giovedì 25 novembre 2010

Bibliofilia dell’assurdo

“…perché un libro esista, basta che sia possibile”.
– “La Biblioteca di Babele”, J.L. Borges

tessera bibliotecaria della Miskatonc University, secondo la 'HPL Hisorical Society'Libri non terminati, libri perduti, apocrifi e pseudoepigrafi: “pseudobiblia”, per Lyon Sprague de Camp.
Libri senza libri, ignorati dai cataloghi di tutte le librerie, nascosti nell’ultima caverna sotto la sala lettura del Brithish Museum, scritti solo per la circolazione privata: “abiblia”, per Max Beerbohm.

Afferma Umberto Eco: “Tutti (almeno tra le persone che frequento e che non usano il telefonino) conoscono la lista dei libri dell’abbazia di San Vittore stesa da Rabelais, con titoli affascinanti come «Ars honeste petandi» o «De modo cacandi»”. Con la stessa sicurezza si potrebbe affermare che tutti quelli che (non solo usano il telefonino ma sono tecnologico-dipendenti) non sono a conoscenza dell’esistenza di una lista dei libri dell’abbazia di San Vittore, ma conoscono il Necronomicon dell’arabo pazzo Abdul Alazhared.

The Necronomicon nella versione di George Hay, 1978, copertinaA oggi gli studi specifici sugli pseudobiblia e sulle “biblioteche immaginarie” sono talmente numerosi da costituire un vero e proprio genere letterario accomunabile alla paradossografia (genere che nasce con Callimaco e concerne la raccolta di thaùmatha, cioè fatti naturali straordinari di eccezionali opere dell’uomo).

Una sintesi di due categorizzazioni, che tiene conto di possibili sottocategorie, proposte l’una da Domenico Cammarota e l’altra da Roberto Palazzi, potrebbe essere la seguente:

I. libri esistiti: perduti; dispersi; distrutti; etc…
II. libri esistenti: irreperibili; rarissimi; censurati; cassati dai cataloghi storici delle biblioteche; etc…
III. libri che potrebbero esistere: ricostruzioni apocrife; citazioni; libri annunciati ma mai pubblicati; postumi; work in progress; lavori in nuce; etc…
IV. libri non esistenti: citati in bibliografie, cataloghi; artifici narrativi.

Inoltre, potremmo stilare un’altra categorizzazione in base alla quale lo pseudobiblium può:

I. fornire la base per l’intreccio della narrazione;
II. aggiunge verosimiglianza se supportato da un background plausibile;
III. fungere da leitmotiv in una serie di libri o di opere di un determinato autore o canone narrativo;
IV. essere usato come un espediente letterario per illustrare una storia senza storia;
V. essere essenzialmente un titolo-burla che serve a stabilire il tono umoristico o satirico dell’opera.

Gli pseudobiblia o fictional books – con accezione più moderna ed esterofila –, quando sono usati come titolo-burla o come preteso supporto per una ricerca reale vengono definiti “falsi letterari”.

Una delle caratteristiche dei libri immaginari è che sono così convincentemente reali da divenirlo.
E proprio in quanto immaginari incarnano, o dovremmo dire impaginano, il libro ideale che si tratti di un grimorio maledetto o di un manuale sull’onesto modo di scorreggiare.
D’altra parte, un peto, ha una virtù che l’attuale letteratura “di massa” non possiede: permane di più nel tempo.

Catalogue del conte di Fortsas, 1840, frontespizioFrançois Rabelais crea 139 libri immaginari e li elenca nella famosa e spassosa “Lista della Biblioteca dell’Abbazia di san Vittore” nel Gargantua e Pantagruel.

Il Catalogus Catalogorum Perpetuo Durabilis del 1567, dagli intenti parodici e dal lunghissimo sottotitolo in un tedesco sgrammaticato, fa di meglio.
Dal Seicento in poi, molti cataloghi immaginari vedranno la luce fino a giungere alla beffa bibliofila per eccellenza: il Catalogo dei libri del conte di Fortsas, uno strano libello di dodici pagine recapitato, nel 1840, a tutti i principali bibliografi e bibliofili e alle maggiori librerie del Belgio e della Francia.

Il Catologue d’une très-riche mais peu nombreuse collection de livres provenant de la bibliothèque de feu M.r le Comte J.-N.-A. de Fortsas, dont la vente se fera à Binche, le 10 août 1840, à onze heures du matin en l’étude et par le ministère de M.e Mourlon, Notaire, rue de l’Église n.° 9 è tirato in 60 copie nella cittadina di Mons (la stessa dei famosi Arcieri figli di un’altra, questa volta involontaria beffa, a opera di Arthur Machen) e venduto a cinquanta centesimi, metteva all’asta un’intera biblioteca immaginaria. Tutti gli “unica” contenuti nel Catalogo, numerati da 3 a 215, sono infatti immaginari a eccezione di tre titoli su 52.

L’anonimo curatore del catalogo ci informa che il conte: “[…] non accettava sui suoi ripiani che opere sconosciute a tutti i bibliografi e cataloghisti. […] non appena veniva a conoscenza che un’opera, fino ad allora sconosciuta, era stata segnalata in qualche catalogo.” […] era riportata nel suo inventario manoscritto, in una colonna destinata a ciò, con queste parole: «Si trova menzionato in questa o quell’opera», etc.; poi: «venduto», «donato», o (cosa incredibile se non si sapesse fino a che punto può spingersi la passione dei collezionisti esclusivi) «distrutto»”.

Lo stesso conte di Fortsas non esiste affatto, benché provvisto di una credibile e onorevole nota biografica che riporta: “Jean-Népomucène-Auguste Pichauld, conte di Fortsas, nato il 24 ottobre 1770 nel suo castello di Fortsas, vicino a Binche nell’Hainaut, è deceduto, il 1º settembre 1839, nello stesso luogo della sua nascita e nella stanza dove aveva compiuto 69 anni il giorno prima. Insieme ai suoi libri, aveva visto (o piuttosto non aveva visto) passare trenta anni di rivoluzioni e di guerre senza muoversi un istante dalla sua occupazione preferita, senza uscire in qualche modo dal suo santuario. È per lui che avremmo dovuto creare il motto «Vitam impendere libris»”.

Autore di quella che lui stesso definì “une pure espiéglerie d’écolier” (una birichinata da scolaro) fu un maggiore dell’esercito in pensione, Renier-Hubert-Ghislain Chalon (1802-1889), presidente della “Società dei Bibliofili Belgi” e autore di saggi sulla numismatica.

Pare che solo lo scrittore e libraio di Liegi, l’erudito Pierre-Alphonse (1813-1877), fiutasse la frode mentre tutti i destinatari presero seriamente l’affare. E Chalon fu il primo a stupirsene. Il mondo dell’alta bibliofilia era in subbuglio. Il Presidente del Consiglio de Gerlache, pur affermando che il conte di Fortsas peccava di furfanteria, possedeva egli stesso una buona metà delle opere cosiddette uniche.

La famiglia dei principi di Ligne, toccata dall’annuncio di un’opera licenziosa del principe-scrittore (titolo n. 48 che recita “Le mie campagne nei Paesi Bassi, con l’elenco, giorno per giorno, delle fortezze che ho vinto all’arma bianca. Stampato da me solo, per me solo in un solo esemplare, e per evidenti ragioni [...]”), fece di tutto per assicurarsi il possesso e la messa fuori circuito del racconto “delle scappatelle di questo sporcaccione di nonno”.

A Binche si venne a sapere che alte personalità avevano intenzione di trasferirsi per contendersi tali tesori con rialzi di offerta. Vista la cattiva piega che stava assumendo la faccenda, Chalon deciderà prudentemente di metter fine all’inganno: pubblicò e inviò un avviso ai destinatari del catalogo, segnalando che l’asta non avrebbe avuto luogo poiché la città di Binche aveva deciso di acquistare in blocco tutta la mirifica biblioteca.

Catalogues des livres de la bibliothèque de M. Ed. C., frontespizioAll’inizio del secolo XX, librai e bibliofili burloni, furono molto attivi nella creazione di cataloghi fantastici a stampa…

Edmond Cuénoud, bibliofilo fornito di humour, fa stampare nel 1910 un Catalogues des livres de la bibliothèque de M. Ed. C. illustrato da Carlègle, pseudonimo di Charles Émile (1877-1937). Al titolo si accompagnano indicazioni strettamente necessarie: “Abelardo, scompleto, tagliato” (riferimento al fatto che Pietro Abelardo fu evirato per aver sposato in segreto l’allieva Eloisa), o “F. Cooper, L’ultimo dei Mohicani, pelle rossa”.

In Germania, tra il 1910 e il 1912, il libraio Martin Breslauer dà alle stampe Die unsichtbare Bibliothek (La biblioteca invisibile). L’Inghilterra, nel 1928, vede Henry Gordon Ward curare un pamphlet di sedici pagine in-ottavo intitolato A Seventeenth-Century German Moch Catalogue (Catalogus etlicher sehr alten Bücher welche neulich in Irrland auff einem alten eroberten Schlosse in einer Bibliothec gefunden worden [Catalogo di alcuni libri antichi trovati recentemente in Irlanda nella biblioteca di un vecchio castello conquistato]). La tesi su cui è costruito sostiene che, nel 1650, un anonimo autore tedesco avrebbe trovato quest’elenco di 100 titoli ironici di libri, suddivisi per soggetto, nella biblioteca di un antico castello irlandese. Titoli come il n° 5, Nimrod’s Tractätlein von der Jägerey (Trattatello sulla caccia di Nimrod) e il n° 9 Joh. Fausts Magia Naturalis, Fledermäuse zu machen (La magia naturale di Johann Faust su come fare pipistrelli) uniti al sinistro rinvenimento, restano parodici e burleschi ma fanno registrare un leggero inclinarsi del gusto verso il mistero e l’occulto.

Fino al capostipite del romanzo gotico e a partire da lui, Melmoth the Wanderer di Charles Robert Maturin (1820) che contiene “A Modest Proposal for the Spreading of Christianity in Foreign Parts, di autore sconosciuto, manoscritto ritrovato in un ospizio”, sarà tutto un fiorire di misteri intorno a libri occulti. Da The Mad Trist scritto da sir Launcelot Canning contenuto in “The Fall of the House of Usher” (1839) di Edgar Allan Poe, che narra del cavaliere medievale Ethelred, a M. R. James che nel “Canon Alberic’s Scrapbook” (1895) attribuisce la paternità di un album, frutto della collatio di diversi manoscritti, al Canonico Alberic de Mauleon, mentre in “Casting the Runes” (1911) ci regala ben due pseudobiblia: History of Witchcraft e The Truth of Alchemy di Mr. Karswell, e in “The Treasure of Abbot Thomas” (1904) il plausibilissimo Sertum Stein feldense Norbertinum di autore sconosciuto, e altri.

The King in Yellow, I ed. 1895, copertinaE ancora, da Arthur Machen, che nel celebre “The White People” (1899) racconta di un misterioso Green Book di autore ignoto, a Ambrose Bierce con le Revelations of Hali di E.S. Bayrolles in “An Inhabitant of Carcosa” (1886), che servirà da modello al The King in Yellow di Robert W. Chambers (1895), e con le Marvells of Science di Morryster che appaiono citate anche nell’opera di H.P. Lovecraft.

Nel cerchio di autori che si muovono attorno a Lovecraft vi sono inoltre August Derleth, con i Thaumaturgical Prodigies in the New-English Canaan scritti dal Reverendo Philips Ward contenuti in The Lurker on the Threshold (1945), le gotiche Confessions of the Mad Monk Clithanus scritte dal monaco pazzo Clithanus in “The Passing of Eric Holm” (1939), i famosi Celaeno Fragments attribuiti a Laban Shrewsbury presenti in The Trail of Cthulhu (1962). E altri come Ramsey Campbell con le Revelations of Glaaki in “The Inhabitant of the Lake” (1964), o Brian Lumley con il Cthäat Aquadingen in “The Cyprus Shell” (1968) fra gli autori che, sin dagli anni Trenta, contribuirono agli innumerevoli pseudo-titoli di vena lovecraftiana.

Frank Belknap Long fa scrivere The Secret Watcher da Halpin Chalmers nel racconto “The Hounds of Tindalos” (1931); Robert E. Howard in “Children of the Night” e “The Black Stone” (1931) cita il Nameless Cults di Von Junz, meglio noto come Unaussprechlichen Kulten; Clark Ashton Smith presenta il Book of Eibon, o Livre d’Ivon, in “The Holiness of Azederac” (1933) e The Testament of Carnamagos in “Xeethra” (1934); Robert Bloch introduce Mysteries of the Worm, ovvero il De Vermis Mysteriis di Ludwig Prinn, nel suo “The Shambler from the Stars”(1935), e il Cultes des Goules del Comte d'Erlette in “The Suicide in the Study” (1935); Henry Kuttner fa comparire il Book of Iod in “Bells of Horror” (1939)…

History of the Necronomicon, 1927, il manoscritto originale di LovecraftTutte storie appartenenti al cosiddetto “Ciclo di Chtulhu” ideato in origine da Lovecraft, subcreatore del Necronomicon (letteralmente: “Libro delle leggi che governano i morti”) o Al Azif, autore del quale sarebbe l’arabo folle Abdul Alhazred, vissuto nell’ottavo secolo dopo Cristo. Alhazred avrebbe trascorso dieci anni nel grande deserto dell’Arabia meridionale, il Raba El Khaliyeh, lo “Spazio vuoto” degli antichi arabi, in quello che Matthew Pearl ne L’ombra di Edgar definisce “l’altro mondo... un mondo immaginario fatto di libri e scrittori capaci d’invadere le menti di chi li legge...”.

Fino ai contemporanei. Un volume spurio della Anglo-American Cyclopaedia (New York 1917) è il pretesto che usa Jorge Luis Borges, nel racconto “Tlön, Uqbar, Orbis Tertius” (1940), per mettere due scrittori argentini sulle tracce dell’unica copia della Cyclopaedia in cui si parla di Uqbar. Meno fantasioso e più scontato, Arturo Pérez-Reverte ha costruito il suo Il Club Dumas (1993) attorno alla ricerca de Le Nove Porte del Regno delle Tenebre, un trattato del 1666 su come evocare il Demonio.

The Grasshopper Lies Heavy (La cavalletta non si alzerà più) di Hawthorne Abendsen è il libro immaginario, e proibito negli U.S.A. controllati dai giapponesi, che innerva La svastica sul Sole (The Man in the High Castle, 1962), romanzo in cui Philip K. Dick immagina che nazisti e giapponesi abbiano vinto la Seconda Guerra Mondiale e si siano spartiti il mondo. Il medievale Viage to the Contree of the Cimmerians, dell’oscuro Gervase di Langford, mina alle radici l’albero genealogico di una famiglia nobiliare inglese e trasforma un businessman in un assatanato bibliofilo nel romanzo Codex (2004) di Lev Grossman. E potremmo continuare per pagine e pagine…

E se è vero quel che afferma Ermanno Olmi, cioè che un libro non serve a nulla se non si incarna in vita vissuta, è altrettanto vero quel che sostiene Umberto Eco: “Questi libri non sono mai esistiti ma sarebbero stati meglio di tanti altri esistenti o esistiti”. Ma soprattutto, reale o immaginaria, la bibliofilia è una malattia dell’anima. Ed è contagiosa.


Bibliografia. Testi di carattere generale sulle biblioteche immaginarie o pseudobiblia:
Albani, Paolo e della Bella, Paolo, “Pseudobiblia o bibliografie immaginarie”, in: Forse Queneau. Enciclopedia delle scienze anomale, Bologna, Zanichelli, 1999, pp. 335-338.
Arnaud, Noël, “Bibliothèques imaginaires”, in: Arnaud, Noël e Caradec, François, Encyclopédie des Farces et Attrapes et des Mystification, Paris, Jean-Jacques Pauvert, 1964, pp. 230-238.
Beerbohm, Max, “Books Within Books”, in: And Even Now (Essays), London, William Heinemann, 1920.
Benrekassa, Georges, “Bibliothèques imaginaires: honnêteté et culture, des lumières à leur postérité”, Romantisme, 44, 1984, pp. 3-18.
Bergier, Jacques, I libri maledetti, Roma, Edizioni Mediterranee, 1972.
Blumenthal, Walter Hart, Imaginary Books and Phantom Libraries, Philadelphia, George S. MacManus Company, 1966.
Braffort, Paul, “Les bibliothèques invisibles”, in: Oulipo, La Bibliothèque Oulipienne, vol. 3, Paris, Seghers, 1990, pp. 241-266.
Breslauer, Martin, An illustrated catalogue of books and manuscripts. The gentle science of books collecting, n° 54: Bibliophily and bibliomanis, The Art of forming a library, Collectors and collection, The bookseller auction sale catalogues 1663-1939, Imaginary libraries, The gentle science of art collecting, Books and criminality: being a rogues’ gallery of book and comprising a unique collection illustrative of forgery in literature, London, Martin Breslauer, 1941.
Brunet, Gustave, Essai sur les bibliothèques imaginaires, Paris, Imprimerie de Ch. Lahure et Cie, 1851.
Brunet, Gustave, Fantaisies Bibliographiques, Paris, Jules Gay, 1864.
Brunet, Gustave, Imprimeurs imaginaires et libraires supposées. Étude bibliographique, Paris, Librairie Tross, 1866.
Carpenter, Edwin H., Some Libraries we have not visited, Pasadena, Ampersand Press, 1947.
Delepierre, Octave, Supercheries littéraires, pastiches, suppositions d’auteur dans les lettres et dans les arts, London, Trübner & Co., 1874.
De Turris, Gianfranco e Fusco, Sebastiano, “I libri che non esistono (e quelli che non dovrebbero esistere)”, in: Jacques Bergier, I libri maledetti, Roma, Edizioni Mediterranee, 1972, pp. 149-206.
De Turris, Gianfranco e Fusco, Sebastiano, “Gli pseudobiblia nella letteratura fantastica”, in: Robert William Chambers, Il re in giallo, Roma, Fanucci, 1975, pp. 7-28.
Dunin-Wasowicz, Pawel, Widmowa biblioteka. Leksykon ksiazek urojonych [Biblioteca inesistente. Dizionario di libri immaginari], Warszawa, Swiat Ksiazki; Lampa i Iskra Boza, 1997.
Fumagalli, Giuseppe, Delle Biblioteche Immaginarie e dei libri che non esistono, Milano, Tip. Lombardi, 1892.
Goulemot, Jean Marie, “En guise de conclusion: les bibliothèques imaginaires (fictions romanesques et utopies)”, in: Histoire des bibliothèques françaises, 2, Claude Jolly, ed., “Les bibliothèques sous l’ancien Régime”, Paris, Promodis - Éditions du Cercle de la librairie, 1989, pp. 500-511.
G.[uadalupi], G. [ianni], “Biblioteche immaginarie”, in: Vittorio Di Giuro, a cura di, Manuale Enciclopedico della Bibliofilia, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 1997, p. 116.
Jeandillou, Jean-François, Supercheries littéraires. La vie et l’œuvre des auteurs supposés, Paris, Editions Usher, 1989.
Nodier, Charles, Questions de littérature légale. Du plagiat, de la supposition d’auteurs, des supercheries qui ont rapport aux livres (1812), 2e éd. “revue, corrigée et considérablement augmentée”, Paris, Impr. Crapeler, 1828.
Oulipo, “Bibliothèques invisibles, toujours”, in: La Bibliothèque Oulipienne, vol. 5, Bordeaux, Le Castrol Astral, 2000, pp. 219-247.
Pini, Massimo, “Biblioteche immaginarie”, in: Arcana, vol. I, Milano, Sugar, 1969, p. 92.
Puech, Jean-Benoît, Du vivant de l’auteur, Seyssel, Éditions Camp Vallon, 1990.
Roscioni, Gian Carlo, “Fantasmi di libri”, in: L’arbitrio letterario. Uno studio su Raymond Roussel, Torino, Einaudi, 1985, pp. 71-85.
Santoro, Michele, “Il libro che non c’è. Breve indagine sugli pseudobiblia fra leggenda e finzione letteraria”, Bibliotime, 4, 1992, pp. 4-6.
Santoro, Michele, “Gli scaffali dei sogni. Le pseudobiblioteche fra letteratura, utopia e leggenda”, Bibliotime, 4, 1993, pp. 6-9.
Serrai, Alfredo, “Cataloghi fantastici”, in: Storia della bibliografia, vol. IV, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 272-280.
Spargo, John Webster, Imaginary Books and Libraries. An Essay in Lighter Vein, Chicago, Caxton Club, 1952.
Sprague De Camp, Lyon, “The Unwritten Classics”, The Saturday Review of Literature, New York, 29 marzo 1947, vol. 30, n. 13, pp. 7-8 e pp. 25-26.
T.[uzzi], H. [ans], ”Cataloghi immaginari”, in: Vittorio Di Giuro, a cura di, Manuale Enciclopedico della Bibliofilia, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 1997, p. 154.
Versins, Pierre, “Bibliothèques imaginaires”, in: Encyclopédie de l’utopie, des voyage extraordinaires et de la science fiction, Lausanne, l’Age d’homme, 1972, p. 114.


Nota bibliografica:
La riproduzione integrale del catalogo di Fortsas si trova nel Journal de l’amateur de livres (1850, pp. 141-152) a cura di Jannet, nell’Essai sur le bibliothèques imaginaires (1851) di Brunet e più di recente nel libro di Walter Klinefelter The Fortsas bibliohoax (Newark, N.J., The Carteret book club, 1941) e in The Fortsas Hoax (London, Arborfield, 1961) curato da James Moran. Notizie interessanti sono anche nel Dictionnaire des ouvrages anonymes et pseudonymes composées (1822-1827) di Antoine-Alexandre Barbier e nelle Supercheries littéraires dévoilées (1847-1853) di Joseph-Marie Quérard.

Linkografia:
Wikipedia: Fictional book
The Frank W. Tober Collection on Literary Forgery
The Invisible Library Catalog
Wikipedia: Cthulhu Mythos arcane literature

Tatiana Martino

Nessun commento :

Posta un commento

Lascia un tuo commento.