venerdì 17 settembre 2010

Qualcosa di Clark Ashton Smith

Clark Ashton Smith, illustrazione di Andrea BonazziAlmeno in questa sede, Clark Ashton Smith non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Certo, qualcuno può sempre imbattersi accidentalmente nella pagina, ma in tal caso basterà un qualche click in giro per farsene un’idea. C’è inoltre un intero sito web dedicatogli, The Eltritch Dark (dal titolo di una poesia), che raccoglie la gran parte dei suoi versi, della sua narrativa e dei saggi, oltre a molte immagini dei suoi disegni, dei quadri e le sculture.

In italia, e con il solito endemico ritardo, C.A. Smith è noto quasi esclusivamente per i suoi racconti fantastici, sgargianti di un colore e un'ironia che pur talvolta si perdono sotto il ferro da stiro della traduzione, e per i suoi rapporti epistolari e di complicità letteraria con H.P. Lovecraft, in salda amicizia e proficua reciproca influenza.

Diverse raccolte dell’artista californiano sono apparse, tempo fa, nelle nostre librerie: Zothique (Editrice Nord, 1977 e 1992), il quartetto di edizioni MEB comprendenti Genius Loci (1978), Al di là del tempo e dello spazio, Mondi perduti e Gli orrori di Yondo (1979), quindi i Fanucci del successivo decennio con Il destino di Antarion (1986), La Venere di Azombeii e Le metamorfosi della Terra (1987) seguiti da Hyperborea, Xiccarph, Averoigne (1989) e Malneant (1990), con questi ultimi quattro a pirateggiare largamente e senza attribuzione le stesse precedenti versioni della MEB. Ma dall’ultima ristampa Nord de L’universo Zothique sono trascorsi oramai diciotto anni, un lungo periodo di vuoto nel quale anche le storie antologizzate altrove sono andate sempre più diradandosi.

Qualche esempio di poesia ha fatto capolino, in entrambi i casi per la traduzione di Sebastiano Fusco, fra la selezione lovecraftiana de Il vento delle stelle (Agpha Press, 1998) e sull’unica uscita dell’affondata rivista Fictionaire (1999). Poco altro è apparso nel corso degli anni attraverso pubblicazioni come Yorick Fantasy Magazine, cui pure si deve la pubblicazione di Ombre dal Cosmo (1999), ottimo e ormai raro volumetto curato da Pietro Guarriello riunendo brevi inediti smithiani insieme a prestigiosa saggistica.

Se da noi resta un autore riservato ai soliti pochi appassionati, almeno in patria è in atto da qualche tempo una lenta ma costante di riscoperta dell’opera di Smith, rimasto finora nell’ombra rispetto ai più celebrati compagni di penna Robert E. Howard e Howard Phillips Lovecraft. Probabilmente anche a causa di uno stile ricercato, ricco di arcaismi, sonoro e ritmato sul filo del poema in prosa... A volte magari troppo letterario per il mondo del pulp; altre, al contrario, troppo “di genere” per i quartieri alti della letteratura.

The Star-Treader and Other Poems, 1912, coverUn netto risveglio di interesse è dimostrato in America dalle crescenti riedizioni e ristampe, dai nuovi spunti saggistici e, ultimamente, dalla pubblicazione critica e sistematica dei suoi scritti. Le storie brevi di carattere weird sono in corso di pubblicazione nei cinque volumi di Collected Fantasies della Night Shade Books, mentre l’intera produzione poetica veniva proposta nei tre tomi di The Complete Poetry and Translations of Clark Ashton Smith presso la Hippocampus Press, che tra i futuri progetti prevede di editare in volume unico la superstite corrispondenza Smith-Lovecraft. Altro segnale incoraggiante viene dalla stampa, con saltuari articoli a partire dal positivo “A journey to the fantastic realms of Clark Ashton Smith” apparso sul Washington Post del 18 febbraio 2007.

Amico e “protetto” di George Sterling, allo stesso modo in cui di Sterling fu mentore Ambrose Bierce negli ambienti culturali della San Francisco di primo Novecento, C.A. Smith fu principalmente poeta con un primo libro di versi pubblicato appena diciannovenne, The Star-Treader and Other Poems (1912), che lo fece sul momento acclamare come novello “Keats del Pacifico”. Ed è proprio nella vena poetica che nascono le sue ampie visioni cosmiche – il poema The Hashish Eater del 1922 ne è probabilmente il capolavoro –, condivise dal 1923 con un assai più cupo e pessimista Lovecraft, all’incoraggiamento del quale si deve il suo ritorno alla narrativa dopo alcuni racconti esotici giovanili, apparsi su testate quali The Black Cat.

Un flusso intenso di storie fra horror, fantasy e una quasi riluttante (e sovente parodistica) fantascienza, inariditosi però sul finire degli anni 30 per ritornare in ultimo all’amata versificazione, sino alla morte nel 1961. Da completo autodidatta, si avventurava nel frattempo in escursioni artistiche visualizzando le proprie fantastiche creazioni con dipinti e disegni, spesso elementari e in qualche modo naïf, e in più efficaci sculture solitamente intagliate nella pietra morbida delle sue zone.

A proposito della poesia di Clark Ashton Smith, e per concludere con una scelta del tutto personale:


A sinistra, “Solution” di C.A. Smith riprodotta in scansione da pag. 35 di Ebony and Crystal (Auburn Journal, 1922), traduzione di Andrea Bonazzi a lato.

Andrea Bonazzi

(in prima versione su In Tenebris Scriptus il 16/04/08)

4 commenti :

  1. Io spero in una riedizione di Ombre dal Cosmo, unico esempio credo di studio critico dell'autore nel nostro paese. Sarebbe davvero interessante.

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  2. A febbraio 2011 verranno ristampati in paperback i tre volumi Hippocampus Press con tutte le poesie (tutte tranne i poemi in prosa).

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  3. Comunque mi sembrava di capire che le traduzioni MEB fossero state accurate ed efficaci, qualcuno può darmi conferma?

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  4. In linea di massima direi di si, ma le ho lette troppo tempo fa per un confronto a memoria con gli originali...

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