliare nel suo genere e manifesto, mai come oggi così attuale, delle inquietudini del terrore in letteratura – per rendercene conto.

Ma Lovecraft ha scritto anche tutta una serie di sue brillanti argomentazioni sulla materia presa in oggetto, l’horror e il fantastico (materia eterea, irreale, da cui nascono tutte le fantasie...) e in particolare il cosmic horror che è al centro della sua poetica, e le sue interpretazioni hanno anticipato quelle di noti critici e teorizzatori del genere come Tolkien, Borges e Caillois, con il fantastico inteso come alternativa o Mondo Secondario (“secondary world”) e il soprannaturale visto quale interruzione e violazione delle Leggi naturali che dominano la Realtà.

Tutti questi straordinari saggi, utilissimi per indagare la filosofia alla base dell’opera dello scrittore, la sua estetica dell’orrore, e le pulsioni recondite da cui questo scaturisce, sono ora stati raccolti, per la prima volta al mondo (e per una volta tanto il vanto è tutto italiano) nel nuovissimo Teoria dell’Orrore. Tutti gli scritti critici di H.P. Lovecraft (Edizioni Bietti, 2011, pp. 560, €24.00), volume a cura del noto esperto e specialista Gianfranco de Turris, e con una Introduzione di S.T. Joshi, massima autorità su vita e opere del Maestro dell’Incubo.

In verità, non è un libro e un lavoro fatto ex novo, in quanto i saggi di Lovecraft sulla Letteratura fantastica sono già stati raccolti in precedenza, sempre da G. de Turris, una prima volta – in edizione però pressoché incompleta – in In difesa di Dagon e altri saggi sul fantastico (SugarCo, 1994, pp. 202) e poi in volume pubblicato da Castelvecchi (2001, pp. 272) omonimo del presente.

Questa che segnaliamo è quindi (come si legge nel frontespizio interno) una “Terza edizione riveduta, corretta, aggiornata ed ampliata” ma si presenta a tutti gli effetti come un’opera nuova per una serie di ragioni, in primis le circa 200 pagine di materiale nuovo che ne giustifica la mole e l’acquisto. Per non parlare di tutti gli aggiornamenti, le correzioni, le decine e decine di annotazioni in più, ecc., rispetto alle precedenti versioni. Sicuramente si tratta della compilazione definitiva di questo genere, un’opera di seminale importanza che aiuta a decifrare uno scrittore che è stato capace di aprire squarci nel banale quotidiano e di gettare nuovi semi e idee in un campo (oggi minato qual è quello del fantastico letterario) che di semi e idee fruttifere ne ha finora visti pochi.

In questo senso, quella attuata consapevolmente da Lovecraft, nella narrativa e soprattutto nei saggi, è stata una vera e propria “rivoluzione Copernicana” (per usare la bella definizione di Fritz Leiber), un matrice e un mezzo attraverso cui far emergere il suo più profondo pensiero e la sua immensa, assoluta, quasi metafisica (seppure saldamente materialistica e agnostica) “visione delle cose”.

Teoria dell’Orrore, 2011, copertinaA differenza di Poe, Lovecraft colloca l’orrore nel “vasto spazio esterno”, nell’insondabile e profondo Ignoto, e la sua concezione dell’incubo è frutto di tre capisaldi: 1) anzitutto “l’Ignoto”, appunto, inteso come il versante più tenebroso del fantastico; 2) poi “l’atmosfera”, frutto di allusioni a forze estranee e ostili; 3) il punto di vista “cosmico”; 4) infine la “sospensione della realtà”, intesa come sconfitta di ogni legge di natura. Su questi quattro principî Lovecraft edificherà il suo personalissimo percorso, di uomo e di narratore.

Questi saggi sono quindi di vitale interesse e di valore durevole, dando materia alla materia stessa di cui sono fatti i sogni...

Gli scritti sono presentati in modo organico, con un accurato apparato critico di contorno che ne spiega genesi, evoluzione ed importanza. Fondamentale tra questi documenti è naturalmente “L’Orrore sovrannaturale nella Letteratura”, il saggio più importante scritto da HPL, che lo scrittore aggiornò continuamente e costantemente nel corso della sua vita. Quella che qui si è tradotta (unica versione italiana completa, annotata e prefata) è l’ultima sua revisione, del 1936. Lovecraft vi traccia una vera e propria genealogia dell’orrore, che partendo dai primi esempi del genere gotico, attraversando Edgar Allan Poe e Lord Dunsany (due suoi numi tutelari), arriva fino ai Maestri moderni. Un excursus critico-storico che non ha precedenti né rivali in campo critico. Le “fortune” di questo saggio, del resto, sono ampiamente documentate all’interno dal compianto Claudio De Nardi (scomparso mentre questo libro era in corso di stampa) in un bell’intervento, “Storia e Fortuna de L’Orrore Sovrannatutale nella Letteratura”, che introduce alla perfezione quello che Gianfranco de Turris ha giustamente definito “un testo fondamentale nella storia delle teorie del fantastico” (p. 17).

Seguono altri testi critici, di minore portata ma non meno significativi. Il più stimolante tra questi è sicuramente un gruppo di interventi scritti nel 1921, che poi sono stati riuniti dal grande S.T. Joshi sotto il titolo generale di “In Difesa di Dagon”. Si tratta di una serie di ampie e articolate riflessioni in cui Lovecraft difendeva filosofia, gusto estetico e tecniche narrative alla base dei suoi primi racconti, e, più in generale, l’originalità del suo modo di intendere e di vedere il fantastico.

Vengono quindi raccolti una serie di interventi su alcuni temi generali della narrativa fantastica intesa nella sua accezione più ampia: ecco, dunque, uno scritto sul mondo magico e fiabesco (“Sulle Fate”), uno sulla fantascienza (“Alcuni appunti sulla narrativa interplanetaria”), e un paio dedicati più specificatamente alla letteratura horror e weird (“Note su come scrivere racconti fantastici” e “Osservazioni sulla narrativa fantastica”), che insieme costituiscono una guida inestimabile ai principî di Lovecraft e ai suoi metodi di scrittura narrativa.

Infine, trovano posto una serie di profili critici e biografici su alcuni importanti autori del passato, o contemporanei di Lovecraft, che nella forma del saggio breve uniscono memorie e ricordi personali all’analisi critica dell’opera dell’autore. Tra essi spiccano “Lord Dunsany e la sua opera” (1922), e “I romanzi fantastici di William Hope Hodgson” (1934); ma non sono da meno le osservazioni e i ricordi di HPL su Robert E. Howard, Clark Ashton Smith e Henry Whitehead, che proprio grazie al peso dell’apprezzamento di Lovecraft sono assurti essi stessi al rango di Maestri del fantastico.

Dicevamo all’inizio del materiale inedito che arricchisce questa bellissima edizione (che si presenta un must anche sotto il profilo visivo e “tattile”, unendo al rigore e alla sobrietà della veste grafica la limpidezza dei fonts e un perfetto design, interno ed esterno, che rende il volume un piccolo gioiellino di cura editoriale), che recupera innanzitutto una curiosa lista di Lovecraft, “Le mie storie dell’orrore preferite”, tratta da un raro numero del 1934 di The Fantasy Fan; ma la vera novità, una primizia per l’Italia, è qui rappresentata dalle “Trame di racconti fantastici” (“Weird Story Plots”), cioè i sunti da lui preparati dei classici dell’horror che vanno da Poe a Blackwood, da M.R. James a R.W. Chambers, H.H. Ewers, ecc. – senza tralasciare grandi storie dimenticate di W. Elwyn Backus, Leonard Cline, Paul Suter e altri. Lovecraft scrisse tali sunti per “identificare elementi e situazioni che universalmente contribuiscono a creare le suggestioni e a dare efficacia in un racconto dell’orrore”.

Nella parte conclusiva di questa edizione ampliata di Teoria dell’Orrore troviamo infine le “Lettere sull’immaginario” di Lovecraft, una serie di corposi (e inediti) brani estratti dal suo epistolario inerenti la letteratura fantastica e dintorni, ma non solo (giacchè, come ci ricorda de Turris, “Lovecraft non era semplicemente un appassionato ed un autore del fantastico, ma aveva alle spalle un retroterra che si rifletteva su questa sua passione specifica”), il tutto con l’aggiunta di diverse note esplicative, indicazioni bio-bibliografiche, ecc.

Ciò che emerge fuori, a lettura conclusa, è l’enorme passione che Lovecraft nutriva per il genere letterario da lui prescelto, un amore profondo, viscerale, sincero, ma anche analitico e, potremmo dire, “scientifico” nella sua continua analisi e dissezione della materia, opere, autori eccetera. Ma, più importante ancora, in quei saggi Lovecraft riesce a dare una base concreta alla sua filosofia, e a fornire una giustificazione alla scrittura del mistero mediante un’analisi sulla natura e il fascino della narrativa dell’orrore. L’enfasi viene posta sull’atmosfera, più che sulla trama, nella significativa distinzione (che sembra essersi persa nella narrativa horror odierna) tra il racconto genuinamente del mistero e il racconto di mera suspense psicologica.

E poi, fortemente significative, ci sono le sue riflessioni sulla terrificante posizione dell’uomo (infima) nei confronti del vasto universo, la difesa, etica ed estetica, del suo materialismo di natura meccanicista e, in generale, troviamo nei saggi le fondamenta su cui Lovecraft tratteggia in controluce la propria personalissima visione del mondo e della vita. Una lettura fondamentale, quindi, direi vitale per comprendere il pensiero di Howard Phillips Lovecraft, il più grande creatore d’incubi della storia, e anche per capire l’importanza e il significato del genere all’interno del canone letterario tout-court.

Ma, soprattutto, è una lettura indispensabile per avvertire anche noi “... quel raspare di ali nere” che s’agitano negli abissi più profondi dello spazio, e i misteri, le meraviglie e i portenti che si celano ai margini dell’universo a noi sconosciuto.

Pietro Guarriello

giovedì 30 dicembre 2010

The Arkham Sampler (1948-1949)

The Arkham Sampler (1948-1949), 2010, copertine
The Arkham Sampler (1948-1949), 2010, volumi

Oggi rari e pregiati pezzi da collezione, i fascicoli di The Arkham Sampler furono pubblicati in otto uscite trimestrali fra il 1948 e 1949, curati da August Derleth come rivista di anticipazioni, articoli, recensioni e lettere per la sua Arkham House.

Sotto la copertina composta da Ronald Clyne, riproposta con diversa colorazione in ogni numero, nel magazine trovarono ampio spazio anche poesia e narrativa breve, spesso anche originale, degli autori che fecero le fortune della piccola casa editrice specializzata di Sauk City: dai classici H.P. Lovecraft, R.E. Howard e C.A. Smith fino a Frank Belknap Long, Robert Bloch, Carl Jacobi ed E. Hoffmann Price, o ancora Anthony Boucher, David H. Keller, H. Russell Wakefield e Alfred E. van Vogt, e i “giovani” Ray Bradbury, Fritz Leiber e Theodore Sturgeon

Una ghiotta parata di autori e contenuti, sinora riservata a pochi appassionati ma oggi riproposta al completo in The Arkham Sampler (1948-1949), con l’accurata ristampa in fac-simile dell’intera doppia annata: ottocento pagine riprodotte in un set di due tomi co-pubblicato dalla canadese Battered Silicon Dispatch Box insieme all’Arkham House, con la collaborazione della August Derleth Society.

La tiratura è limitata a sole 250 coppie di volumi rilegati in tela, al costo di 149.95 dollari canadesi. Informazioni e acquisto presso le pagine dedicate sui siti web di The Battered Silicon Dispatch Box e della Arkham House.

The Arkham Sampler (1948-1949)
a cura di August Derleth
Battered Silicon Dispatch Box, 2010
copertina rigida, 2 volumi, 800 pagine, $149.95
ISBN 9781552469279

Andrea Bonazzi

mercoledì 17 novembre 2010

La visione del mondo e il Weird Tale

“There is a weird power in a spoken word”
– Joseph Conrad –

La lingua è fatta di sfumature.
Spesso nella traduzione da una lingua a un’altra manca un’equivalenza totale fra i termini. Un esempio illustre per tutti: la Vulgata di San Girolamo (Versio Gallicana, 386-391 d.C., realizzata a partire dal testo greco della Esapla di Origene. In Is7,14 il termine ebraico ’almah, giovane donna, reso col greco parthènos, vergine, e tradotto da Girolamo con il latino virgo, diventando una prefigurazione della virginale nascita di Cristo; Sal15,10 [16,10 TM] shàhat, sepolcro, trasposto nel greco diafthoràn, e tradotto corruptionem in latino, preannunciando la risurrezione di Cristo). Con una svista ha creato due dogmi…

Peter Penzoldt, The Supernatural in Fiction, 1952, copertinaCome per il termine tedesco Sehnsucht, non abbiamo un equivalente italiano se non ricorrendo a una perifrasi, così per Weird non basterebbe un trattato.

Howard Phillips Lovecraft ha il merito di aver individuato – in The Supernatural Horror in Literature (1927) – la categoria letteraria del Weird Tales di cui è sicuramente il teorico più acuto, a differenza dei suoi successori che s’impegneranno tenacemente per ingenerare fraintendimenti e confusione… Uno su tutti, il critico Peter Penzoldt il quale in The Supernatural in Fiction (1952) afferma allegramente che

“Per semplicità useremo il termine Ghost Story anche per i Racconti del Soprannaturale che non si occupano solo di fantasmi e revenant. Questo si giustifica col fatto che la maggior parte dei Weird Tales sono di fatto ghost stories”.

Come dire che da oggi chiameremo tutte le catene montuose “Alpi”, tanto – di fatto – sono tutte montagne…
Così, come fa notare Sunand Tryambak Joshi, è abbastanza improprio ostinarsi a voler definire qualunque scritto successivo a Edgar Allan Poe “Romanzo Gotico”. Ed è completamente fuori strada chi, come David Punter, asserisce che

“[…] molti dei più noti maestri del sovrannaturale recente – Algernon Blackwood, Montague Rhodes James, H.P. Lovecraft – derivano le loro tecniche di suspence e il loro senso dell’arcaico direttamente dal Romanzo Gotico originale e che molti dei loro simboli cruciali sono propri di questi più antichi scrittori”.

E dire che oggi giorno pochi non conoscono Poe…

S.T. Joshi ha anche il merito di aver tentato di metter ordine tra le varie definizioni di genere. Sostiene infatti nel saggio The Weird Tale (1990) che

S.T. Joshi, The Weird Tale, 1990“Il recente lavoro in questo campo ha causato una irrimediabile confusione di termini tra Horror, Terrore, Sovrannaturale (nell’originale “Supernatural” e non “Weird”, n.d.t.), Fantasy, Fantastico, Ghost Story, Romanzo Gotico e altri. Non sembra che l’uso del termine che ne fa ogni singolo critico si approssimi a quello di qualsiasi altro, e nessuna definizione del Weird abbraccia tutti i tipi di impianti narrativi che possono essere plausibilmente presupposti per prender parte alla portata del termine. Questa difficoltà è un risultato diretto della concezione del Weird Tale come genere ben definito a cui appartengono alcuni determinati impianti piuttosto che altri”.

Intanto, comincia col far notare che Lovecraft usa il termine Weird Tale come un umbrella term, un “termine ombrello” che abbraccia Racconti del Sovrannaturale di vario tipo:

“I veri Weird Tales hanno qualcosa in più che un omicidio segreto, ossa sanguinanti, o una forma rivestita che fa clangore con le catene secondo la regola. Una certa atmosfera del terrore che lascia senza fiato e l’inspiegabilità delle forze esterne e sconosciute deve essere presente; ci deve essere un suggerimento espresso con serietà e un non-portentoso che si trasforma nel relativo oggetto, di quella concezione più terribile del cervello umano, una maligna sospensione o una particolare sconfitta di quelle leggi immutabili della natura che sono la nostra sola salvaguardia contro gli assalti di caos e demoni dello spazio inesplorato”.

H.P. Lovecraft fa un’altra suggestiva affermazione:

“[…] il punto cruciale di un racconto Weird è qualcosa che può accadere realmente”.

H.P. Lovecraft, The Supernatural Horror in Literature, 2000, copertinaL’autore di Providence sembra non chiarire se il Weird Tale sia strettamente equivalente al Racconto dell’Orrore Sovrannaturale o sia qualcosa più vasto. In The Supernatural Horror in Literature, infatti, sembra suggerire una lettura stretta del termine Weird Tale. A questo punto, Joshi si chiede come possa giustificarsi la successiva inclusione nel suo studio di Ambrose Bierce e Lord Dunsany poiché Lovecraft, effettivamente, sembra escludere interamente l’Orrore Non-Sovrannaturale quando afferma che la vera letteratura Weird

“[…] non deve essere confusa con un tipo esternamente simile ma interamente, psicologicamente differente ovvero la letteratura della mera paura psicologica e dell’orribile puramente terreno”.

Secondo Joshi, il Weird Tale deve includere la divisione in sottogeneri, ognuna dei quali dovrebbe essere considerato come “non esclusivo” e comprensivo di alcuni altri sottotipi che sono probabilmente amalgama o rami di quelli che Joshi individua.

Il Supernatural Horror è, per Joshi, forse il sottoinsieme più copioso del Weird Tale in cui rientra la maggior parte della produzione di Arthur Machen e Algernon Blackwood, una quantità significativa delle opere di Bierce e gran parte della produzione iniziale di Lovecraft.
Il Supernatural Horror può esistere soltanto laddove il mondo ordinario delle nostre vite quotidiane sia presupposto come norma; “la legge naturale” può, come lo stesso Lovecraft afferma, “essere violata” soltanto e proprio in quanto è presupposta per funzionare nel mondo reale. È ciò che i francesi chiamano le fantastique, come Maurice Lèvy rileva brevemente:

“È ben noto che il realmente fantastico esiste soltanto dove l’impossibile fa una irruzione, attraverso tempo e spazio, in un luogo oggettivamente familiare”.

La Ghost Story (nel senso stretto del termine) è concettualmente un sottoinsieme del Racconto Soprannaturale dell’Orrore, ma possiede virtualmente una storia indipendente. Joshi, dimostrerà che è una forma molto rigida e inflessibile di narrazione e perciò non deve sorprendere che M.R. James – con la sua impertinente attitudine verso la scrittura Weird – l’abbia simultaneamente perfezionata ed esaurita. Chi ha apportato cambiamenti nella tradizionale Ghost Story come Walter de la Mare e Oliver Onions, l’ha trasformata in una forma filosoficamente molto differente: la Ghost Story Psicologica.

S.T. Joshi, The Modern Weird Tale, 1995, copertinaQuasi Science Fiction è uno sviluppo dell’Orrore Sovrannaturale in quanto il mondo reale è presupposto di nuovo come norma, ma le intrusioni dell’“impossibile” sono in qualche modo razionalizzate. È una forma più avanzata di Weird Tale perché implica che “il sovrannaturale” sia non ontologico ma epistemologico: è soltanto la nostra ignoranza di determinate “leggi naturali” che genera l’illusione del sovrannaturalismo. Alcune storie di Bierce e la maggior parte dell’opera più tarda di Lovecraft ricadono in questa categoria; Matthew H. Onderdonk ha coniato il felice termine supernormal per descrivere questo fenomeno in Lovecraft, l’unico autore – a parere di Joshi – che abbia lavorato esaustivamente all’interno di questa sottoclasse. S.T. Joshi denomina gran parte della produzione lovecraftiana Quasi Science Fiction, motivando questa affermazione in base all’implicazione nelle sue storie di ciò che un giorno potremo definire fenomeni “supernormali”, e sostiene che non rientra nell’attuale Fantascienza a causa della loro intenzione manifesta di incutere l’orrore.

Per Joshi, se qualcosa è progettato per ispirare l’orrore deve essere classificato come sottogenere del Weird Tale. A questo punto, la Quasi Science Fiction e lo Psychological Horror devono essere considerati sottogeneri del Weird Tale. Lo Psychological Horror sembra scindersi in due rami distinti – che potrebbero essere denominati Pseudosupernatural (dove i fenomeni sovrannaturali sono sì suggeriti, ma spiegati via via come il prodotto di una coscienza anormale) e il Conte Cruel, che è ciò che Lovecraft aveva esplicitamente escluso. Fa notare Joshi che il limite fra il Conte Cruel e il Mystery o persino la Detective Story può essere molto sottile; impianti narrativi come quello di Psycho di Robert Bloch (1959), sembrano rientrare nella tradizione Weird, ma devono essere considerati come una storia di mistero o di suspence. L’unica distinzione, per come la vede S.T. Joshi, è l’intento dell’autore.

Fantasy è, ancora dal punto di vista di Joshi, il sottogenere più difficile da definire, perché presenta la varietà più sconfinata di forme e sembra difettare di certe ramificazioni metafisiche presenti in tutti gli altri tipi di Romanzo Weird. In un mondo immaginario Fantasy – come quello di The Gods of Pegāna di Lord Dunsany, o quello de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien – non ci può essere orrore sopranaturale perché il mondo reale e le sue leggi non sono assunti esistenti. Tali opere presentano eventi “che possono accadere”, ma in cui i momenti di terrore non potranno essere di alcuna varietà ontologica. Fa notare il critico americano che potrebbe esserci, tuttavia, una specie di orrore pseudo-ontologico riflesso nelle risposte dei personaggi: quando, in The Gods of the Mountain di Lord Dunsany (1911), qualcuno dice “la roccia non dovrebbe camminare nella sera” possiamo presupporre che, almeno in un particolare, questo regno immaginario obbedisca a leggi naturali simili alle nostre. All’interno dei racconti di Dunsany vi è sicuramente una violazione delle leggi naturali ma – tiene a far notare Joshi – l’autore non desidera farci provare terrore.

Weird Tales, dicembre 1936, copertinaHeroic Fantasy (principalmente in Robert E. Howard e Fritz Leiber) è una combinazione del Racconto di Orrore Sovrannaturale con la storia di avventura e con il Romanzo Storico.

Nell’Ambiguous Horror Tale, il dubbio se gli eventi siano sovrannaturali o no è mantenuto sino alla fine. Per Joshi si tratta di una forma ibrida e, pur ammettendo che ve ne sono alcuni esempi notevoli, non la trova tipica del genere nell’insieme. Ammette però che l’opera di Bierce sembra darne qualche esempio, ma a una lettura più accurata fornisce, in quasi ogni caso, indizi sufficienti verso una risoluzione, sovrannaturale o non-sovrannaturale. Inoltre sostiene che si potrebbe benissimo fare a meno della bizzarra categoria del “racconto puro dell’orrore” – nel saggio di Peter Penzoldt – che comprende la mera esibizione senza pudore dell’orrore fisico relegandola a certe forme più basse di letteratura e film popolari, e trova grottesco volerla riscontrare, come fa Penzoldt, nel lavoro di Machen, di Lovecraft e persino di F. Marion Crawford.

E se Lovecraft tenta di dare un fondamento antropologico al Weird, Joshi sostiene che è un modo di vedere la vita.
Afferma che gli scrittori Weird pur utilizzando schemi narrativi o loro variazioni, lo fanno in accordo con precise predisposizioni filosofiche. Evidenzia come tutti gli autori che esamina (a eccezione di James) elaborino diverse visioni del mondo che li portano a scrivere questo genere di letteratura: differenti orientamenti filosofici, insomma, produrrebbero tipi diversi di weird tales. È convinto che si possa comprenderne l’opera esaminandone unicamente le teorie metafisiche, etiche ed estetiche, e notando poi come i loro scritti le riflettano o ne siano espressione. In ogni caso, Joshi fa notare che l’intera produzione di ogni scrittore possiede un’unità filosofica, che cambia a seconda della diversa concezione che essi hanno del mondo. Questa indagine filosofica si accompagna a quella filologica rivolta a uno studio dei fatti, delle biografie, degli scritti non romanzati, delle lettere et similia.
S.T. Joshi intende mostrare in sostanza come il Weird Tale offra un’opportunità unica alla speculazione filosofica, al punto da spingersi ad affermare che

“[…] si potrebbe dire che il Weird Tale è un modo narrativo eminentemente filosofico, in quanto frequentemente costringe a richiamare direttamente questioni fondamentali come la natura dell’universo e del nostro posto in esso”.

E proseguendo con

“[…] alcuni autori sviluppano determinati tipi di visione del mondo che li spingono a scrivere romanzi i quali stimolano nei lettori domande, revisioni, rovesciamenti dei loro punti di vista sull’universo; il risultato è ciò che noi (retrospettivamente) chiamiamo Weird Tale”.

Ogni autore, secondo Joshi, sta provando a convincerci della veridicità della sua visione del mondo. Gli impianti narrativi prodotti non possono adattarsi tutti ordinatamente alla categoria del Weird Tale, ma ignorare alcune opere ostacolerebbe seriamente la nostra comprensione generale della figura, del senso e dello scopo del loro pensiero.


Bibliografia:
The Weird Tale, S.T. Joshi, Austin: University of Texas Press, 1990
The Supernatural Horror in Literature. H.P. Lovecraft, 1927, Annotated edition T.S. Joshi, Hippocampus, 2000
The Supernatural in Fiction. Peter Penzoldt, New York: Humanities Press, 1965
Lovecraft, ou, Du Fantastique. Maurice Levy, Christian Bourgois, Paris 1985
La letteratura fantastica. Tzvetan Todorov, Garzanti, Milano 2000
Storia della letteratura del terrore. Il “gotico” dal Settecento a oggi. David Punter, Editori Riuniti, Roma 2006
Agiografia Medievale. S. Boesch Gasano, Ed. il Mulino, Bologna 1976
Oxford English Dictionary. Vol. 3, Clarendon Press, 1997

Tatiana Martino

(articolo pubblicato sulla rivista Necro – anno I, numero IV, novembre 2007)

lunedì 1 novembre 2010

Strange Wonders: rarità e inediti di Fritz Leiber

Strange Wonders: A Collection of Rare Fritz Leiber Works, 2010, copertinaFinalmente uscito per l’americana Subterranean Press Strange Wonders: A Collection of Rare Fritz Leiber Works, una raccolta di scritti sparsi, curiosità e inedite rarità letterarie di Fritz Leiber tra versi, spunti e appunti dai materiali giovanili alla piena maturità artistica, incluse storie incompiute – ma già autosufficienti – come “Opaque Corridor”, “The Communicants” o “Social Inventor”, e articoli o rappresentazioni quali “The Mystery of the Japanese Clock” e “Quicks around the Zodiac – A Farce”. Il tutto selezionato a cura di Benjamin Szumskyj, dalla cui introduzione al libro riportiamo a seguito un estratto, tradotto in italiano:

“Per quanto riguarda Fritz Leiber, credo che la pubblicazione di tali opere inedite e mai raccolte in volume non possa che rafforzare la sua grandezza letteraria. Attraverso frammenti, bozze e prove pratiche di scrittura, possiamo vedere chiaramente l'evoluzione di un Leiber dilettante fino al Leiber professionista. Si mostra chiaro il modo in cui l’autore ha dedicato la sua vita alla parola scritta, e raffinato le proprie capacità fino a produrre i capolavori pluripremiati che leggiamo ancora oggi. A chi può muovere obiezioni verso un volume come questo, chiedo: il sogno originale non è forse importante quanto l’impero che vi si è costruito sopra? Gli schizzi e i disegni di progetto, non sono d’interesse quanto le costruzioni e le opere finite? Dobbiamo porre in prospettiva queste cose, e constatare come la pubblicazione di tali lavori non sia affatto una macchia sull’eredità di Leiber. Piuttosto, ciò ne completa e chiude il cerchio. Se ci viene chiesto di scavare a fondo nella biografia di un individuo, allora dobbiamo fare lo stesso anche per la sua bibliografia”.

Già esaurita la tiratura limitata in 150 copie, firmate dal curatore e rilegate in pelle, il volume è in vendita in hardcover al prezzo di 40 dollari, reperibile anche attraverso la pagina dedicata sul sito web dell’editore sulla quale è possibile trovare l’indice al completo dei suoi contenuti.

Strange Wonders: A Collection of Rare Fritz Leiber Works
Fritz Leiber
a cura Benjamin Szumskyj
Subterranean Press, 2010
copertina rigida, 280 pagine, $40.00
ISBN 9781596063242

Andrea Bonazzi

sabato 25 settembre 2010

The Robert E. Howard Reader, saggi sul Bardo di Cross Plains

The Robert E. Howard Reader, 2010, coverFinalmente in uscita l’attesa raccolta saggistica The Robert E. Howard Reader, curata e introdotta da Darrell Schweitzer per l’americana Wildside Press. Preannunciato e atteso fin dal 2006, il libro riunisce insieme classici e nuovi saggi, interventi e articoli scritti da critici e scrittori di primissimo piano sul “Bardo di Cross Plains”.

Da Fritz Leiber a Poul Anderson e Michael Moorcock, da Lyon Sprague de Camp a S.T. Joshi, le voci di autori ed esperti lungo i decenni dello scorso secolo fino a oggi si alternano in analisi e opinioni personali sull’opera di Robert Ervin Howard, forse non ancora pienamente approfondita da un punto di vista critico in un approccio condotto, sino agli ultimi tempi, più da certo fandom che non da parte maggiormente “accademica”.

Certamente, una tappa importante dopo le valide ma non recentissime pubblicazioni in volume di antologie di studi come The Dark Barbarian: The Writings of Robert E. Howard, a Critical Anthology (Wildside, 2000), The Barbaric Triumph: The Heroic Fantasy of Robert E. Howard (Wildside, 2004) e Two-Gun Bob: A Centennial Study of Robert E. Howard (Hippocampus, 2006).

Informazioni sul titolo disponibili presso il sito web dell’editore, mentre riportiamo a seguito la lista dei contenuti al completo:

Introduction – Darrell Schweitzer
Robert E. Howard: A Texan Master – Michael Moorcock
The Everlasting Barbarian – Leo Grin
Robert E. Howard’s Fiction – L. Sprague de Camp
The Art of Robert Ervin Howard – Poul Anderson
Howard’s Style – Fritz Leiber
What He Wrote and How They Said It – Robert Weinberg
Barbarism vs. Civilization – S.T. Joshi
Crash Go the Civilizations – Mark Hall
Return to Xuthal – Charles Hoffman
Howard’s Oriental Stories – Don D’Ammassa
King Kull as a Prototype of Conan – Darrell Schweitzer
How Pure a Puritan Was Solomon Kane? – Robert M. Price
Balthus of Cross Plains – George H. Scithers
Fictionalizing Howard – Gary Romeo
A Journey to Cross Plains – Howard Waldrop
Weird Tales and the Great Depression – Scott Connors
After Aquilonia and Having Left Lankhmar: Sword & Sorcery Since the 1980s – Steve Tompkins


The Robert E. Howard Reader
a cura di Darrell Schweitzer
Wildside Press, 2010
brossura, 212 pagine, $14.99
ISBN 9781434411655

Andrea Bonazzi

lunedì 13 settembre 2010

Licantropi & Weird Tales: III

Saggio in tre parti: vedi parte II.

Illustrazione di Harold S. De Lay in Weird Tales, agosto-settembre 1936Il paesaggio fatto di oscure foreste e di boschi enormi e secolari ha da sempre un posto privilegiato all’interno delle storie di licantropia. Ma anche altri scenari, se ben descritti, riescono a evocare un’atmosfera altrettanto suggestiva. In “The Werewolf of the Sahara” (Weird Tales, agosto-settembre 1936) il misterioso G.G. Pendarves (pseudonimo maschile sotto cui si nascondeva in realtà una gentile donzella, Gladys Gordon Trenery) ci porta tra le dune d’Egitto, dove la magia nera di un malvagio sceicco trasforma in licantropo un avventuriero svedese che, alla fine, verrà liberato dall’amore di una donna. “The Hound of Pedro” (Weird Tales, novembre 1938) di Robert Bloch si ambienta invece in Messico, al tempo della dominazione spagnola. Il Pedro del titolo è Pedro Dominguez, tirannico leader di una banda di predoni che si divertono a fare razzie e a terrorizzare le popolazioni locali. Per accrescere la sua autorità, egli fa un patto col diavolo che lo trasforma però in un bestiale licantropo, costretto a bere il sangue di giovani donne.

Robert Bloch (1917-1994), famoso per aver scritto Psycho, fu uno degli autori di punta di Weird Tales, e un’altra sua inusuale storia di licantropi fu pubblicata nel numero di marzo 1946 della rivista. Si tratta di “The Bogey Man Will Get You”, dove l’eroina protagonista va incontro ad una brutta fine quando, spinta dalla curiosità, ficca il naso negli affari del suo vicino di casa, che lei crede essere un vampiro... Mentre in realtà, come scopre a sue spese, questi è un licantropo!

Illustrazione in Weird Tales, gennaio 1941“Lupa”, di Robert Barbour Johnson, vede come protagonista l’ennesima ragazza-lupo. Il racconto esce su Weird Tales nel gennaio del 1941.

Dal canto suo Manly Wade Wellman (1903-1986), altro autore troppo spesso sottovalutato ma capace di scrivere ottimi racconti weird, prende spunto dalle leggende tradizionali degli Stati Uniti del Sud per imbastire alcune delle più affascinanti storie dell’orrore apparse sul mercato dei pulp [per un approfondimento su questo scrittore, il riferimento in italiano è un articolo del sottoscritto: “Manly W. Wellman e la tradizione popolare del racconto weird”, su Yorick Fantasy Magazine n. 16/17, Reggio Emilia, 1993].

Nel maggio 1936 Wellman pubblica su Weird Tales “The Horror Undying”, la prima delle sue storie d’argomento licantropico: qui gli atroci delitti del lupo mannaro avvengono nel pieno della guerra di Secessione americana, passando quasi in secondo piano di fronte agli orrori della battaglia. Segue, nel marzo 1937, “The Werewolf Snarls”, in cui un esperto di scienze occulte incontra uno strano personaggio che gli si rivela come un licantropo. Il racconto è però abbastanza convenzionale, e l’autore ha fatto di meglio in “Dhoh” (Weird Tales, luglio 1948), dove tuttavia non troviamo un uomo-lupo ma un uomo-orso! Wellman sfiorerà ancora il tema in “The Last Grave of Lill Warran” (Weird Tales, maggio 1951), racconto basato sulla credenza che un licantropo, se ucciso nella sua forma di lupo, è destinato dopo la morte a diventare un vampiro.

Weird Tales, maggio 1941, copertinaRiporta il tema entro schemi più convenzionali “The Phantom Pistol” (Weird Tales, maggio 1941) dell’abile Carl Richard Jacobi (1908-1997), dove il protagonista scopre che un suo amico collezionista di pistole antiche è un lupo mannaro, e lo uccide con uno dei pezzi della sua collezione, capace di sparare proiettili d’argento. Insieme a questa troviamo però su Weird Tales anche storie di falsa licantropia, e “The Mark of the Monster” di Jack Williamson (Weird Tales, maggio 1937) è una di esse: una tara familiare diventa qui il pretesto per convincere un uomo a credere di essere un licantropo. Il racconto è piuttosto ben dosato nel profondere un senso di mistero, ma il finale non-soprannaturale lascia con l’amaro in bocca.

Williamson, tuttavia, si rifarà in seguito con Darker Than You Think del 1940(Tr. it.: “Il figlio della notte”, Urania n. 4, Mondadori, 1952), capolavoro indiscusso del genere dove il tema orrorifico della licantropia si sposa con quello dei mutanti della fantascienza. Questo romanzo però non apparve su Weird Tales, bensì a puntate su Unknown, la rivista che sotto la direzione di John Campbell ne rinnovò per un breve periodo i fasti. Ma prima ancora di Williamson era già uscita su Strange Tales (nel numero di gennaio 1932) la novella Wolves of Darkness, in cui viene postulata una spiegazione pseudoscientifica per il mito del licantropo. Vi si narra del tentativo degli alieni di invadere il nostro mondo, con un’orda di abominevoli entità che entra nella nostra dimensione iniziando a possedere le menti e i corpi degli uomini, mutandone quindi l’aspetto in quello di mostruose creature lupesche. Alla fine si lascia intendere che da queste infiltrazioni aliene, avvenute anche secoli addietro, erano nate le leggende sui licantropi.

Il figlio della notte, 1952, copertinaVerso la metà degli anni Trenta nacquero un gran numero di magazines di weird menace, così erano chiamati i pulp in cui le storie di mistero e orrore erano intinte con una forte componente di sesso e sadismo; in pratica, riviste sul genere di Weird Tales ma con narrazioni molto più spinte e trasgressive, in cui la componente sovrannaturale non era strettamente necessaria all’esplicitarsi della storia. E anche qui le storie di licantropia non mancavano. Per esempio su Horror Stories compare, nel numero di agosto-settembre 1937, “Beast-Women Stalk at Night” di Wayne Rogers (pseudonimo di Archibald Bitter, che fu uno degli editori di Argosy), dove agisce un branco di nude e feroci donne-bestia che danno la caccia agli uomini spargendo nel mondo l’epidemia licantropica.

Un lupo gigantesco e sanguinario è presente anche in “The Death Beast” di Norvell Page (1904-1961), che vide la luce su Dime Mystery Magazine nel dicembre 1933, mentre un intero banco di licantropi agisce in “The Seal of Sin” di Henry Kuttner (Strange Stories, agosto 1940), nel quale però un anello magico, sul quale è inciso il sigillo di Salomone, dà a un occultista il potere di sconfiggerli. Il filone delle creature mannare prosegue poi in racconti come “The Werewolf of Wall Street”, di Edith e Ejler Jacobson (Dime Mystery Magazine, luglio 1938), “Master of the Werewolf” di Gabriel Wilson (Terror Tales, luglio-agosto 1939), e “Wooed by a Werewolf” di Robert Lesile Bellem (Uncanny Tales, novembre 1939).

Illustrazione di Virgil Finlay in Weird Tales, dicembre 1936
Illustrazione di Boris Dolgov in Weird Tales, settembre 1942
Illustrazione interna di Virgil Finlay per The Woman at Loon Point.
A destra, illustrazione di Boris Dolgov per Satan’s Bondage di Banister.


Ma è su Weird Tales che le storie sui lupi mannari trovano il loro campo più fecondo. Oltre a quelle già citate, ulteriori variazioni della trasformazione da uomo a bestia possono essere individuate nei racconti “Silver Bullets” di Jeremy Ellis (Weird Tales, aprile 1930), “The House of the Golden Eyes” di Theda Kenyon (settembre 1930), e “The Curse of the Valedi” di Captain S.P. Meek (luglio 1935). Si tratta tuttavia di storie piuttosto convenzionali, scritte da autori minori, che nulla aggiungono al mito dell’uomo-lupo. Un ingegnoso metodo per vanificare la maledizione della licantropia, è comunque impiegato da August Derleth e Mark Schorer nel racconto “The Woman at Loon Point” (Weird Tales, dicembre 1936) in cui il protagonista, un giovane in vacanza nei boschi del Michigan, viene morso da un licantropo e si trasforma a sua volta in bestia. La sorella dell’uomo, allora, lo incatena prima delle sue trasformazioni notturne, così che egli non possa assaggiare altro sangue con cui rinnovare i suoi poteri. Questo fa sì che la magia licantropia perde la sua efficacia e il giovane è salvo.

Weird Tales, settembre 1942, copertinaLa mutazione da uomo a lupo gioca una parte esplicita anche in “Loup-Garou” di Manly Banister (1914-1986) che, uscito su “The Unique Magazine” nel maggio 1937, narra in uno scenario contemporaneo dell’amore di un uomo per una bellissima ragazza-lupo destinata però alla tragica morte. Banister tornerà sull’argomento in “Satan’s Bondage” (Weird Tales, settembre 1942), definito un “werewolf-western” dall’editore della rivista, e in altri due racconti: “Devil Dog” (Weird Tales, luglio 1945) ed “Eena” (Weird Tales, settembre 1947), il suo capolavoro, la cui protagonista è un’altra donna-lupo.

In questa toccante storia uno scrittore, Joel Cameron, prende casa vicino a Wolf Lake facendo amicizia con i coloni locali. I semi della tragedia vengono piantati quando l’uomo, trovato un cucciolo di lupo albino, lo alleva contro la volontà dei coloni che gli sconsigliano di farlo. A dispetto del forte legame che si instaura tra loro, Eena (è questo il nome dato al lupo, che è di sesso femminile) una volta cresciuta fugge via dall’uomo, e presto sul posto iniziano a udirsi storie su un grosso lupo bianco a capo di un famelico branco. La trama prende una piega drammatica allorché Eena, piuttosto inaspettatamente, cambia trasformandosi in una giovane e bella ragazza che alterna la sua forma animale a quella umana. Eena intraprende così una relazione d’amore con il suo protettore, che resta ignaro della cosa; ma quando alla fine l’uomo si trova davanti il grosso lupo bianco, che stenta a riconoscere come il cucciolo che aveva allevato, non esita a sparargli. Scopre così di aver ucciso la donna amata, che torna alla forma umana morendo tra le sue braccia.

Un’attrazione fatale è presente anche in “Werewoman” di Catherine Lucille Moore (1911-1987), tra le più brillanti scrittrici di science fantasy di Weird Tales. Il racconto, facente parte della serie di Northwest Smith, uscì però su Leaves nel 1938: qui, l’avventuriero delle stelle incontra in un desertico reame alieno un branco di lupe mannare, e ne diventa il capo.

The White Wolf, 1941, copertinaNotevoli variazioni sul tema delle trasformazioni licantropiche sono anche i racconti “The Psychomorph” di E.A. Grosser (Unknown, febbraio 1940), “When the Werewolf Howls” (Horror Stories, maggio 1940), e “Beast of the Island” di Paul Selonke (Strange Stories, ottobre 1940), tutti usciti sulle riviste “rivali” di Weird Tales.

Gli anni Quaranta sono unanimemente considerati come il “Periodo d’Oro” per lo sviluppo e l’evolversi del filone licantropico, sia al cinema che nella letteratura. In narrativa, uno dei romanzi migliori del periodo è The White Wolf di Franklin Gregory (1905-1985), pubblicato nel 1941. Si tratta di un riuscito tentativo per dare alle storie di licantropi un trattamento adulto. Protagonista è ancora una volta una giovane donna, Sara de Camp d’Avesnes, la quale, dopo essersi immischiata con un culto Satanico, si trasforma in grosso lupo bianco e in questa forma uccide chi le sbarra la strada. Il padre di Sara, allarmato dai cambi di personalità della figlia, scopre che la ragazza era predestinata a diventare una wolf-woman come contropartita di un patto col diavolo fatto da un suo antenato. Il romanzo, eccellentemente scritto, è pieno di scene orrorifiche e splatter che lo rendono ancor oggi una lettura avvincente e moderna. Vi troviamo anche la terribile descrizione di un infante rapito dal licantropo, la cui testa, più tardi, viene ritrovata staccata dal corpo!

Weird Tales, novembre 1942, copertinaLa prima storia a cambiare in modo radicale lo stereotipo della licantropia (un tema che cominciava ad essere ormai usato e abusato da troppi scrittori), rappresentando un vero spartiacque tra passato e moderno, è “The Hound” di Fritz Leiber (Weird Tales, novembre 1942), racconto che si avvantaggia di un’ambientazione urbana e moderna. Il mostro licantropico qui è descritto come una creatura d’ombra di forma incerta, impossibile da definire ma dall’apparenza di lupo. È un fantasma che, nato dall’inconscio della sua vittima, prende sembianze di carne e sangue. E l’aspetto di belva ne fa una creatura ancor più temibile.

Un altro autore che ha reinterpretato in maniera originale la leggenda dell’homo lupis è stato Anthony Boucher (1911-1968), scrittore dai risvolti spesso umoristici. In “The Compleat Werewolf” (Unknown, aprile 1942) troviamo un lupo mannaro arruolato nell’F.B.I., e in “The Ambassadors” (Startling Stories, giugno 1952) i licantropi diventano plenipotenziari terrestri su altri pianeti. Sulla rivista di Farnsworth Wright è apparso invece, nel settembre 1945, il suo “Mr. Lupescu”, strano racconto di una creatura mannara nata dall’immaginazione.

Weird Tales, settembre 1927, copertinaI licantropi comparivano occasionalmente anche nei versi che si pubblicavano su Weird Tales, e “They Run Again” (nel numero del dicembre 1938) di Leah Bodine Drake, autrice che più tardi vinse un Premio Pulitzer, ne è il miglior esempio. Ma degni di menzione sono anche i componimenti di Henry Kuttner (“Ballad of the Wolf”, giugno 1936) e di C. Edgar Bolen (“Lycanthropus”, settembre 1936).

I romanzi e i racconti a tema licantropico pubblicati su Weird Tales (tra cui si citano ancora “The Wolf-Woman” di Bassett Morgan, settembre 1927, e “The Werewolf Owls” di Clifford Ball, novembre 1941) rappresentano una piccola ma significativa parte dell’enorme produzione letteraria che ha preso piede dal mito del werewolf, e attraverso tutta la serie di variazioni che alla fine hanno coinvolto anche il cinema, la figura del lupo mannaro è diventata una icona-simbolo dell’immaginario dell’uomo. Per questo, c’è da credersi che il suo sinistro ululato continuerà a riecheggiare nei nostri incubi ancora a lungo...

Illustrazione di Mont Sudbury per 'The Werewolf Owls' in Weird Tales, novembre 1941Nota Bibliografica: Diversi dei racconti citati nell’articolo sono rintracciabili, in traduzione italiana, nelle seguenti antologie: Storie di lupi mannari, a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco (“I Mammut” Newton Compton, Roma, 1994); Notti di luna piena, a cura di Domenico Cammarota (Fanucci, Roma, 1987); I signori dei lupi, a cura di Gianni Pilo (Fanucci, Roma, 1988); Mal di luna, a cura di G. Pilo e S. Fusco (Tascabili Economici Newton, Roma, 1994). Per i dati originali dei racconti, il riferimento principale è stato il volume The Collector’s Index to Weird Tales, compilazione a opera di Sheldon R. Jaffery e Fred Cook (Bowling Green State University Press, Ohio, 1985), mentre per l’iconografia, oltre che delle fonti originali si è fatto uso di Terror! A History of Horror Illustrations from the Pulp Magazines, di Peter Haining (Sphere Books, 1978). Nel campo critico, i volume consultati utilmente sono stati invece i seguenti: The Essential Guide to Werewolf Literature di Brian J. Frost (University of Wisconsin Press, Madison, WI, 2003); Werewolf in Legend, Fact and Art, di Basil Copper (St. Martin’s Press, New York, 1977), e A Lycanthropy Reader: Werewolves in Western Culture, di Charlotte F. Otten (Syracuse University Press, NY, 1986).

N.B.: Il presente articolo era stato pubblicato in forma incompleta, più breve e con un diverso titolo (“La figura del licantropo nel weird-tale americano del primo Novecento”) nel libretto collettivo Licantropi!, a cura di Elvezio Sciallis (Ed. Yorick Fantasy Magazine, Speciale n. 30.1, 2001). Questa, qui presentata, è la sua versione inedita, riveduta e aggiornata per l’occasione.

Pietro Guarriello

lunedì 2 agosto 2010

Studi Lovecraftiani 12, gratis in e-book

Studi Lovecraftiani 12, copertina di Matteo BocciTorna in questa torrida estate Studi Lovecraftiani, l’aperiodico della Dagon Press che ormai da cinque anni apre le sue pagine alla critica e allo studio del Gentiluomo di Providence, Howard Phillips Lovecraft. E lo fa in maniera diversa dal solito, con due importanti novità: la prima è che la rivista si presenta non nella sua solita versione cartacea, bensì in formato elettronico, conservando comunque tutte le proprie caratteristiche di impaginazione. Un modo, questo, per aggiornarsi e mettersi al passo con le nuove tecnologie di lettura e, nel contempo, anche un tentativo per provare a rilanciare la rivista stessa, che nell’ultimo periodo ha conosciuto una flessione nel numero dei lettori. Per celebrare quindi l’avvenimento, e per promuovere il passaggio dalla carta al digitale, il nuovo numero (ed è questa la seconda novità) viene offerto ai lettori in forma totalmente libera e gratuita, ospitato sugli spazi di eBookGratis.net, il noto portale dedicato agli e-book in italiano. Il tutto grazie alla collaborazione di Alessio Valsecchi e del popolare sito La Tela Nera, un punto di riferimento per tutti gli appassionati dell’horror.

Il passaggio di Studi Lovecraftiani dal formato tradizionale cartaceo alla versione e-book è un esperimento che, ci si augura, porterà nuovi lettori a scoprire il mondo dei Miti lovecraftiani, a studiare la figura e l’opera dello scrittore che più di ogni altro ha rivoluzionato la letteratura horror e fantastica, segnando il passaggio dal gotico di vecchio stampo al soprannaturale moderno. Dal prossimo numero 13, comunque, tornerà anche la consueta versione a stampa, che affiancherà quella elettronica.

Introdotto da una bella copertina dell’illustratore Matteo Bocci, il contenuto di questa dodicesima uscita si presenta, anche in così rinnovata veste, ricchissimo di contenuti: ben 200 pagine di articoli, saggi e recensioni su ogni aspetto che ruota intorno a Lovecraft e al suo universo fantastico. Più che una rivista, quindi, un vero e proprio libro a tutti gli effetti.

E come sempre, il meglio della critica italiana e internazionale trova posto sulle pagine di Studi Lovecraftiani. Si parte con un vero pezzo al fulmicotone: un’analisi approfondita e a tutto tondo sugli aspetti sessuali presenti nella narrativa di HPL. Scritto da un esperto e veterano della rivista qual è Luca Foffano, in “Nell’Ombra del Mostro” si affronta l’argomento scottante con scrupolosa competenza e, potremmo dire, con “levità”, senza mai sfiorare il triviale che un simile tema a “pupe e tentacoli” potrebbe sottendere. Anche se sono note diverse affermazioni dello scrittore circa il suo disprezzo e noncuranza per l’aspetto “inferiore” dell’esistenza che egli ravvisava nella sessualità, in modo piuttosto sorprendente la sua narrativa esprime esattamente l’opposto!

illustrazione di Stan StansonA seguire, uno dei saggi forse più lunghi (e interessanti) tra quelli presentati sulle pagine di Studi Lovecraftiani, rielaborazione di una tesi di laurea di Giulio Dello Buono nella quale si evidenziano quattro temi ricorrenti nell’opera di Lovecraft, che si rivelano significativi per una maggiore comprensione dell’autore. E ancora, passando per una “dissezione anatomica” e letteraria degli Antichi lovecraftiani operata con precisione quasi chirurgica dal valido Umberto Sisia, si arriva a un altro dei pezzi più originali di questo numero. A farci da guida in questa nuova scoperta è Renzo Giorgetti: nel suo “La Musica di Erik S.” troverete infatti chi fu il vero ispiratore di Lovecraft, colui che – personaggio reale, ma dalla vita altrettanto misteriosa e affascinante della sua controparte fittizia – si cela dietro l’enigmatico musicista dell’Altrove nel racconto "The Music of Erich Zann". Una primizia, dunque, e una rivelazione assoluta anche per i più smaliziati tra i fan lovecraftiani.

È la volta, poi, del massimo esperto di HPL a livello mondiale, colui che più di tutti ha contribuito a portarne la figura ai vertici della letteratura di genere. In prima traduzione italiana, ecco quindi il pezzo di S.T. Joshi: una comparazione tra H.P. Lovecraft e Fritz Leiber apparso in origine sulle pagine di Studies in Weird Fiction. La traduzione è stata affidata a uno dei più attenti esperti in Italia dell’opera leiberiana, Davide Mana, che ha reso inoltre disponibile ai lettori una vera rarità: un dimenticato poema di Leiber mai ristampato dalla sua prima pubblicazione, avvenuta nel 1945 su un'antica fanzine americana.

E infine, last but not least, trova posto in questa uscita anche un interessante dossier sull’influenza di Lovecraft nel campo dei giochi popolari, un excursus brillante ed esaustivo a cui ci fa da guida Matteo Poropat, alla sua prima apparizione sulle pagine di Studi Lovecraftiani. Questo e molto altro ancora fra segnalazioni critiche e bibliografiche, recensioni e curiosità assortite nella rubrica “Cthulhu News”, trova posto su Studi Lovecraftiani n° 12 che, ricordiamo, è possibile scaricare free dalla pagina dedicata di eBookGratis.net. Buona lettura!

Qui a seguito, il sommario completo del numero 12:

- Nell’Ombra del Mostro: Tematiche sessuali nella narrativa di H.P. Lovecraft, di Luca Foffano
- Il Personaggio, la Ricerca, la Città, il Mostro: Quattro temi della narrativa lovecraftiana, di Giulio Dello Buono
- Gli Antichi di Lovecraft: Una dissezione anatomica, di Umberto Sisia
- La Musica di Erik S.: Ovvero chi fu il vero ispiratore di The Music of Erich Zann?, di Renzo Giorgetti
- Passaggio di testimone: L’influenza di H.P. Lovecraft su Fritz Leiber, di S.T. Joshi
- In Recognition of Death: Un breve ciclo di sonetti di Fritz Leiber Jr., a cura di Davide Mana
- Giocando con Cthulhu: Il mondo ludico e l’universo lovecraftiano, di Matteo Poropat
- Su Lovecraft Sconosciuto, di Renzo Giorgetti
- Da Lovecraft alle Stelle: Le cronache del fantastico di Gianfranco de Turris, di Salvatore Proietti
- L’Ascesa e il Crollo dei Miti di Cthulhu, di Andrea Bonazzi
- Randolph Carter and the Priests of Baal-Naplong: La prima (e sconosciuta) parodia di Lovecraft, di Pietro Guarriello
- Cthulhu News: Notizie e curiosità dal mondo di Lovecraft, a cura di Pietro Guarriello

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Pietro Guarriello