sabato 22 settembre 2012

Cacciatori di vampiri

Quello del "cacciatore di vampiri" è un tema vasto, forse appena un filo — filo di sangue, s’intende — meno vasto dell’argomento stesso del loro oggetto di preda. Dacché esistono vampiri, che appartengano al mito o alla superstizione sino alla finzione narrativa, è necessaria e quasi inevitabile la presenza di una nemesi, un avversario non sempre o necessariamente del tutto umano, una figura di sapiente in grado di individuarli, un antagonista di particolare abilità nel combatterli.

Prototipi di questo genere di personaggio si potrebbero individuare sin dall’antichità classica, quando lamie ed empuse prefiguravano l’odierno vampiro. Per esempio nel resoconto di Flegone Tralliano, che, nel II secolo d.C., narra della giovane defunta Philinnio ritornante più volte dalla tomba per incontrare il proprio amato; storia ripresa in versi da Johann Wolfgang Goethe nel suo La Fidanzata di Corinto (Bruden från Korint, 1797). Scoperta la verità, il popolo si rivolge a un “profeta e veggente di nome Ryllus, tenuto in gran stima e reverenza”, il quale appare l’unico a sapere come affrontare il fenomeno, ordinando che il corpo della ragazza sia incenerito fuori dalle mura cittadine.

Col diffondersi, fra XVII e XVIII secolo, del mito del vampiro, si propaga come un’epidemia dall’area balcanica a tutto l’occidente europeo una vasta letteratura di testimonianze e trattati sull’argomento, dove i veri cacciatori di vampiri sono le torme di contadini, i quali paiono accanirsi sui trapassati compaesani che la superstizione accusa di nefandezze post-mortem.

Ed è in questo panorama che emerge la figura del dhampyr, a cui si rifanno sia il quasi omonimo Dampyr dei fumetti Bonelli che lo stesso personaggio di Blade, dagli inchiostri alla trasposizione in celluloide.

Figlio di un vampiro, sorta di mezzosangue compartecipe di entrambe le nature fra l’umano e il soprannaturale, e per questo sia venerato che temuto, il dhampyr nato dal folklore serbo era tradizionalmente delegato, spesso dietro lauta ricompensa, al ruolo di cacciatore e vendicatore grazie al suo particolare potere di riconoscere e di uccidere i vampiri.

Cacciatore e vampirologo per eccellenza, il brusco ed eccentrico olandese Abraham Van Helsing, tratteggiato da Bram Stoker nel suo Dracula (1892), è il capostipite di un’infinita serie di imitazioni e di varianti sul tema, pur preceduto da esempi come quello del Generale Spielsdorf che, già orbato della propria nipote dalla vampira Carmilla nella omonima novella di Joseph Sheridan Le Fanu (1872), si assume il compito di ricercarne e impalarne il corpo assistito dal misterioso Barone di Vordenburg.

Persino il celeberrimo Sherlock Holmes rischia di entrare nella categoria, imbattendosi in un caso di vampirismo che tale si rivelerà solo in apparenza, ne Il vampiro del Sussex (The Adventure of the Sussex Vampire, 1924) di Arthur Conan Doyle.

E con la narrativa popolare del Novecento, anche personaggi seriali minori s’improvvisano talvolta esperti in materia di nosferatu e affini, come il pur non eccelso Jules de Grandin, tipico “investigatore dell’occulto” creato da Seabury Quinn nel 1925 sulle pagine di Weird Tales.

Sulla stessa celebre rivista faceva il suo esordio anche lo spadaccino Solomon Kane, il seicentesco puritano di Robert Ervin Howard che, tra le varie minacce sovrannaturali, affronta un non-morto assetato di sangue e vendetta nel racconto Teschi sulle Stelle (Skull in the Stars, 1929).

Dal primo trentennio del secolo scorso la commistione fra letteratura, fumetti, cinema e, più tardi, televisone, lascia affiorare sia i tipici caratteri alla Van Helsing che più originali personaggi mediatici. La concezione odierna del vampiro vede il lettore/spettatore identificarsi sempre più in esso, a scapito della categoria del suo antagonista umano, spesso riciclato in letture avventurose o relegato ai margini della contaminazione. È il caso del fenomeno di Buffy l’ammazzavampiri (Buffy the Vampire Stayer, 1992, e seguenti serial TV), o di vere e proprie parodie come per lo spassoso Professor Ambrosius di Per favore… non mordermi sul collo (Dance of the Vampires, 1967), o ancora il Peter Vincent del film Ammazavampiri (Fright Night, 1985): un vecchio attore incastrato nello stanco ruolo di vampirologo, costretto infine a fare i conti con veri e pericolosissimi succhiasangue.

Dal cinema della britannica Hammer, che vede il grande Peter Cushing incarnare il tipo dello spietato distruttore di non morti (sia nella serie dei Dracula che nel ciclo ispirato a Le Fanu), proviene anche il curioso personaggio di Capitan Kronos, settecentesco cacciatore di vampiri in stile “cappa & spada” protagonista del (purtroppo) inedito in Italia Captain Kronos Vampire Hunter (1974).

Più attuale e forse memorabile cacciatore ai limiti fra gotico e fantascienza, è certamente il Robert Neville del romanzo Io sono Leggenda (I’m a legend, 1954) di Richard Matheson, portato sullo schermo in L’ultimo uomo della terra (1963) e 1975: Occhi bianchi sul pianeta terra (The
Omega Man, 1971). Ultimo uomo in un mondo di soli vampiri, Neville intraprende dapprima la sua azione di sterminatore di non-morti per poi scoprire la nuova società umana adattatasi al vampirismo, che ribalterà le parti trasformando lui in preda, e quindi in minacciosa leggenda di un mondo ormai scomparso.

Troppi nomi ed esempi indubbiamente
mancano a questa che è solo una fuggevole occhiata sul tema della "caccia al vampiro". A partire dallo spaccone Jack Crow del film Vampires (1998) di John Carpenter, tratto a sua volta dal romanzo Vampiri S.p.A. (Vampire$, 1990) di John Steakley. Non ce ne vogliano i diretti interessati... serbando i loro aguzzi paletti di frassino per meno vive e assai più degne carcasse.

Andrea Bonazzi
(in prima versione su HorrorMagazine del 3/03/05)

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